Nelle tradizioni meditative esiste il problema
di che cosa fare con i pensieri (e gli altri stati mentali) che sorgono
apparentemente da solo, che ci portano lontano dalla pura contemplazione e che
ci fanno rientrare in un’attività mentale chiassosa, continua e confusa. In
altri termini, i pensieri ci portano via dalla chiara presenza mentale che è lo
scopo della meditazione.
Di solito si consiglia di assumere
l’atteggiamento del semplice testimone distaccato e di osservare i pensieri
come nuvole che passano sul cielo terso della consapevolezza.
Tuttavia, anche solo osservando i pensieri, è
facile venirne catturati e passare dallo stato di osservatori a quello di mente
fantasticante.
Dobbiamo allora compiere un ulteriore passo.
Uscire anche dalla posizione del testimone, ma rimanere nello spazio di
osservazione o di consapevolezza dove non c’è neppure più l’osservatore.
Non osservare i pensieri, rimanere nello spazio
di osservazione. Provate a notare la differenza. Passate dalla posizione del
testimone a quella in cui svanisce anche l’osservatore, il senso dell’io.
C’è solo la nuda presenza mentale.
La sfida è rimanere il più spesso possibile e
il più a lungo possibile in questo spazio vuoto senza farsi coinvolgere dai
pensieri.
Il momento migliore per eseguire questo
esercizio è la mattina appena svegli, quando la mente è meno attiva e l’attenzione
è più chiara, senza interferenze.
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