Quando ci si meraviglia, nel
vero senso della parola, perché per esempio ci si trova di fronte ad un
panorama, una persona, uno spettacolo, un’opera d’arte, ecc., non capiamo che
cosa ci è successo. Abbiamo vissuto uno stato di rapimento, ci siamo
dimenticati per un po’ del nostro io e dei nostri pensieri abituali.
Questo senso di meraviglia
gioiosa è legato alle esperienze di satori e di samadhi. È una specie di trance
che ci trasporta altrove e ci fa uscire da noi stessi.
Succede anche nell’amore.
Il problema è che noi vorremmo ripetere l’esperienza. Ma
più la inseguiamo, più si allontana.
Il fatto è che, se parliamo
di una simile esperienza, e cerchiamo di esprimerla, comunicarla o “comprenderla”
noi stessi, dobbiamo usare parole e concetti che la tradiscono.
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