lunedì 31 ottobre 2016

Liberarsi dall'io

Per conoscerci, per coglierci, dobbiamo innanzitutto calmarci e fermarci. In meditazione usiamo spesso l’osservazione del respiro, ben sapendo che vi è uno stretto rapporto tra stati d’animo e respirazione.
Tutti possiamo notare che esistono vari tipo di respiro, a seconda dei momenti: lungo o breve, profondo o superficiale, regolare o irregolare, agitato o calmo, ecc. Se per esempio siamo ansiosi, avremo un certo tipo di respiro, che cambierà quando saremo distesi.
Distendendo il respiro, diminuiremo in realtà anche la confusione mentale e acquisiremo una visione più chiara. Nello stesso tempo ci dis-identificheremo dalla modalità del fare e prenderemo le distanze da ciò che crediamo essere, dalla maschera che abbiamo in un dato momento. Potremo così osservare bene la frattura tra conoscente e conosciuto.
Il respiro ci accompagna per l’intera vita e finisce solo con la nostra morte. Ma è esso stesso un continuo nascere, crescere e morire. Ogni respiro ha queste frasi: l’inizio, la parte centrale e la fine. Può variare in mille modi, ma mai fermarsi.
Inoltre, seguire il respiro significa uscire dalle nostre fantasie mentali e porsi nel momento presente.
Osservare la sensazione del respiro (nel naso o nel torace) in uno stato di calma eclissa per un po’ i disturbanti mentali che ci portano sempre altrove. Ci fa uscire dalle preoccupazioni, dall’agitazione e dalla paura.
È tutto ciò è una piccola esperienza di liberazione, anche dalle pretese accentratici e dominatrici dell’io che non è affatto il proprietario della nostra consapevolezza.

Non siamo né all’interno né all’esterno, ma in una zona intermedia che sta prima della divisione.

La difficoltà di conoscersi

L’anomalia, l’anormalità, la malattia non è non trovare l’io, non capire chi si è, ma credersi un io solido e compatto, un centro ben definito e monadico, un nucleo di precisa identità. Perché in realtà noi siamo un insieme, una costellazione di identità interdipendenti e condizionate, oltretutto in continua evoluzione..
Il sé è sempre qualcosa che sfugge. Come diceva Lacan, “il vero io non sono mai io.”
Questo non significa che dobbiamo rinunciare a tentare di conoscerci. Dobbiamo aver sempre presente che colui che conosce, il conoscente, non è mai il conosciuto.

Per non inseguirci senza costrutto, come fa il cane che insegue la propria coda, dobbiamo fermarci e rispecchiarci. Finché scopriremo non chi siamo, ma come siamo.

domenica 30 ottobre 2016

"Pietra su pietra": il crollo delle chiese

Gli individui che si definiscono religiosi hanno un’irresistibile tendenza a stabile un collegamento fra Dio e i loro edifici di culto: chiese, templi, sinagoghe, ecc. In Italia ci sono più chiese che case; perlomeno, ogni paese, ogni cittadina, ha la sua chiesa. Quello sembra essere un luogo sacro, là dove si può comunicare con Dio.
Ahimè, è una delle tante illusioni. L’unico luogo sacro è lo spirito umano, non gli edifici che gli uomini hanno costruito illudendosi di imprigionarvi il divino e abbellendoli con tante opere d’arte.
Sono gli stessi testi ritenuti sacri che ci tolgono ogni illusione. Prendiamo per esempio il Vangelo di Luca:

“Mentre alcuni parlavano del tempio e delle belle pietre e dei doni votivi che lo adornavano, Gesù disse: ‘Verranno giorni in cui, di tutto quello che ammirate, non resterà pietra su pietra che non venga distrutta’”.


Proprio così: “Dio non dimora in templi costruiti dalle mani dell’uomo” At 17, 24.

L’unico modo per salvare il divino sarebbe salvare l’uomo. Ma l’uomo privo di illusioni. 

L'inafferrabile

Il soggetto non è mai conoscibile. In certi momenti abbiamo un’intuizione di chi siamo: sappiamo che siamo “quella certa persona” e che non saremo mai niente di diverso. Ma niente di questo può essere veramente detto.
Cogliamo un nucleo di invarianza all’interno di tanti tratti variabili. Uno, nessuno e centomila, d’accordo… ma comunque uno solo, uno nella sua solitudine, nella sua unicità e nella sua permanenza temporanea.
Abbiamo occupato un posticino nell’immenso universo. Però, poco di tutto questo può essere comunicato, perfino a noi stessi.
Il problema è proprio quello della conoscenza e del linguaggio. Noi possiamo essere ciò che siamo, ma non possiamo conoscerlo né dirlo. Il che sembra essere un limite, mentre indica una trascendenza irriducibile al linguaggio, al significato e al concetto.
In tal senso, un soggetto conosciuto, un sé definito, sarebbe un sé morto.

La meditazione non deve dunque essere la ricerca di un significato chiuso, ma il mettersi semplicemente di fronte a se stessi, senza i filtri deformanti della mente umana.

sabato 29 ottobre 2016

Turisti della vita

I più si spostano orizzontalmente da un posto all’altro, da una persona all’altra. E restano sempre alla superficie del mondo e di se stessi.

Sono turisti della vita. Non entrano mai nel vivo di ciò che vedono.

La struttura della verità

La verità è fatta come le scatole cinesi o le matriosche russe: l’una dentro l’altra, un piano sotto l’altro. Dunque, è meglio parlare delle verità al plurale.
Questo mondo e la nostra mente si trovano su un piano. Ma di piani ce ne sono altri. E, se vogliamo indagare, dobbiamo andare sempre più a fondo, sfoglia dopo sfoglia, come nelle cipolle.
Se vogliamo trovare qualcosa oltre alle solite verità di superficie, dobbiamo scavare – dentro le cose e dentro di noi.
Per esempio, la teoria della relatività era ad un certo livello, mentre la fisica quantistica è andata più a fondo scoprendo un altro livello.
Per andare più a fondo, non basta spostarsi in orizzontale, ma bisogna cambiare la modalità di pensiero. Fare un salto più profondo.
Questo va fatto in tutte le scienze, in tutte le arti e in meditazione.


