C’è
un detto zen: “Se incontri per la strada il Buddha, uccidilo!”
In
nessun caso il rapporto maestro/allievo deve dar luogo ad un rapporto di
dipendenza, perché lo scopo della meditazione è la liberazione delle
potenzialità delle persone, non il loro asservimento.
Tutto
il contrario di ciò che si fa comunemente nelle religioni, dove il maestro, il
profeta, il santo o il messia vengono venerati come dèi scesi in terra e
nessuna loro parola può essere messa in discussione. È così che non si cresce
mai.
Il
maestro (come il padre) va rispettato, ma trasceso.
Noi
ci rifacciamo all’ascolto profondo - degli altri, di noi stessi e del mondo.
Questa è la meditazione in breve.
In
tal senso il metodo dell’ascolto profondo è vicino al metodo della psicoanalisi,
che non giudica e non vuole guidare dall’alto.
Ma vuole che l’altro e noi stessi troviamo da soli, spontaneamente, il
percorso smarrito, intralciato o ferito.
Tutto
in questo mondo è rapporto. Anche il nostro io è in rapporto con se stesso, generando
ciò che chiamiamo coscienza.
Quando
dunque ci poniamo in rapporto con noi stessi, dobbiamo applicare sia l’ascolto
profondo senza giudizi sia il rapporto maestro/allievo di cui dicevamo. Solo così ci si libera.
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