Lo scopo della
pratica non può essere uno stato temporaneo di piacevolezza o di sollievo, ma
uno stato di quiete durevole, che possa continuare oltre al tempo che
dedichiamo alla meditazione, che possa resistere alle vicende negative della
vita e che possa proseguire fino al momento della morte e oltre.
Questo non è più
un semplice sollievo, ma una vera liberazione.
Se cercassimo
solo uno stato alterato di coscienza (che duri mezz’ora, un’ora o un giorno),
basterebbe una droga. No, noi cerchiamo una trasformazione irreversibile,
permanente e profonda.
Uno stato
alterato di coscienza è qualcosa di temporaneo o di artificiale,
un’oscillazione. Invece, lo stato di quiescenza che noi cerchiamo è il
fondamento stesso della coscienza, è la coscienza perfettamente naturale e
incontaminata, che non si fa turbare dalle circostanze della vita, è il punto
di equilibrio. È questa che ritroveremo al momento della morte.
Gli stimoli
esterni che ci vogliono turbare, che ci fanno uscire dal nostro equilibrio di
base, sono innumerevoli - le infinite preoccupazioni della vita. Ma esiste una
coscienza essenziale che non si fa toccare. Bisogna trovarla dentro di noi,
coltivarla, estenderla e riuscire a conservarla sempre. Questo è uno degli
scopi benemeriti della meditazione.
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