C'è ancora qualcuno che
crede che il problema religioso si riduca a domandarsi se esiste o non esista
un Dio. Noi invece pensiamo che consista nel chiedersi se siamo o non siamo
consapevoli, e quanto lo siamo. Due
diverse concezioni del "religioso".
Credere in Dio significa in realtà credere che esista un
Padrone supremo, un Creatore, un Giudice ultimo. Ma è ancora l'istinto del cane
fedele, che cerca il capobranco cui sottomettersi.
Il cane è un animale che ha bisogno che il mondo sia
inquadrato in precise gerarchie e che ci sia chi comandi. Così è anche per i
credenti in Dio. In loro prevale l'istinto gerarchico, il bisogno del padrone
che dica cosa è bene e cosa è male.
Se pensiamo che milioni di persone delle varie religioni
ragionano ancora in questi termini e quindi si accaniscono sull'inutile dilemma
dell'esistenza di un Capo supremo, ci rendiamo conto di quanto questa umanità
sia arretrata. Siamo ancora a livello degli animali da branco.
In realtà, le “tavole
della legge” non sono state scritte su pietre, ma dentro la coscienza umana.
Dunque, è su quest’ultima che dobbiamo lavorare.
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