Messa continua

Non so se avete notato che, nei nostri telegiornali e giornali radio, tutti i giorni – caso unico al mondo – vengono trasmesse le ultime parole, le prediche e anche i sospiri del Papa. Basta che dica qualcosa e subito tutti i mass media le ripetono con grande enfasi, magari con l’accompagnamento di musiche soavi.
Si capisce allora perché gli italiani non vadano più a messa.

Tutti giorni la messa viene somministrata nelle loro case.

venerdì 28 ottobre 2016

Il fantasma fondamentale

Ciò che crediamo di essere o ciò che vorremmo essere è qualcosa che non siamo e che non saremo mai. È un fantasma, un’illusione, un’allucinazione.
Questo fantasma – sogno o incubo che sia – è sempre il portato di un desiderio altrui (per esempio dei genitori che ci vorrebbero come piace a loro).
Questo fantasma, questo ideale, è qualcosa cui non arriveremo mai. Se un genitore o entrambi vogliono che siamo in un certo modo, dovremo confrontarci tutta la vita con questo modello. Siamo dunque prigionieri di un desiderio altrui.
In tal senso, il desiderio sarà sempre inappagabile, sarà sempre una delusione. E questo vale per qualsiasi immagine idealizzata di noi stessi.
Tutti siamo quindi fantasmi, alla ricerca di un oggetto che non siamo mai stati. Viviamo in un sogno, in un’allucinazione. Siamo soggetti assoggettati. Siamo fantasmi e abbiamo la mente piena di fantasmi.
È possibile uscirne?
In realtà, il fantasma fondamentale non è solo un prodotto altrui, ma anche nostro, se non altro perché lo accettiamo. Noi partecipiamo alla sua costruzione e al suo mantenimento. Inoltre, anche gli altri hanno il loro fantasma e sono attori di una scena immaginaria.
Questa constatazione è il primo passo per uscirne. Il secondo è porre fine al nostro consenso.
Ancora una volta è la presa di coscienza che ci porta fuori dal mondo dei condizionamenti.
Se siamo attori alla ricerca dell’autore, scopriamo che gli autori sono gli altri e noi stessi. E, a questo punto, dobbiamo ribellarci.

Con la ribellione forse non troveremo un soggetto che esista in sé e per sé. Ma almeno saremo autori di noi stessi.

Un Dio inutile

“Davanti alle calamità naturali” dice Papa Francesco, “Dio piange.”
Be’, noi non sappiamo che farcene di un Dio che piange. Quando siamo in pericolo, vorremmo qualcuno che ci aiuti, non uno che piange.

Non ce ne facciamo nulla di un Dio che si fa crocifiggere mentre siamo crocifissi.

giovedì 27 ottobre 2016

Il Dio dei terremoti

Gli uomini continuano a costruire chiese, come se Dio fosse rinchiudibile in quegli edifici. Eppure, quando arriva un terremoto, le chiese crollano come gli altri edifici, e talvolta per prime essendo più vecchie.
Credete che a Dio interessi? Non siate sciocchi!
Le uniche strutture in cui è presente Dio sono le nostre coscienze. Nella chiese non c’è nulla, se non le nostre illusioni.
Rafforziamo le coscienze e le case, non le chiese.


Dio non dimora in templi costruiti dalle mani dell’uomo” At 17, 24.

Continuare a meditare

Per continuare a meditare occorre trovare dei vantaggi. Ed eccone alcuni.
Il primo è che la meditazione regolare aiuta a trovare la calma. E con la calma si trova pace e tranquillità.
Con la calma si trova lucidità e si vede più chiaro, in tutti i problemi, anche in quelli della vita quotidiana.
La concentrazione, il silenzio e l’immobilità contribuiscono a prendere decisioni nelle sfide della vita.
Meditare aiuta a trovare distacco, equanimità e imparzialità. Si esce dalle contingenze della vita per assumere uno sguardo d’insieme.
Questi stati d’animo combattono stress, ansia e angoscia.
Quando ci sentiamo soli e vulnerabili, la meditazione ci fa ritrovare un centro di sicurezza, ci offre una guida e un metodo.
Abituandoci ad avere a che fare con il vuoto, ci aiuta a perdere la paura della morte.
Addestrandoci regolarmente, si creano nel cervello nuovi percorsi cerebrali (neurogenesi) che cambiano positivamente il nostro essere e ci danno una nuova consapevolezza.
Dunque, meditare non è una perdita di tempo, non è un esercizio strampalato, ma rafforza il nostro cammino evolutivo e ci aiuta ad essere più resilienti, oltre a darci una prospettiva spirituale.
Noi a volte non ci rendiamo conto di questi effetti a lungo termine. Ma provate a pensare a come eravate qualche mese o qualche anno prima. Ora avete qualcosa in più, siete più forti.


La realtà originaria

C’è ancora gente che crede in una realtà originaria, esistente in sé e per sé, indipendente dalla nostra mente e dal filtro del nostro linguaggio.
In realtà sono proprio la mente e il linguaggio che costituiscono da una parte il soggetto che dice “io” e dall’altra il mondo dei significati.
Tolta la mente e tolto il linguaggio, non esiste niente che abbia un significato. Ciò che troviamo è un vuoto.
Questo vuoto, però, non viene vissuto come qualcosa di sgradevole o di mancante. Al contrario è contrassegnato da un senso di pace e di gioia. Questa è la scoperta della meditazione del vuoto.

Non dunque deprivazione, ma il contatto con un vitalissimo campo di possibilità.

Contemplare lo spettacolo della vita

Sei di fronte a un bivio. Puoi abbracciare l’esistenza frenetica, confusa e chiassosa della maggioranza degli esseri umani o puoi scegliere di considerare quell’esistenza un semplice scenario in cui si rappresenti un dramma insensato mentre tu ti dedichi ad una vita più semplice, più quieta e più consapevole.

