Ognuno di noi si sente di essere un
individuo, una determinata persona, e questa “sensazione” fondamentale occupa
l’intera scena della nostra coscienza – portando spesso con sé un senso di
sofferenza o di disagio. I confini dell’io, infatti, sono contrassegnati per lo
più da malessere. In sostanza, siamo tanto più coscienti di essere quanto più
ci sentiamo male o anche solo tesi. Essere è spesso mal-essere.
Ora proviamo a fare un passo indietro –
cerchiamo cioè di renderci conto di questa sensazione di essere. Come ci
sentiamo? Qual è la sensazione che ci domina?
E qual è la mente che ne è consapevole?
Nel far questo, ci spostiamo in una spazialità più vasta e più profonda.
È come passare dalla visione di un film
alla visione del proiettore.
Questo significa fare un passo indietro
dalla visione dell’io alla visione del sé.
Il sé è colui che osserva, il testimone.
E, a differenza dell’io, è distaccato dalle sensazioni che questo ultimo prova.
Eseguiamo questo esercizio di
spostamento varie volte nel corso della giornata, in modo da essere consapevoli
di come ci “sentiamo essere”, del nostro stato d’animo di base.
Lo scopo è posizionarci in una
condizione di calma e di trasparenza. Mentre l’io è sempre coinvolto, e prova
sentimenti che vanno dal piacere alla sofferenza, la nuova posizione ci
permette di guardare questi sentimenti con distacco, come se appartenessero ad
un film che viviamo ma che è solo una rappresentazione, un’illusione, un sogno,
uno spettacolo illusionistico.
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