lunedì 5 gennaio 2015

Amore e attaccamento

All’inizio le nostre relazioni affettive sono un misto di questi due sentimenti, e noi li confondiamo. L’amore è ambiguo: può essere l’espressione di una grande virtù o di un grande egoismo. Il problema è che abbiamo un’unica parola per indicare stati d’animo ben differenti. Nel buddhismo per esempio non si parla di amore ma di benevolenza. Che cos’è la benevolenza? È desiderare il bene dell’altro.
Il nostro amore, invece, è tutto centrato sul nostro benessere, sulla nostra felicità. È questo che indica il nostro attaccamento.
Desiderare il bene di un altro è diverso dal desiderare il proprio. Il primo è vero amore, il secondo è egoismo. Come potrebbe una persona che ama veramente uccidere o punire l’altro quando l’altro lo tradisce e lo abbandona? È chiaro che qui è in azione l’attaccamento egoistico, non l’amore.
Fate questa prova. Non è difficile desiderare il benessere per una persona cara, ma provate a immaginare che vi lasci. Come reagireste? Desiderereste ancora il suo bene o le augurereste un accidente?
Eppure, se si vuol superare l’attaccamento, bisogna seguire questa via. Potreste pensare che l’altro possa avere una vita autonoma e felice senza di voi? Un genitore dovrebbe farlo (non tutti; qualcuno è così egoista che vorrebbe che i figli non si staccassero mai da lui). Ma un amante?

Eppure è questa la dimostrazione finale del vero amore, depurato dell’attaccamento. 

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