Secondo la scienza, l’universo avrebbe avuto
origine da un’enorme esplosione e, da quel momento, avrebbe incominciato ad espandersi.
Non si è dunque trattato di un processo né gentile né “umanitario”. Crescita,
espansione, vitalizzazione – nient’altro. Non vediamo all’opera né equilibrio
né un principio di giustizia. Vediamo in azione leggi fisiche, leggi chimiche e
leggi biologiche, ma nessuna etica, nessuna considerazione per gli esseri
viventi, che vengono trattati come carne da macello, semplici riproduttori, che
nascono e muoiono ininterrottamente.
Anche la nostra esistenza segue queste leggi
disumane. Si nasce violentemente e si muore violentemente, si può morire a
qualunque età per motivi naturali o umani e, una volta esaurito il nostro
ruolo, si invecchia senza nessun garbo, senza nessuna pietà. Veniamo buttati
via.
Noi lottiamo per esistere e per resistere il
più a lungo possibile, ma alla fine saremo sconfitti. Sono pochi i fortunati
che invecchiano senza grandi acciacchi e muoiono placidamente, magari nel
sonno. I più devono vedersi disgregare tra mille sofferenze.
Pensare che tutto ciò sia stato creato da un
Dio benevolo, compassionevole e amorevole è contraddire l’esperienza. Sembra in
azione un processo implacabile e impassibile, in cui veniamo gettati casualmente, senza essere
padroni di nulla. Prima veniamo gettati e poi veniamo buttati via.
Ma forse questa nostra visione – di un Creatore
a se stante che decide tutto e degli esseri che sono gettati in una specie di mattatoio – non è giusta. È, per l’appunto,
una nostra idea, una nostra interpretazione. È come se un senso di
estraniazione e di alienazione interiore si proiettasse all’esterno in un mondo
incomprensibile e ingovernabile.
Forse la creatura non è così ignara e
impotente. Forse è più consapevole, responsabile e potente di quanto crede.
Tutto infatti è interconnesso e ogni cosa
influisce sulle altre.
In Oriente si dice che esista un processo di
reincarnazione, per cui ognuno occupa il posto che si è meritato e che si è
creato con le proprie azioni. Qui il singolo non si sente gettato in un mondo
ostile, ma è responsabile del proprio destino.
La verità sembra essere nel mezzo tra queste
due concezioni. Il mondo è esattamente come lo interpretiamo. All’inizio non c’è
un Essere onnipotente che decide per tutti gli esseri, senza coinvolgerli,
senza ascoltarli, ma un vero e proprio Nulla che si costituisce a poco a poco
in essere e in tanti esseri. E la visione di questi esseri – il mondo percepito
– è una loro creazione, una loro responsabilità, non qualcosa di casuale voluto
da un Mente estranea.
Questa è una nuova rivoluzione copernicana, che
lascia agli esseri uno straordinario potere – il potere di cambiare le cose attraverso un diverso modo di vederle.
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