giovedì 6 dicembre 2018

Il Dio di Einstein


Nel 1954, uno degli scienziati più geniali degli ultimi secoli, Albert Einstein, scrisse una lettera in cui esponeva la sua visione della religione tradizionale. Della propria religione, il giudaismo, pensava che fosse “come tutte le altre, un’incarnazione di una superstizione primitiva” e che gli ebrei fossero non un popolo prescelto, ma uno come tutti gli altri.
Aggiungeva poi che "la parola Dio per me non è altro che espressione e prodotto della debolezza umana” e “la Bibbia una collezione di leggende venerabili, ma ancora primitive… abbastanza puerili",
In effetti queste appaiono le religioni ad una mente aperta, che non si limita a ripetere le idee apprese da bambino, ma che vuole vederci chiaro.
Le parole di Einstein che colpiscono sono “primitive” e “puerili”. Perché le concezioni principali delle religioni sembrano espresse da una mente infantile, da un’umanità che vive ancora ad uno stadio primitivo e che applica a Dio immagini puerili.
Già nella Bibbia ebraica, Dio ne fa di tutti i colori: si arrabbia, passeggia, lavora, si riposa, promuove guerre, stringe alleanze, minaccia, mette alla prova, sceglie i suoi favoriti, ci ripensa, si pente, comanda eserciti, ecc. Una figura contraddittoria, rozza, da fumetti. Poi nel Nuovo Testamento, diventa un Padre che invia sulla Terra un Figlio facendolo nascere da una madre vergine e infine sacrificandolo. Una storia da grand guignol, partorita da menti primitive e infantili.

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