Realizzare se stessi, cioè diventare
reali.
Sì, perché attualmente non lo siamo.
Siamo maschere, siamo fantasmi, siamo ciò che gli altri ci danno e ci dicono.
Ma realizzare se stessi è un altro
discorso. È
compiere una scelta, è impegnarsi a togliersi le sovrastrutture, gli schemi mentali
consolidati, i falsi io, le identità sociali.
Se non compiamo il primo passo – il
riconoscere che siamo in gran parte posticci -, non potremo compiere nemmeno il
secondo: spogliarsi di tutto ciò che non è essenziale.
Respingere ed adorare – non sono
entrambi metodi per distruggere qualcuno? Nel primo non lo si prende neppure in
considerazione e nel secondo lo si trasforma in un mito.
Gesù, per esempio, prima è stato
respinto e poi è stato mitizzato. Con il risultato che nessuno sa chi fosse
l’uomo Gesù, cioè il Gesù reale.
Non era certo uno qualsiasi, ma non
era neppure un superuomo.
La nostra mente non sa resistere a
contatto con la realtà: o la nega o la abbellisce. È come scagliare una freccia troppo in
basso o troppo in alto: manca comunque il bersaglio.
Anche nella vita quotidiana, anche
nei confronti di noi stessi, o ci abbattiamo o ci esaltiamo. Rimanere nella
realtà, con tutte le sue contraddizioni, è difficile. È per questo che manchiamo la
realizzazione.
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