sabato 24 gennaio 2015

Distanze da colmare: preghiera e meditazione

L’unica preghiera che Gesù consigli è quella del “Padre nostro,” che incomincia così: “Padre nostro che sei nei cieli…” Questa espressione “nei cieli” e l’idea stessa di “Padre” creano una distanza fra l’uomo e Dio e fanno credere che Dio stia in qualche posto speciale, lassù in alto. Dunque, chi prega si pone nella condizione di un uomo che prega un altro essere, distinto da lui.
Nella meditazione è il contrario. Per esempio, il Buddha dice: “Prendete rifugio nel sé, prendete rifugio nel dharma, non prendete rifugio in null’altro. Ora, il sé non è una divinità posta “nei cieli”, ma il nostro essere più profondo.
Nella preghiera, dunque, si prega un’altra “persona” perché esaudisca i nostri desideri; e si cerca di colmare una distanza, che in realtà non potrà mai essere colmata, perché Dio resta il Padre, mentre tu rimani, se va bene, un figlio.

Nella meditazione, il sé non è un’altra persona, ma quella parte universale di te che si trova dentro di te. Qui non c’è da colmare una distanza fra persone diverse, tra un “io” e un “altro”, ma tra un io e se stesso. Qui c’è da cancellare una separazione costruita all’interno dello stesso essere.

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