In sostanza puoi trasformare l’osservazione del mondo nella tua meditazione.

mercoledì 26 ottobre 2016

La pace mentale

La mente ha un ruolo: pensare – e lo svolge continuamente. Non è dunque facile fermare i pensieri e fare il vuoto meditativo, che è invece una grande risorsa.
Per fortuna, come tante attività di questo mondo, anche l’attività mentale è discontinua. Se riusciamo a calmarci, magari seguendo il respiro e stando immobili e in silenzio, gli stati mentali rallentano e diventano osservabili.
Dalla frenesia, dalla tensione e dalla confusione abituali, passiamo alla quiete. E noi possiamo notare ciò che emerge: “Questo è un pensiero… questo è un ricordo… questa è rabbia, ecc.”
Però, osservare gli stati mentali non deve trasformarsi in altri pensieri, ma in un semplice prestare attenzione, in un essere consapevoli.
Spostiamo l’attenzione dai contenuti mentali alle pause, ai vuoti, tra l’uno e l’altro. Facciamolo magari la mattina, appena svegli, dopo una notte di sonno profondo, quando la mente non è ancora a pieno regime.
In questi vuoti, ci troviamo immersi in una grande pace.
Fermiamoci qui il più a lungo possibile, tranquilli, vicini alla fonte degli stati mentali, ma non ancora coinvolti in essi. Siamo come immersi in un vasto spazio aperto, senza ansie e senza paure.
In quei momenti scopriamo che la vera pace è innanzitutto pace mentale.
Questo tipo di meditazione ci rende più riposati, più profondi, più intuitivi, più felici e più attenti agli aspetti sottili di noi stessi e della vita.

Poi, purtroppo, ritorneranno le inquietudini. Ma noi avremo imparato una grande lezione.

La solidarietà

Papa Francesco invita spesso gli italiani alla solidarietà verso gli emigranti. Ma perché non fa lo stesso con gli austriaci, i francesi, i polacchi, gli inglesi, gli ungheresi, ecc.? Perché non va a predicare nei paesi che erigono muri?
La solidarietà è doverosa con chi soffre. Però c’è un limite oltre il quale diventa suicidio.
Se ci troviamo su una barca piena che rischia di affondare, dobbiamo dare ascolto alla ragione, che ci dice che siamo sull’orlo del collasso, o al sentimento di compassione? Se poi la barca cola a picco, moriranno sia quelli che ci stanno sopra sia i naufraghi che vorrebbero salire ancora. Non è un bel risultato.

Ci vuole intelligenza e organizzazione nella solidarietà. E non bisogna dare ascolto ai sentimentali e ai “buonisti” che ci portano alla rovina.

martedì 25 ottobre 2016

I padroni della vita

“La vita non appartiene all’uomo, ma a Dio.” Non è questo il massimo dell’alienazione? Non essere padroni della propria vita, non essere padroni di sé?
Ma, se l’uomo non è padrone di sé, non è se stesso. E non potrà mai esserlo.
Cerchiamo almeno di essere padroni di quel poco di vita che ci appartiene, dentro di noi.
Ma è difficile. C’è sempre qualcuno che vuol essere il nostro padrone, che vuole dirci che cosa fare.
Oggi, per esempio, il Vaticano comunica che è permesso cremare i cadaveri, ma che non è permesso disperdere le ceneri né tenerle a casa.

Non ci è possibile fare quel che vogliamo. I padroni ci vogliono imporre la loro volontà. Giustificata non da ragioni logiche, ma da una volontà di predominio.
Eppure Gesù era quello che diceva: "Lascia che i morti seppelliscano i loro morti!" Come a dire che chi si occupa di queste inezie è già un'anima morta.

La meditazione sulla realtà della morte

Di fronte al distacco irreparabile – alla morte – gli uomini cercano una consolazione o comunque una qualche continuità. In sostanza negano la realtà della morte.
Se per esempio muore un bambino, si dice che sarà diventato un angelo. Se muoiono entrambi i genitori, si immagina che si ritroveranno uniti in cielo. Se muore una persona cara, si spera di rivederla un giorno. E così si immaginano paradisi, purgatori, inferni, resurrezioni, assunzioni e reincarnazioni… un gran traffico di anime.
È umano, è naturale, ma si tratta pur sempre di proiezioni o di speranze.
Ora, per un attimo, lasciamo perdere ogni fantasia. E pensiamo alla morte come alla vera fine della vita, almeno così come la conosciamo.
Il cervello si ferma e la mente si dissolve. Si dissolvono le sensazioni, i pensieri e la coscienza. Che cosa rimane?
Non eludiamo ancora una volta la domanda. Non pensiamo ad una coscienza che possa sopravvivere alla morte del corpo.
Restiamo fermi lì. Questa è la morte.
Realizziamo la fine, senza illusioni, senza attenuanti, senza consolazioni. Ma anche senza paura.
Sperimentiamo la realtà.

Sperimentiamo la fine della mente.

lunedì 24 ottobre 2016

Uscire dagli schemi

Dobbiamo capire che noi non siamo solo i nostri pensieri, siamo molto di più: siamo sensibilità, emozioni, intuizione, inconscio, consapevolezza, ecc.
In meditazione, il nostro scopo non è spazzar via tutti i pensieri, ma riportare nella mente la calma, messa in crisi dai pensieri e dalle emozioni negative. Per far questo, dobbiamo prima essere coscienti dei nostri pensieri e della nostre emozioni e poi intervenire con il respiro per diradarli e rasserenarli.
Dobbiamo arrivare a vedere i pensieri come eventi mentali, come prodotti condizionati della mente, non come riflessi della realtà.
Siamo noi che produciamo i pensieri (e con loro la visione della realtà) e siamo noi che possiamo cambiarli.
Osservando i vari eventi mentali, ci mettiamo nella posizione meta cognitiva del testimone che è in grado, grazie all’aiuto della respirazione, di rendere limpida la mente e di uscire dagli schemi ripetitivi e automatici, spesso dolorosi.


Pensieri, respiro e benessere

In meditazione non dobbiamo tanto interrompere i pensieri quanto diradarli e rallentarli, in modo da poterli osservare. E, a questo scopo, si può utilizzare la respirazione.
Esiste sempre un rapporto fra pensieri e tipo di respirazione. In linea di massima, quando i pensieri sono ansiogeni, stressanti o deprimenti, il respiro diventa contratto, corto, superficiale e affrettato. Quando invece sono calmi, anche il respiro si distende e diventa più lento e profondo.
In altri termini, ogni tensione dei pensieri e delle emozioni si traduce in una contrazione di certi muscoli della gabbia toracica, con il risultato che ci si sente soffocare o si sente un peso sul cuore.
Ma se ogni pensiero negativo produce un’emozione negativa e ogni emozione negativa produce un pensiero negativo, esiste per fortuna anche il meccanismo opposto: ogni pensiero positivo produce un’emozione positiva e ogni emozione positiva produce un pensiero positivo.

