lunedì 22 febbraio 2016

La religione dei sacrifici

La prima religione dell’umanità è stata quella dei sacrifici. Si pensava che a Dio o agli dei piacessero i sacrifici di animali e talvolta di uomini.
Ai tempi di Gesù, per esempio, i fedeli ebrei si recavano nel Tempio di Gerusalemme, compravano dai mercanti un animale (una colomba, un gallo, una capra, un coniglio, un maiale, ecc.) e lo facevano sgozzare ritualmente dai sacerdoti.
Si credeva che Dio apprezzasse queste vittime perché si trattava in realtà di vite immolate, vite che venivano restituite al loro Padrone. La stessa cosa avveniva nei templi pagani o in quelli dell’Oriente. Anche in India la religione dei brahmani era basata su analoghi sacrifici.
Era uno scambio commerciale: tu, Dio (il Grande Pastore), mi dai qualcosa se io ti dono qualcos’altro a cui tieni tanto e a cui tengo tanto (magari un figlio).
Questo facevano i sacerdoti per conto terzi. Tant’è vero che le parole sacro, sacrificio e sacerdote hanno la stessa etimologia.
Naturalmente, i beneficiari finali delle carni sacrificate erano gli stessi sacerdoti, che così si nutrivano e le rivendevano. Questo spiega, tra l’altro, la facilità con cui i sacerdoti si appropriano, ancora oggi, delle offerte dei fedeli.
A poco a poco, con l’evoluzione dell’economia, ci si rese conto che gli animali potevano essere sostituiti da denaro e altre ricchezze, perché queste erano diventate le cose più care agli uomini. E così chi era più ricco e poteva fare grandi offerte a Dio, era convinto di poter ottenere grandi grazie dal Signore. Non a caso, nei Vangeli, Dio viene paragonato ad un banchiere; e non a caso la religione prevalente, oggi, è quella delle banche. Siamo passati dai sacrifici di animali ai sacrifici dei patrimoni. E le Chiese, in nome del Dio Banchiere, hanno accumulato sempre più ricchezze.
Insomma è cambiato poco. Chi chiede un favore a Dio, pensa di dovergli sacrificare qualcosa di prezioso. E chi sacrifica qualche piacere, magari la propria felicità o qualcosa cui tiene tanto, pensa ancora di fare uno scambio commerciale.
A dir la verità, Gesù e altri profeti (per esempio, Osea) cercarono di far capire che Dio non gradiva tanto i sacrifici quanto le opere di carità e di misericordia. Ma da quell’orecchio gli uomini ci sentivano poco e, in ogni caso, si trattava ancora di sacrifici di denaro o di tempo.

Disdetta suprema è che nella messa quotidiana dei cristiani si ripete ancora oggi che il Cristo si è sacrificato o è stato sacrificato per la remissione dei peccati di tutti. Gesù, che non voleva una religione dei sacrifici, è diventato la vittima sacrificale per antonomasia.

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