giovedì 20 dicembre 2018

Lo spazio del non-sé


Lo spazio del non sé è quella parte dell’io che non ci appartiene in parte o del tutto, ma che noi ci attribuiamo erroneamente. Prendiamo le emozioni: è chiaro che nascono da un’interazione con qualcosa di esterno. Noi le proviamo, ma non le produciamo autonomamente. In tal senso non ne siamo né i padroni né i controllori. Sono piuttosto gli altri e gli eventi che le producono.
Lo stesso vale per i sentimenti e le sensazioni. A parte quelle necessarie all’evoluzione, tutte le altre le subiamo e non ne siamo affatto i soggetti. Noi siamo soggetti a loro, le subiamo.
Anche per i pensieri lo schema si ripete. È vero che possiamo concentrarci a volontà su determinati pensieri. Ma quando non ci applichiamo deliberatamente a un pensiero, i pensieri sorgono per così dire da soli.
Sono poche le cose veramente nostre. Lo spazio del nostro io è molto più limitato di quanto crediamo. C’è un più vasto spazio i cui confini non sono definiti, a metà tra noi stessi e ciò che ci circonda. È quello che noi definiamo non-sé, dato che non ne siamo i padroni ultimi. Se togliessimo questo spazio intermedio, di noi rimarrebbe ben poco.
Il fatto che l’io non abbia confini definiti può essere una delusione per chi ama le certezze, per chi s’illude di essere “padrone di sé”, ma ci dice che noi non siamo monadi isolate. Al contrario siamo delle relazioni. Questo ci toglie solidità, ma ci dà la possibilità di interagire con gli altri e con il mondo.
Come gli eventi influenzano il sé, il sé può influenzare gli eventi. È come se fossimo cellule che comunicano con le altre e con l’esterno attraverso filamenti invisibili.

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