Per conoscerci, per coglierci, dobbiamo
innanzitutto calmarci e fermarci. In meditazione usiamo spesso l’osservazione
del respiro, ben sapendo che vi è uno stretto rapporto tra stati d’animo e
respirazione.
Tutti possiamo notare che esistono
vari tipo di respiro, a seconda dei momenti: lungo o breve, profondo o
superficiale, regolare o irregolare, agitato o calmo, ecc. Se per esempio siamo
ansiosi, avremo un certo tipo di respiro, che cambierà quando saremo distesi.
Distendendo il respiro, diminuiremo
in realtà anche la confusione mentale e acquisiremo una visione più chiara.
Nello stesso tempo ci dis-identificheremo dalla modalità del fare e prenderemo
le distanze da ciò che crediamo essere, dalla maschera che abbiamo in un dato
momento. Potremo così osservare bene la frattura tra conoscente e conosciuto.
Il respiro ci accompagna per l’intera
vita e finisce solo con la nostra morte. Ma è esso stesso un continuo nascere,
crescere e morire. Ogni respiro ha queste frasi: l’inizio, la parte centrale e
la fine. Può variare in mille modi, ma mai fermarsi.
Inoltre, seguire il respiro significa
uscire dalle nostre fantasie mentali e porsi nel momento presente.
Osservare la sensazione del respiro
(nel naso o nel torace) in uno stato di calma eclissa per un po’ i disturbanti
mentali che ci portano sempre altrove. Ci fa uscire dalle preoccupazioni, dall’agitazione
e dalla paura.
È tutto ciò è una piccola esperienza
di liberazione, anche dalle pretese accentratici e dominatrici dell’io che non
è affatto il proprietario della nostra consapevolezza.
Non siamo né all’interno né all’esterno,
ma in una zona intermedia che sta prima della divisione.
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