Ci sono due modi per considerare le avversità
che prima o poi tutti incontriamo. Il primo - quello abituale - consiste nel
vederle come ostacoli, incidenti, danni, perdite irrecuperabili o maledizioni
incomprensibili.
Il secondo – rivoluzionario – consiste nel
vederle come opportunità sulla via, modi per trasformarsi e migliorare. In
fondo, non si può diventare un buon pugile se non si lotta contro un avversario.
Se non avessimo questo avversario che ci riempie di botte, non potremmo mai
migliorare.
Non si tratta di sciocco ottimismo, perché si
può anche soccombere, ma di un modo per trasformare la sofferenza in un
propellente virtuoso, in una forza di progresso.
Certo, sarebbe meglio imparare senza prender
botte. Ma il mondo è fatto così. Tanto vale farsene una ragione.
L’atteggiamento giusto dovrebbe essere il
seguente: “Ecco il problema! Ecco l’ostacolo! Ecco l’avversità!...Proviamo ad
utilizzarla per crescere.
Lo so, non è facile. Ma sarebbe più utile
mettersi a inveire contro la sorte e auto commiserarsi?
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