martedì 2 ottobre 2018

Il senso della morte


È evidente che lo scopo della vita è quello di fare esperienza e di sviluppare consapevolezza, e questo intento viene comunque raggiunto, anche se non lo comprendiamo. Ma diventarne consapevoli - e quindi sviluppare un atteggiamento meditativo - potenzia l'intero processo. Esistono tuttavia dei limiti dati dalle predisposizioni innate: non si può sviluppare la consapevolezza se abbiamo un carattere fatto in un certo modo, carattere che deriva dal passato, da tutta l'eredità preesistente, nostra e degli altri che ci hanno influenzato. Il percorso è dunque lento, frastagliato e spesso lunghissimo; e non può bastare una vita per esaurirlo. Chi ne è consapevole, però, è già in una posizione di vantaggio, e può approfittarne. Ma anche lui non può fare passi da gigante e deve scontare le predisposizioni innate, spesso inconsce.
       La morte serve a fare un bilancio periodico e vedere se siamo andati avanti o indietro. Chi lo fa? Noi stessi, attraverso tutto ciò che abbiamo accumulato fino a quel momento. In base alle esperienze e alla consapevolezza accumulate ci collochiamo in un certo piano e in un certo livello. La vita, infatti, è un processo continuo che non s'interrompe con la morte. La morte è solo l'interruzioni di una fase e l'inizio di un'altra.
       Proprio perché la nostra vita attuale è il risultato di un lungo processo di apprendimento e di evoluzione, non è pensabile che basti una sola esistenza ad esaurirne le potenzialità. Veniamo da lontano e andiamo lontano; e non ci troviamo ad un livello molto avanzato: siamo scimmie da poco evolute. Dobbiamo quindi percorrere ancora molta strada. Questo depone a favore di una prosecuzione della vita dopo la morte. Ma quale vita?
       Tutto dipende dal livello di consapevolezza e di realizzazione raggiunto; si può dunque ipotizzare un rientro in questo mondo, oppure in altri mondi o in altri universi. Qualcosa di noi si conserverà, altre cose verranno superate e cambiate. Come nel gioco dell'oca, potremo tornare indietro di qualche casella e rifare l'esperienza fino ad averla superata; solo allora potremo passare alla casella successiva.
       Nelle religioni di massa esiste un barlume di questi principi, per esempio nei concetti di paradiso, inferno e purgatorio, e in quello di karma. Ma non c'è nessun Dio che ci giudichi, e paradiso e inferno sono sempre compresenti ad ogni livello, e non esauriscono affatto il percorso.

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