Certe
conversioni di personaggi della politica o dello spettacolo, che poi ne fanno
ostentazione nelle interviste televisive o giornalistiche, non mi convincono.
Soprattutto se vengono presentate come un ritorno alla tradizione. Non ci vedo
spiritualità, profondità, autenticità. Loro forse sono sinceri, ma non si
rendono conto di continuare a recitare una parte, prima quella dei trasgressivi
e ora quella delle pecorelle che tornano all'ovile.
Come diceva Schopenhauer, "le
religioni come le lucciole, per splendere, hanno bisogno dell'oscurità". I
preti si fregano le mani perché per loro è tutta pubblicità, e anche quei personaggi
si fanno pubblicità. Ma, da individui superficiali, che lavorano per lo
spettacolo, ossia per l'esteriorità, non sanno che cosa sia la vera religione.
Come
sosteneva Spinoza, "per il volgo religione significa tributare un grande
onore al clero". Troppo poco, anzi niente. Gesù li conosceva bene...
quelli che, quando fanno l'elemosina, "suonano la tromba davanti a
sé", quelli che, quando pregano "stanno ritti nelle sinagoghe o agli
angoli delle piazze per farsi vedere dagli uomini" (Mt 6). E consigliava:
"Quando preghi, entra nella tua camera e, chiusa la porta, prega il Padre
tuo in segreto...". Tutto un altro stile.
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