venerdì 14 novembre 2014

Padroni di noi stessi?

Ci illudiamo di essere padroni di noi stessi.
Già quando diciamo “io respiro” o “io digerisco” affermiamo qualcosa di falso. Il respiro o la digestione non dipendono dalla nostra volontà. Non sono “io” che respiro o digerisco, ma è il mio corpo che funziona da solo.
Ma anche per molte funzioni psichiche avviene lo stesso. Per esempio possiamo dire “io penso” solo quando ci applichiamo ad un problema specifico. Per tutto il resto del tempo, i pensieri vanno e vengono quasi senza controllo, in automatico. E lo stesso avviene per le sensazioni, i pensieri e i vari stati d’animo. Non siamo noi che li produciamo: si producono in noi.
In realtà siamo come un teatro in cui gran parte degli avvenimenti avvengono ad opera di attori che non conosciamo, anche quando sono parti di noi. Insomma, più che vivere, siamo vissuti.
Tutto ci è stato dato senza che il nostro io abbia scelto niente: né il corpo, né il cervello, né il destino. L’io si appropria di eredità, funzioni e vicende che non gli sono affatto proprie. È la non conoscenza delle cose che ci fa credere che tutto questo sia nostro o sia voluto dal nostro io. Ma, alla fine, la morte ci dice la verità: abbiamo indossato vesti, forme e identità del tutto provvisorie e decise altrove, nella notte dei tempi, nell’infinito.
Solo quando ci poniamo il problema e incominciamo a rifletterci, ci rendiamo conto di quanto poco siamo padroni di noi stessi, di quanto ereditiamo, di quanto ci viene dato in prestito, di quanto poco siamo consistenti e reali. Fantasmi, siamo.
La nostra stessa consapevolezza ci appare come una barchetta sballottata dalle onde di un oceano sconfinato. Ma è l’unica cosa cui possiamo affidarci.


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