Ciò che crediamo di essere o ciò che
vorremmo essere è qualcosa che non siamo e che non saremo mai. È un fantasma, un’illusione,
un’allucinazione.
Questo fantasma – sogno o incubo che
sia – è sempre il portato di un desiderio altrui (per esempio dei genitori che
ci vorrebbero come piace a loro).
Questo fantasma, questo ideale, è
qualcosa cui non arriveremo mai. Se un genitore o entrambi vogliono che siamo
in un certo modo, dovremo confrontarci tutta la vita con questo modello. Siamo
dunque prigionieri di un desiderio altrui.
In tal senso, il desiderio sarà
sempre inappagabile, sarà sempre una delusione. E questo vale per qualsiasi
immagine idealizzata di noi stessi.
Tutti siamo quindi fantasmi, alla
ricerca di un oggetto che non siamo mai stati. Viviamo in un sogno, in
un’allucinazione. Siamo soggetti assoggettati. Siamo fantasmi e abbiamo la
mente piena di fantasmi.
È possibile uscirne?
In realtà, il fantasma fondamentale
non è solo un prodotto altrui, ma anche nostro, se non altro perché lo
accettiamo. Noi partecipiamo alla sua costruzione e al suo mantenimento.
Inoltre, anche gli altri hanno il loro fantasma e sono attori di una scena
immaginaria.
Questa constatazione è il primo passo
per uscirne. Il secondo è porre fine al nostro consenso.
Ancora una volta è la presa di
coscienza che ci porta fuori dal mondo dei condizionamenti.
Se siamo attori alla ricerca
dell’autore, scopriamo che gli autori sono gli altri e noi stessi. E, a questo
punto, dobbiamo ribellarci.
Con la ribellione forse non troveremo
un soggetto che esista in sé e per sé. Ma almeno saremo autori di noi stessi.
Nessun commento:
Posta un commento