Non c'è solo l'Oriente a
dare indicazioni sulla trascendenza. Tutti i mistici hanno qualcosa in comune.
Per esempio, Gesù disse: "Il regno di Dio non viene in modo che si possa
osservare. Nessuno potrà dire 'eccolo qui' o 'eccolo là', perché il regno di
Dio è già in mezzo a voi" (Lc
17, 20-21). La frase è stata variamente interpretata. I più materialisti hanno
detto che Gesù si riferiva a se stesso, ossia al Redentore; ma in tal senso
egli apparirebbe troppo presuntuoso.
Altri hanno detto che
Gesù si riferiva a quello stato di felicità che è sempre dentro di noi e che
può essere recuperato astraendosi dalle preoccupazioni e occupazioni
quotidiane. In effetti questo "regno dei cieli", questo stato di
gioia dell'essere, è sempre dentro di noi ed è sempre in mezzo a noi nel senso
che è uno stato mediano tra gli estremi. Un senso di benessere, come quando si
contempla, senza pensieri, un bel tramonto o la distesa del mare, la pioggia o il
vento, un fiume o una montagna, ecc. Momenti di liberazione dalle tensioni (e
dalle sofferenze) del mondo. Non a caso, nella cultura della meditazione, si
utilizza la metafora del cielo sgombro dalle nuvole. Lo spazio interiore liberato
è esattamente il regno dei cieli.
Peccato che i seguaci di Gesù non l'abbiano capito e abbiano
interpretato tutto in senso materialistico. Il regno dei cieli sarebbe il
paradiso ultraterreno e Gesù sarebbe il figlio di Dio. Ma anche un mistico
musulmano come al-Hallag disse: "Io sono Dio" intendendo riferirsi al
fatto che in ogni uomo alberga il divino, il regno dei cieli appunto. Mai
ridurre la spiritualità a religione, perché allora arrivano i dogmi, i rituali
e le chiese... e lo spirito, che è soffio vitale, si spegne.
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