Stando così le cose e conoscendo il rapporto tra respirazione e pensieri e stati d’animo, è evidente che possiamo utilizzare proprio la respirazione – calma, lieve, lenta e profonda – per produrre stati di benessere.

domenica 23 ottobre 2016

Respirare liberamente

In meditazione cerchiamo di guardare il mondo uscendo dai filtri dei pensieri, in modo da sperimentare direttamente la realtà. Per esempio, utilizzando il respiro, non dobbiamo pensare al respiro, ma dobbiamo sentire il respiro nei punti del corpo in cui lo percepiamo meglio: le narici, il naso, i polmoni o la cassa toracica che si abbassa e si alza.
L’esercizio serve a farci uscire dal mondo mentale, in cui viviamo abitualmente, e ci fa capire come le nostre esperienze non siano affatto oggettive, ma siano sempre condizionate dal modo in cui la mente le percepisce.
Inspiriamo ed espiriamo delicatamente, prestando attenzione alle sensazioni provocate dalla respirazione.
Noteremo subito che concentrandoci per un po’ sulla respirazione ed escludendo ogni altro pensiero, approdiamo ad uno stato di calma, dato che interrompiamo la tensione, la confusione, la rabbia, l’amarezza, la depressione, ecc., in cui siamo di solito immersi.
Rallentando il più possibile i pensieri, ritroviamo uno stato di serenità e di equilibrio.
Qualche volta non è così semplice, perché siamo troppo agitati, perché i nostri pensieri girano pervicacemente intorno a qualche problema.

In questi casi bisogna insistere, accentuando le espirazioni e le inspirazioni.

sabato 22 ottobre 2016

Il pensiero negativo

Essendo i prodotti di una lunga evoluzione naturale, noi siamo molto sensibili alle minacce, ai pericoli, ai rischi e a tutto ciò che può andar male.
Questo significa che per lo più abbiamo pensieri negativi. Dobbiamo dunque essere consapevoli della folla di pensieri tetri e pessimisti, degli stati d’animo depressivi, rabbiosi e infelici che ci occupano l’animo per la maggior parte del tempo. Alcuni sono realistici, ma molti altri no.
Il fatto di esserne consapevoli, l’atto di esserne consapevoli, il momento in cui ne siamo consapevoli, ci fa vedere la nebbia che ci offusca abitualmente la vista – e ci apre per un attimo un varco.
Questo è già un primo successo della meditazione come osservazione di sé.
Dobbiamo renderci conto che i pensieri non sono fatti oggettivi, ma semplici stati mentali, nostre proiezioni, nostre interpretazioni, di cui ci possiamo liberare ritornando a guardare la realtà.

Così facendo, usciamo dalla modalità del pensare per approdare a quella dello sperimentare concretamente.

La necessità della violenza

Mentre si combattono guerre contro eserciti e ideologie regressive, oscurantiste, maschiliste e sanguinarie, c’è chi si dà alle marce della pace.
Ma che cosa pensano di fare queste anime belle contro la violenza e la prepotenza?
Se quegli eserciti ci invadessero, i nostri pacifisti si arrenderebbero subito?
Ma così prevarrebbero sempre i violenti.
Perdonerebbero gli aggressori? 
Ma anche questa sarebbe una forma di egoismo, un modo per scaricarsi delle proprie responsabilità.
Purtroppo, la violenza e la guerra sono ancora necessarie di fronte alle aggressioni. Sognare un mondo in cui tutti si amano e si rispettano è certo una bella utopia. Ma bisogna fare i conti con la realtà.

Questo è un mondo costruito con e nella violenza. E non è vero che l’amore sia un antidoto all’aggressività. Tutti amano qualcuno, anche i terroristi e i dittatori più spietati.
Non basta l'amore, ci vuole la consapevolezza - in tutti.

venerdì 21 ottobre 2016

L'interrelazione universale

Una donna può essere vista come amante, moglie, madre, figlia… essa è tutte queste cose insieme. Ma che cos’è in sé?
Il fatto è che anche per sé sarà tutte queste persone insieme o alternativamente.
Ma potrebbe esistere in sé, al di fuori di queste relazioni e interrelazioni?

Dunque, è priva di un’identità intrinseca. Come tutti, come tutto.

Il male

Il male è nell’unilateralità dello sguardo che vede nell’oggetto soltanto l’ob-jectum (ciò che gli sta di contro) e non lascia emergere gli altri, pur presenti, e lo stesso soggetto.
Il male è la divisione, la contrapposizione.
Bisogna allora allenarsi a vedere gli altri in se stessi e se stessi negli altri. E vedere la mancanza di esistenza intrinseca del sé.

Il male è non avere una visione d’insieme.

Amare Dio

“Come potremmo amare Dio, se amiamo il mondo?” si domandava sant’Agostino.

Ma come potremmo amare Dio se non amassimo qualche sua creatura?
E come potremmo amare qualcuno se non amassimo noi stessi?

La mancanza di un'identità intrinseca

D’altronde, la presenza degli altri in ogni ente, la sua non completa identità, la sua non esistenza intrinseca, è confermata dal suo divenire, dove quell’ente diventa un altro.
Se l’ente fosse una cosa solida, rimarrebbe sempre se stesso e non potrebbe cambiare. Non solo: una volta morto, morirebbe in sé – e allora sì che sarebbe finito per sempre.
Paradossalmente, la non completa identità è garanzia di continuità. Una monade invece…

Ecco perché, nel cercare l’identità ultima di noi stessi, dobbiamo scoprire la parte vuota o incompleta del sé.

giovedì 20 ottobre 2016

Obiettori di coscienza

A Catania una donna è morta dopo un aborto spontaneo di due gemelli. Secondo la famiglia, il medico di turno non è intervenuto perché era un obiettore di coscienza.
Così vediamo quanto sia insensata l’obiezione di coscienza, come ogni presa di posizione astratta di tipo fideistico. In medicina, come dappertutto, ci vogliono invece sensibilità, flessibilità e una mente svuota di preconcetti.
In pratica il medico obiettore non è intervenuto perché lascia ha lasciato fare alla volontà divina. Ma allora che medico è?
Per non sopprimere i feti ha lasciato morire anche la madre. Non voleva uccidere, ma ora è un medico assassino.

Obiettori di coscienza che rinunciano alla propria coscienza individuale… un assurdo.

