domenica 23 novembre 2014

La parola "Dio"


Non sono contrario all’uso della parola “Dio”, purché la si intenda bene e, soprattutto, non la si colleghi a qualche religione.
La parola “Dio” è stata talmente sputtanata dalle grandi religioni storiche, è stata talmente sfruttata per promuovere guerre, persecuzioni, divisioni, odi, autoritarismi, proselitismi, potere e guadagni che, oggi, chi è consapevole di tutto ciò si vergogna ad usarla.
Credere o non credere in Dio non significa niente finché non si precisa a quale immagine di Dio ci si riferisca.
Qualcuno può dire di essere ateo ed essere molto più religioso di tanti preti. E qualcun altro può dire di credere in Dio ed essere un individuo profondamente empio.
Se per Dio intendiamo ciò che è infinito ed eterno, ciò che lega le cose (da cui il termine “religione”), il tutto, l’insieme, l’uno, niente da eccepire. Ma guai a volerlo definire con le nostre categorie e soprattutto con i nostri interessi. Guai a colui che dice: “Io so che cos’è Dio e che cosa vuole per noi”. Guai a colui che afferma che Dio ha voluto fondare una religione (la sua, ovviamente) o inviare profeti, salvatori, figli o nipoti (ridicolo).
Non possiamo neppure sostenere che Dio sia solo bene e amore, perché nella Totalità c’è proprio di tutto, compreso il male e l’odio.
Non appena diciamo che Dio vuole il nostro bene come un buon padre (antropoformismo), ecco che pensiamo ai bambini che nascono minorati o alle persone (magari buone, magari senza colpa) che vengono colpite da terribili malattie. Chi avrebbe creato il male? Un anti-dio, Satana? Sciocchezze infantili (manicheismo).
Gli orientali se la cavano sostenendo che esiste un karma: spiegazione logica, ma che non chiarisce quando e perché nasca questo accumulo di meriti e di demeriti.
In realtà, in Dio convivono tutti gli opposti, tutte le contraddizioni (coincidentia oppositorum). E, quindi, l’unica cosa che riusciamo a capire è che Dio è al di là dei nostri concetti di bene e di male, di giusto e di ingiusto, di inizio e di fine.
È la mente umana che applica le sue categorie di bene e di male, di giusto e di ingiusto, di fine e di principio, di nascita e di morte. Perché ha una struttura dualistica, perché, per conoscere, deve dividere e contrapporre.
Allora, prima di parlare di Dio, dobbiamo analizzare i nostri strumenti conoscitivi - e scoprire che sono inadatti, troppo limitati, incapaci di cogliere l’unità degli opposti e del tutto. La verità è che di Dio non possiamo dire proprio niente e che le nostre teologie valgono poco – pretese di un bambino che vorrebbe parlare da adulto.
Ecco perché dobbiamo svuotare la mente da ogni concetto, da ogni immagine antropomorfa (Dio non è umano, lo diceva già il taoismo), da ogni moralismo, da ogni volontà di aver ragione.
Solo dopo aver fatto il vuoto mentale, il vuoto dei nostri concetti e dei nostri pregiudizi, possiamo cogliere un barlume di luce.

Come diceva William Blake, “se le porte della percezione fossero purificate, tutto apparirebbe all’uomo così com’è: infinito.”

1 commento:

  1. Il punto è proprio questo: qual'è la definizione di Dio?
    Forse ci sono 6 miliardi di Dio....

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