domenica 7 febbraio 2016

Il ruolo dell'osservazione

Non è detto che la comprensione debba avvenire tutta d’un colpo, come nella classica illuminazione della mitologia orientale. È più probabile che avvenga gradualmente, a poco a poco, giorno dopo giorno, vita dopo vita.
È il percorso della vita-morte che dovrebbe portarci a comprendere sempre di più. Che cosa?
Che il mondo è un’illusione. Che è come una proiezione cinematografica di luci, ombre, suoni, colori, parole, pensieri, stati d’animo, eventi, tragedie, commedie, ecc.
Niente di tutto questo è duraturo, niente è reale, tanto meno il senso confuso e ansioso dell’io personale, che è sempre instabile e doloroso. L’unica cosa che esista è la vastità dell’essere, da cui e in cui tutto viene proiettato, come in un film.
Non ha senso dunque identificarci con la mente-corpo-io, ma con questo senso dell’essere, impersonale e sconfinato: il sé, la consapevolezza universale. Questa è la natura ultima della realtà.

Una natura ultima con cui possiamo identificarci già da adesso, staccandoci con l’osservazione dalle peripezie dell’io.

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