Tensione e sollievo

Non è un problema che la nostra mente produca in continuazione pensieri: è la sua funzione naturale. Il problema è che gran parte di questi pensieri nascono per così dire autonomamente, senza che ne siamo consapevoli. In sostanza, spesso non siamo noi che pensiamo, ma siamo posseduti dai pensieri. È come se non fossimo veramente padroni di noi stessi, è come se fossimo abitati da un estraneo.
La meditazione serve ad affrontare questo problema. Crea uno spazio di tranquillità e di silenzio dove possiamo esaminare questi pensieri “estranei” o involontari. Nella calma, infatti, si ha un rallentamento delle produzione mentale, durante la quale possiamo esaminare i vari pensieri che si affacciano.
Questo semplice esercizio di attenzione, favorito magari da tecniche respiratorie, crea uno stacco nella confusa e frenetica attività mentale e riporta per un po’ il bastone del comando nelle nostre mani. In tal modo, da una parte, riduciamo stress, agitazione e automatismi, e, dall’altra, aumentiamo la presenza e la consapevolezza.
Quando la mente viene lasciata a se stessa, finisce per produrre pensieri amari, rabbiosi o ansiosi, recriminazioni, rimpianti, ricordi negativi, giudizi di condanna e quindi depressione e pessimismo.
Quando invece diminuisce la tensione mentale, riusciamo a renderci conto di quanto l’intero nostro organismo psico-fisico fosse, a causa di questi pensieri, in preda ad uno stato di sofferenza.
Il senso di sollievo che proviamo in una meditazione riuscita ci ridà fiducia, ci toglie un peso opprimente, ci dona chiarezza mentale ed è una prima esperienza di liberazione.


mercoledì 19 ottobre 2016

Noi e il tutto

Nelle religioni tradizionali, i credenti devono sempre adorare qualcuno: il Padrone-Creatore del mondo.
In meditazione non c’è da adorare nessuno, ma solo mobilitare le risorse interiori.
Se si distingue tra gli esseri viventi e un Essere supremo e se il mondo è in mano ad un Dominus, gli esseri possono fare ben poco. Ubbidire o disubbidire.
Solo se il potere universale e gli esseri sono un tutt’uno, gli uomini possono veramente lavorare per la propria salvezza, che è poi la salvezza del tutto.

Il potere che è in noi è il potere del tutto. Il destino del tutto non dipende da qualche Signore, ma dal nostro sforzo.

Oltre le religioni

La meditazione è un metodo di approcciarsi alle cose e ai problemi che non è connotato religiosamente. E quindi può essere adottato da qualunque persona, indipendentemente dalla sua cultura, fede e religione.
È anche vero, però, che questo tipo di approccio ti porta a cercare la giusta visione delle cose e dei problemi. E quindi ti porta a liberarti delle false credenze, fra cui quelle religiose.
Creare nuovi modi di vedere, nuovi stati d’animo… in tal senso la meditazione è affine all’arte; ma siccome deve essere un percorso percorribile da tutti, deve avere anche un aspetto metodologico.


La via

Ma che cosa deve intendersi per illuminazione? Un veder chiaro che porta ad uno stato di calma, sollievo, gioia e liberazione. O, se vogliamo, uno stato di calma, sollievo, gioia e liberazione che porta ad un veder chiaro.
Si può insomma partire da uno dei due stati per arrivare anche all’altro: dalla chiarezza alla gioia o dalla gioia alla chiarezza.
Questo ci permette di capire quale sia la strada giusta. Ci devono essere sia un senso di chiarezza sia un senso di gioia.

Se ci sono sofferenza o confusione, siamo sulla strada sbagliata.

martedì 18 ottobre 2016

Cercare l'io

Prova a cercare di trovare il tuo io – non lo troverai. Non è infatti qualcosa di concreto, è una tua idea fra le altre.
Non puoi dunque essere pienamente consapevole di te stesso, perché questo “te stesso” non è fondato su se stesso. È un’immagine sfocata della tua mente. È un semplice personaggio di una commedia, che non esiste in se stesso. Esiste solo per quella parte e su quella scena, ma in sé non esiste.
Questo però non significa che non possa essere presente e non possa agire. Ha la stessa consistenza di un sogno, ma, come dicevo prima, i sogni possono avere effetti concreti.
In meditazione noi possiamo vederlo chiaramente. E, da questa visione chiara della sua inconsistenza – nonché della inconsistenza del mondo – capiamo che abbiamo a che fare con enti evanescenti, non permanenti, mutevoli e soggetti a sparire in un attimo, proprio come le immagini di un film quando finisce il film.
E, tuttavia, queste immagini producono effetti, che non spariscono con la scomparsa del soggetto che li ha prodotti.
Nel bene o nel male, gli effetti sono stati immessi nel gigantesco processo di interrelazioni che è l’universo e lo hanno cambiato.
Ognuno di noi può dunque cambiare il mondo – e in particolare il proprio mondo – con conseguenze su cui bisogna riflettere.

Questi effetti non spariscono, ma continuano a viaggiare nell’universo, come luci di stelle lontane.

Il potere dei sogni

Quando scopri con la meditazione che le cose sono inconsistenti come fantasmi o sogni, non devi credere che non abbiano conseguenze.
Avrai notato che, quando fai un brutto sogno o un bel sogno, gli effetti durano per tutta la giornata. Dunque, sono più che concreti.
Anche semplici immagini incidono su una realtà che la sua stessa natura.
Nel Sutra del diamante, il Buddha invita a considerare le cose come luci tremule di una lampada, come illusioni di prestigio, come rugiada, come nuvole, come disturbi di un occhio malato e così via.

Il mondo, questo immenso universo, è fatto di piccolissime entità energetiche, di minuscoli granelli di nulla. Ma il nulla è potente e tiene in piedi l’intera baracca.

lunedì 17 ottobre 2016

La miseria umana

La miseria degli esseri umani è tutta qui: mentre ci troviamo in una specie di prigione, condannati ai lavori forzati, a condurre vite oscure, dolorose o inutili, non troviamo niente di meglio che farci la guerra.
Anziché essere uniti contro il vero nemico, contro colui (o ciò) che ci tiene prigionieri, sprechiamo tempo prezioso ed energie a combatterci a vicenda… per il possesso di cose che tutti, alla fine, dovremo perdere.
Il nemico sghignazza.

