L’intero nostro io è strutturato sulla
paura della morte. Poiché abbiamo il terrore di morire, sviluppiamo varie
attività per sfuggire a questa sensazione che ci dà il panico. Fuggiamo, ci
allontaniamo, ci separiamo da noi stessi e, soprattutto, ci mettiamo in
attività – attività di evitamento, sia fisico sia mentale.
Pensiamo che la morte sia estranea al
processo vitale, un nemico da combattere e da cancellare. Non è così che si
esprime per esempio san Paolo: “L’ultimo nemico da sconfiggere sarà la morte”?
Dalla paura della morte nasce un
movimento di fuga diretto dall’interno all’esterno. Quindi, per fronteggiarla,
dobbiamo compiere il cammino inverso: dall’esterno all’interno… fino a rimanere
nel centro di questo terrore. Affrontiamo la paura rimanendo immobili in essa,
anziché metterci come al solito a scappare.
Riconciliarci con la morte significa
riconciliarci con la vita, lasciar cadere la tensione, la febbre della vita. E
risvegliarci alla realtà.
La morte non è contrapposta alla vita. I
due poli sono la nascita e la morte. E, in mezzo, prima e dopo… è tutta vita.
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