“Prendi
rifugio in te stesso”, consiglia il Buddha, anche perché non c’è nient’altro in
cui potersi riparare. Non ci si può certo rifugiare in un Dio o in un’anima che
non sai nemmeno se esistono, che possono essere solo fantasie della tua mente, e
nemmeno in qualche realtà terrena che sai essere impermanente e insostanziale.
Tutto
vero. Ma anche il sé è impermanente e insostanziale; è soggetto al divenire, al
cambiamento, e un giorno sparirà. È
come cadere nel vuoto senza trovare qualcosa cui aggrapparsi.
È
proprio questo il punto: non c’è niente di sicuro cui aggrapparsi. E non sai
neppure dove stai precipitando.
Sei
come un’onda del mare che si forma, s’ingrossa e poi inesorabilmente scompare.
Però,
anche se scompare quella configurazione, l’acqua dell’onda non si annulla e, un
giorno, potrà dare forma ad un’altra onda.
Non
è questo il meccanismo del tutto? Le cose compaiono per poi scomparire e
scompaiono per poi riapparire, chissà sotto quale forma. Cadi in un crogiolo da
cui uscirà di nuovo qualcosa. Rispetto alle forme, questo crogiolo è il nulla;
ma non è un nulla assoluto: è un nulla da cui nascono le cose.
A
noi però interessa la sopravvivenza individuale, e tutti questi ragionamenti
non ci consolano.
Si
dice che l’uomo moderno sia nato quando ha scoperto, dove aver creduto negli
Iddii e nei paradisi, che nasce per il nulla.
Però
questo nulla va rivalutato. Non è qualcosa di disperante e di annientante. È piuttosto la liberazione da forme, cause e
condizioni. Che volete di più?
Continuare
ad essere, con tutti i limiti del caso?
Il
nulla è bello: è questo di cui dobbiamo convincerci.
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