Intere popolazioni che muoiono di fame, bambini rapiti e allevati per fare i soldati, donne violentate in massa, religiosi che ammazzano chi ha un’altra fede, e inoltre schiavitù, torture, sfruttamento, miseria, malattie… anche l’inferno non sta in qualche posto strano, ma proprio qui e ora. Come il paradiso, d'altronde.

La ripugnanza della morte

Quando vediamo morire persone care, restiamo come stupiti, se non scioccati. Come se non ce lo aspettassimo, come se non dovessimo morire tutti.
Certo, ci sono le morti premature. Ma perché stupirsi per le morti dei vecchi?
La verità è che noi, pur sapendo di dover morire, non ci crediamo veramente – o non ci vogliamo credere. Gli atteggiamenti di difesa o di evitamento dell’angoscia sono fondamentalmente due: c’è chi dice che ci sarà un’altra vita e c’è chi cerca di non pensarci, dedicandosi a mille attività evasive.
Però è tutto inutile. La presenza di questa angoscia primaria aleggia sempre.
Proviamo allora a non eludere il problema e a meditare proprio sulla morte.
Forse, se riuscissimo a non evadere dal presente, a non produrre fantasie consolatorie, a non affidarci a fedi riparatrici, a non sperare in futuri illusori e a pensare che viviamo in questo momento e in questo luogo, e che possiamo essere consapevoli della morte senza sentirci terrorizzati, se mantenessimo una posizione di forza e di presenza mentale e se non ci lamentassimo come bambini che cercano la protezione della mamma o del babbo – forse ci innalzeremmo non in un cielo fantasioso, ma nel nostro vero essere, quello che non ha paura di morire.
Perché la liberazione è in realtà liberazione dalla paura.


domenica 16 ottobre 2016

L'individuo

La parola “individuo”, che significa “non diviso”, sta a indicare la più grande illusione umana: che la persona sia un ente esistente in sé, come se fosse costitutivamente separato e isolato dalle altre persone e da tutto ciò che la circonda.
Come se nell’individuo non ci fosse già una moltitudine di altri.
Da questo errore nasce l’intero mondo delle illusioni che dominano la mente umana, soprattutto quella di poter essere felici e di poter dirigere la propria esistenza senza un esame e una continua correzione della mente.
Queste illusioni non possono essere superate finché non ci renderemo conto di essere un prodotto condizionato della natura e di non avere una reale consistenza. Ci crediamo padroni di noi stessi mentre non siamo che dei servi.
Per passare ad essere dei padroni dobbiamo lavorare a lungo sulla mente e sulle sue false convinzioni.
È un’altra illusione credere che si possa giungere alla verità di colpo, senza nessuna preparazione.

Lavorare per la felicità

Quando la fisica quantistica ci dice che certi fenomeni non possono esistere senza un osservatore che li determini in un modo o nell’altro, non sostiene un’idea completamente nuova.
Già 2500 anni fa il Buddha aveva già fatto la stessa scoperta – estesa ad ogni fenomeno -, riassunta nei primi versi del Dhammpada:

Tutti gli elementi sono dominati,
costituiti e governati dalla mente.

In altri termini, siamo ciò che pensiamo e tutto ciò che siamo è prodotto dalla nostra mente. Ma questo ha un’enorme importanza per la nostra felicità. Perché i versi proseguono:

Se qualcuno parla o agisce
con mente oscurata,
sarà seguito dalla sofferenza
così come la ruota del carro
segue l’orma del bue che lo trascina.

E subito dopo ribadisce:

Tutti gli elementi sono dominati,
costituiti e dominati dalla mente.
Se qualcuno parla o agisce
con mente chiara,
sarà seguito dalla felicità
così come l’ombra che non si allontana mai.

Dunque, il fatto che ogni nostra esperienza sia determinata dallo stato della mente ci offre una preziosa opportunità per lavorare a nostro vantaggio, per favorire il nostro benessere. Curare la mente significa curare la nostra vera felicità.
Ma la felicità non scende dal cielo. Deriva dall’osservazione e dal controllo della mente.



sabato 15 ottobre 2016

La meditazione sul respiro

La meditazione di calma serve a stabilizzare la mente, che diventa sempre più chiara. Se ci si prende come oggetto il respiro o comunque la semplice presenza mentale, si raggiungerà uno stato di quiete in breve tempo. A tale scopo, possiamo approfondire o accentuare la respirazione fisica. A poco a poco, ci renderemo conto che il respiro non è qualcosa di separato da noi, ma è una parte di noi – è noi.
Il respiro è noi e noi siamo il respiro. La distanza tra soggetto (il meditante) e oggetto (il respiro) si accorcia.
A questo punto si può compiere il secondo passo. Analizzare, studiare, percepire, essere consapevoli che soggetto e oggetto sono prodotti della mente. È la mente che crea il soggetto e l’oggetto, ma i due non sono affatto separati. Il soggetto che medita e l’oggetto-respiro sono la stessa cosa.
Lo scopo di questa meditazione è fondere il soggetto meditante con l’oggetto meditato, cancellando la concettualità che tende a dividerli, a vederli come fenomeni separati.
Superando la concettualità, si accorcia la distanza tra i due scoprendo che la divisione/distinzione fra chi conosce e ciò che è conosciuto è proprio un prodotto della mente, che può conoscere solo distinguendo e contrapponendo.
Con questa meditazione compiamo il cammino inverso e possiamo farlo in qualunque momento della giornata.

In seguito, applicando lo stesso metodo, alternando cioè sintesi e analisi, possiamo giungere a vedere anche gli altri oggetti del mondo non come enti separati da noi, ma come un insieme che la mente spezzetta. In particolare i singoli enti ci appaiono come l’esito di un processo mentale di separazione. A poco a poco, dunque, la nostra visione si fa sempre più chiara e ritroviamo l’unità del tutto.

venerdì 14 ottobre 2016

L'assorbimento meditativo

Non devi comprendere la verità come comprendi una cosa o un problema. Ossia, tu sei qui e la verità è .
Devi assorbire la verità, devi essere assorto in essa. Cioè meditare.
La meditazione è assorbimento. Il soggetto si assorbe nell’oggetto, abbattendo la divisione/distinzione, annullando la distanza.
Un po’ come quando si fa l’amore: ci si immedesima con l’altro, ci si fonde. Fare l’amore con la verità delle cose: questa è la comprensione meditativa.

