Ma che dono è quello che viene richiesto indietro? Voi
fareste un regalo pretendendo che vi sia restituito? Non sarebbe un dono,
sarebbe un prestito oppure solo un usufrutto.
E, se il dono è il vostro stesso sé, non sareste mai
padroni di voi stessi. Lo sarebbe un altro.
Se mi fai un dono, quella cosa è mia.
Ecco perché l’uomo si sentirebbe inevitabilmente
alienato, mai padrone di sé. E non potrebbe progredire oltre un certo limite.
“Chi sei tu, che sei un semplice uomo, per disputare
con me?” dice il Dio biblico al povero Giobbe che vorrebbe ragionare e capire
qualcosa.
L’arroganza del potere.
La stessa arroganza che ritroviamo nella parabola
evangelica dei talenti. Qui Dio è definito proprio il “padrone” che consegna ai
servi un po’ di monete e che poi vuol vedere come le hanno impiegate. E, quando
scopre che un servo non ha affidato il denaro ai “banchieri” e non ne ha
ricavato alcun “interesse”, inveisce contro di lui, gli toglie tutto e lo fa
gettare “fuori nelle tenebre”. “Perché ha chi ha sarà dato e sarà nell’abbondanza,
ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha” (Mt 25, 14-30).
Insomma, il manifesto del capitalista più protervo, già nei Vangeli.
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