venerdì 21 novembre 2014

Simonia nella Chiesa


Un tempo il trarre denaro dalle cose e dalle funzioni sacre si chiamava simonia – ed è inutile dire che era molto diffusa.
Oggi Papa Francesco ricorda che non si possono imporre tariffe per i sacramenti. E, se lo dice lui, vuol dire che i preziari nelle chiese sono ancora ben presenti. Ma che dire delle attività finanziarie della Banca del Vaticano, dei compensi dovuti alla Sacra Rota, dei soldi guadagnati dagli esercizi commerciali “religiosi” (esentati ovviamente da qualunque tassa), dell’immenso patrimonio immobiliare, degli alberghi gestiti da suore, delle cliniche private, eccetera, eccetera? E non parleremo nemmeno dello scandalo della vendita delle indulgenze, che sotto altre forme continua anche oggi.
Questa non è più simonia, ma puro e semplice sfruttamento economico della religione.
In realtà, l’intera Chiesa trae profitto dalle sue attività. I preti, per esempio, hanno uno stipendio, una mutua, una pensione, eccetera. Ora, è giusto che ognuno abbia di che sostentarsi dal suo lavoro. Ma non a spese dello Stato.

Invece, oggi la Chiesa italiana e i suoi insegnanti di religione sono sostanzialmente a carico non dei loro fedeli, ma di tutti i cittadini, con tasse che gravano su un paese già oppresso da mille balzelli.
Se il Papa vuol fare una cosa utile, dovrebbe dire: "Da oggi in poi ci manteniamo da soli!" - come si conviene d'altra parte a qualunque persona e istituzione dotata di dignità.

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