E, se questa verità è il nulla, è l’impermanenza, è l’assenza di un sé intrinseco, è il vuoto, allora tu sperimenti il vuoto, allora tu sperimenti il nulla – quel nulla originale da cui hanno origine le cose.

Liberarsi dal destino

Un terrorista siriano che voleva compiere un attentato in Germania e che è stato arrestato, ha trovato il modo di suicidarsi in carcere.
Questo era il suo karma, il suo destino: doveva uccidere qualcuno. E, non essendo riuscito ad uccidere qualcun altro, ha ucciso se stesso.
Era troppo ignorante, troppo condizionato, troppo eterodiretto, troppo incapace di meditare per liberarsi da questo destino.

Non c’è che un modo per liberarsi dai mille condizionamenti che ci comandano: esserne consapevoli.

giovedì 13 ottobre 2016

Uno sguardo profondo

In meditazione ci vuole uno sguardo profondo, radicale. Perché è dalla salute delle radici che si vede la salute dell’albero.

Il cambiamento e l'eterno

Quando pensiamo che nessuna cosa esiste in sé, ma che ogni cosa dipende dalle altre  e che quindi non ha un nucleo né solido né immutabile, potremmo provare un moto di ripulsa.
Ma non riflettiamo mai abbastanza sul fatto che, se le cose esistessero intrinsecamente, se avessero un nucleo immobile, niente potrebbe evolversi e cambiare.
Il divenire è possibile proprio perche tutti i fenomeni non esistono in sé, ma sono interdipendenti.
Se esistessero essenze fisse e durature, tutto sarebbe immobile, perché immodificabile.
Il creatore dev’essersi posto un bel dilemma. È meglio la rigidità cadaverica dell’eternità o una mutevolezza contrassegnata da nascita, crescita e morte?
Sappiamo che cosa ha scelto.
Ma noi l’abbiamo capito? Siamo pronti ad essere flessibili e, alla fine, a morire? Apprezziamo abbastanza l’impermanenza del tutto?
Non credo. Noi vorremmo un cambiamento eterno, vale a dire una contraddizione in termini.

Diceva Goethe: “La vita è l’invenzione più bella della natura e la morte è il suo artificio per avere molta vita”.

mercoledì 12 ottobre 2016

Superare l'ignoranza

C’è sempre una differenza tra ciò che pensiamo di essere e ciò che appariamo agli altri – talvolta si tratta di visioni antitetiche. Ma c’è anche una differenza tra ciò che pensiamo o sentiamo di essere e ciò che siamo.
Chi è in grado, però, di sapere chi siamo?
Nessuno sa chi siamo – neppure noi stessi.
Noi confondiamo certi nostri atteggiamenti ripetitivi con il nostro sé. Ma si tratta ancora di alcuni spiragli di un nucleo che continua a sfuggirci.
Dov’è il nucleo solido e immutabile del sé?
Ogni volta che lo cerchiamo, troviamo solo alcune ricorrenze, ma non qualcosa di solido e immutabile.
Questa è una scoperta che chiunque può fare. Più che un’essenza, c’è un’assenza. Non troviamo un’essenza concreta e permanente. Non troviamo un io che esista in sé e per sé.
Troviamo uno spazio vuoto e alcuni atteggiamenti ripetitivi. Nient’altro. “Quello sei tu!”
Conclusione non sorprendente dato che anche la scienza ci dice che al fondo delle cose non si trova nessuna materia solida, ma solo forze ed energie. I fenomeni non esistono in sé e per sé; esistono in rapporto ad altri fenomeni. E tutti interagiscono e cambiano di continuo.
Dobbiamo passare per la scoperta della scarsa consistenza e dell’impermanenza del sé se vogliamo liberarci delle convinzioni erronee e dell’ignoranza – un’ignoranza che porta non solo a visioni distorte e ad errori di valutazione, ma anche a sofferenze di ogni tipo.
La sofferenza nasce dall’ignoranza e può essere rimossa solo se si adotta la giusta prospettiva.


martedì 11 ottobre 2016

Il monoteismo

È impossibile che una religione monoteista sia aperta e tollerante. Lo aveva ben capito Schopenhauer quando scriveva: “L’intolleranza è l’essenza del monoteismo. Un dio unico è, per sua natura, un dio geloso, che non tollera nessun altro dio accanto a sé”.

Il paganesimo, con i suoi vari dei, che avevano parentele, storie personali, caratteri, templi e riti diversi, ci ricorda che l’ipotesi monoteista non è per niente confermata e appare probabilmente il prodotto di una mente totalitaria che, riducendo la molteplicità delle forze in gioco, crea in realtà la propria dittatura.

La divina commedia

Convincersi che il mondo sia una specie di spettacolo teatrale o di film serve ad impostare l’atteggiamento giusto per affrontare la vita.
Troppo spesso, infatti siamo convinti che l’esistenza sia una questione terribilmente seria, addirittura tragica, in cui ci giochiamo l’anima, l’eternità o la prossima vita. A questa idea ci spingono le religioni che inscenano la vita come un dramma.
Secondo il cristianesimo, per esempio, prima ci sarebbe stata la cacciata dell’uomo dal paradiso terrestre e poi lo stesso Dio avrebbe inscenato una specie di dramma sanguinario in cui il suo inviato sarebbe finito, dopo molte sofferenze, crocifisso.
Una storia tragica, un sacrificio, che avrebbe dovuto riconciliare Dio con gli uomini, ma che non ha risolto, come si può vedere, nessun problema.
Un po’ più di leggerezza non guasterebbe, tenendo conto che il mondo è un gioco di luci e di ombre, senza una vera sostanza. Ogni persona viene al mondo, fa un po’ di strepito, recita la sua parte e poi di colpo se ne va, subito sostituito da altri attori che faranno più o meno le stesse cose.
A guardare lassù, lo spettacolo dev’essere noioso.
Costruire per distruggere sembra l’opera di un bambino che edifica castelli di sabbia in riva al mare o di qualche commediografo che si diverte a far recitare per un po’ personaggi irreali ed evanescenti.
Non è quindi il caso di prendere troppo sul serio questo spettacolo, questo continuo avvicendarsi di nascite e di morti, questa continua presentazione di figurine che appaiono e scompaiono, questa continua sfilata di immagini e di suoni in rapido movimento.
Se consideriamo la vita in questo modo, ci sentiamo più leggeri e sollevati, più rilassati. Per quanto le cose siano serie, sono pur sempre apparenze illusorie.
Un sorriso ci libererà.


