Il soggetto non è mai conoscibile. In
certi momenti abbiamo un’intuizione di chi siamo: sappiamo che siamo “quella
certa persona” e che non saremo mai niente di diverso. Ma niente di questo può
essere veramente detto.
Cogliamo un nucleo di invarianza
all’interno di tanti tratti variabili. Uno, nessuno e centomila, d’accordo… ma
comunque uno solo, uno nella sua solitudine, nella sua unicità e nella sua
permanenza temporanea.
Abbiamo occupato un posticino
nell’immenso universo. Però, poco di tutto questo può essere comunicato,
perfino a noi stessi.
Il problema è proprio quello della
conoscenza e del linguaggio. Noi possiamo essere ciò che siamo, ma non possiamo
conoscerlo né dirlo. Il che sembra essere un limite, mentre indica una
trascendenza irriducibile al linguaggio, al significato e al concetto.
In tal senso, un soggetto conosciuto,
un sé definito, sarebbe un sé morto.
La meditazione non deve dunque essere
la ricerca di un significato chiuso, ma il mettersi semplicemente di fronte a
se stessi, senza i filtri deformanti della mente umana.
Nessun commento:
Posta un commento