Nei campi di concentramento
nazisti sopravviveva solo chi riusciva a sentirsi al di fuori, al di sopra di
quella situazione terribile, solo chi non si identificava con l'odio, con la
violenza e con lo stato di costrizione che venivano imposti su tutti, solo chi
riusciva a vedere uno sprazzo di cielo pur in mezzo a quelle tenebre, solo che
aveva la capacità di sognare, di sperare, di astrarsi o di mirare in alto...
nonostante tutto. Ma lo stesso succede nel mondo che in fondo è un campo di
concentramento solo più grande, solo più confortevole (non per tutti). Ad esso
sopravvivrà chi si sente al di sopra, chi non smette di tendere ad un'altra
dimensione, chi percepisce di vivere nel mondo ma di non essere del mondo, chi
sa di essere qualcosa di più, chi cura la propria anima e la consolida. Non a
caso Platone pensava nel mito della caverna che gli uomini vivessero in una
specie di prigione nella quale potevano vedere solo ombre della realtà.
Comunque, a poco a
poco, ci si può avvicinare all'uscita della caverna, rivedere la luce e
contemplare il cielo... purché si mantenga viva la capacità di vedere al di
sopra e al di fuori della prigione e ci si alleni a disidentificarsi da questi
quattro muri. La meditazione ha proprio questo scopo: percepire che si è
qualcosa di più, che al proprio centro c'è il centro dell'essere e che è
possibile uscire dalla prigionia mantenendo desta l'attenzione. Non c'è altra
via, non c'è nessun salvatore. Ci siamo solo noi con le nostre forze.
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