La potenza dell''illusione

Il tempo è un’illusione, d’accordo. Ma la forza dell’illusione non è cosa da poco: è ciò che tiene in piedi l’intero spettacolo dell’universo.

Non ci meravigliamo dunque che le coppie si  lascino: prima o poi, tutti si lasceranno – è solo una questione di tempo.

lunedì 10 ottobre 2016

La misericordia

Papa Francesco parla spesso di misericordia, per esempio verso i gay “buoni”, quelli che hanno subìto la loro condizione. Nello stesso tempo se la prende con i gay “cattivi”, quelli che diffondono la “teoria del gender” – un’invenzione della stessa Chiesa.
Ma siamo sempre lì: qualcuno va perseguitato e punito, qualcuno va compatito. E qualcuno si arroga il diritto di scegliere i poveretti verso cui elargire la misericordia.
Mai che si parli di diritti legittimi di essere ciò che si è.

Per il Papa e per la Chiesa cattolica non ci sono veri diritti umani: bisogna sempre piatire, pregare, ottenere favori, chiedere la carità e l’indulgenza, umiliarsi, inchinarsi e sperare nella benevolenza del Padrone.

Lo scudo protettivo

“L’uomo è infelice perché non sa di essere felice” scriveva lo psicologo Paul Watzlawick. Ma la verità è un po’ più complessa.
Siamo tutti toccati continuamente da felicità e infelicità, in un’alternanza incessante. Nessuno viene risparmiato dal dolore.
La difesa consiste nel crearci una visione in grado di godere delle cose belle, finché ci sono, e di assorbire gli inevitabili colpi della vita.
Questa visione deve basarsi su due punti: comprensione della caducità dell’esistenza (non illudersi di potere sfuggire alla sofferenza comune) e creazione di una capacità ammortizzatrice.
Da una parte è bene non attaccarsi alle fortune, alle soddisfazioni e alle gioie della vita (aspettandosi che vada avanti sempre così) e dall’altra parte non drammatizzare le sconfitte, le sfortune e le perdite. Dobbiamo aver ben chiaro che tutto si evolve, tutto cambia e che ogni cosa, dopo essere stata creata,viene disgregata.
Questo significa capire il turbinio vorticoso di vite e di morti e non legarsi a nulla, ben sapendo che tutto finirà.
Ciò che conta è in sostanza il nostro atteggiamento nei confronti della mutevolezza degli eventi, lo stato d’animo con cui li affrontiamo.
In tal senso, ognuno è padrone di se stesso e può mantenersi sereno o infelice a seconda dello scudo protettivo che si è creato.

Lo scudo protettivo è un giusto modo di pensare e di atteggiarsi.

domenica 9 ottobre 2016

Dopo il monoteismo

Dal politeismo siamo passati al monoteismo. E ora a che cosa passeremo?

Alla vera trascendenza. Che non è un idolo da venerare, ma qualcosa da superare.

Chi siamo?

Non possiamo sapere chi siamo, perché i confini dell’io sono indeterminati.
Ma possiamo sapere come siamo.

Ci saranno infatti tratti caratteristici che si ripeteranno con più frequenza. Su questi non possiamo sbagliarci.

I sacrifici

Le persone che si sacrificano e si mortificano perché pensano che, così facendo, saranno premiate da qualche Dio, non possono ottenere in questo mondo né pace né sollievo, ma aumentano la loro dose di sofferenza.
Praticare la meditazione significa al contrario perseguire stati di calma e di serenità, quindi in sostanza stati di benessere.

Non ci possono essere due vie più opposte.

L'espansione della mente

Se ti dico: “Concentrati sul tuo pollice sinistro!” non è difficile farlo. Ma se ti dico: “Non pensare al tuo pollice sinistro!” è più difficile perché inevitabilmente ci penserai. È dunque più difficile rilassarsi, lasciar andare, che concentrarsi.
In effetti, in questo caso, tendiamo a fare uno sforzo mentre dovremmo lasciar cadere ogni tensione.
D’altra parte rilassarsi è molto importante perché corrisponde ad un allargamento dei limiti dell’io. Quanto più mi rilasso, tanto più mi dimentico dell’io e dei suoi problemi.
La concentrazione, come indica la parola, è un restringimento dell’attenzione. E, ad essa, si contrappone il rilassamento con la sua consapevolezza più diffusa.
In meditazione dobbiamo sperimentare e alternare i due stati.
La meta ovviamente è l’allargamento dei limiti e l’espansione della mente, fino a oltrepassare il confinamento dell’ego nel suo stretto spazio.


sabato 8 ottobre 2016

Matrix

Qualcuno sostiene che siamo ologrammi creati da un potente computer, personaggi di un videogame.
Non è una novità. I saggi antichi ci dicevano che siamo involucri vuoti, sogni, immagini, fantasmi, automi, attori e così via. Il Buddhismo parlava addirittura di non-sé.
Ma il problema è come fare a uscire da questo stato di inconsistenza e di evanescenza.
Dobbiamo rendercene conto. Infatti, finché pensiamo di essere reali, non ne usciamo. E rafforziamo l’illusione.
Solo la presa di coscienza del nostro stato, ci permetterà di fare il primo passo.
Dobbiamo passare da essere individui eterodiretti e condizionati ad essere individui che creano se stessi.

La strada è rafforzare sempre di più la nostra consapevolezza.

Crearsi un proprio spazio

Non si tratta solo di avere uno spazio esterno, per esempio una casa o una camera in cui abitare liberi, lontani dagli occhi e dalle interferenze altrui, ma anche di avere un proprio spazio interiore, qualcosa in cui poter essere se stessi, senza obblighi sociali. Perché, purtroppo, gli esseri umani si portano i condizionamenti sociali anche dentro di loro.
Crearsi un proprio spazio è una delle funzioni della meditazione. Là io sono me stesso e nessun altro ci può entrare. È una specie di camera interiore in cui rifugiarsi e rafforzarsi, prima di ritornare nell’agone sociale che ci vuole fagocitare e ridurre ad automi.


venerdì 7 ottobre 2016

Alchimia

Il loto nasce dal fango, così come il diamante nasce dal carbone: trasmutazione di elementi grossolani in sostanze pregiate.

Questo dovrebbe essere anche il nostro percorso.