venerdì 28 febbraio 2025

Gene Hackman

Ho visto Gene Hackman com'era ridotto a 95 anni. Un rottame.

Se ha deciso di farla finita , ha fatto bene. 

Vedete cosa contano i soldi e il successo, quando arriva la morte. A che pro prolungate un' agonia?

Ti aiutano i figli? Ti aiuta dio?

Quando la vita è andata, è andata. Non serve a nulla resistere come eroici soldati del nulla.

Il bullo americano

Abbiamo visto come si comporta un bullo. Il bullo è  prepotente con i deboli e si accorda con gli altri bulli, indipendentemente dalle ragioni e da ogni senso etico. 

Di chi sto parlando? Di Trump, di Putin e della vittima Zelensky. Due bulli che vogliono sottomettere il debole.

A Trump non importa niente dell' Ucraina e dell' Europa, e non distingue tra aggressore e aggredito. A lui interessano solo i soldi e i suoi interessi. 

Del resto, come vorrebbe fare speculazioni edilizie sulle tombe dei palestinesi, così vorrebbe fare soldi sui cadaveri dei soldati ucraini. 

Non gliene importa niente delle vittime e di chi ha ragione o torto. L' importante è arricchirsi. Venderebbe anche la madre.

Quest' uomo, come Attila, è un vero "flagello di dio"... se ci fosse un dio. 
Visto nel suo litigio con Zelensky, è apparso come un elefante (simbolo del suo partito conservatore) che schiaccia un topolino. Un odio feroce, una chiara antipatia, nessuna sensibilità per un popolo che combatte da tre anni contro lo strapotere russo e che ha già milioni di morti, nessuna umanità, nessuna gentilezza, nessun rispetto, nessun garbo, nessuna empatia, nessuna compassione. Le stesse idee di Putin. Lui e il suo vice Vance, un altro che è "fuori di testa" e che è già venuto in Europa a dirci che non siamo abbastanza democratici!

E' quanto di peggio potesse capitare in questo momento storico. Uomini negativi, senza misura e senza senso morale. Volgari mercanti di morte. Una disgrazia cosmica.

Perdersi di vista

Noi non siamo in nostri pensieri: questo arriviamo a capirlo se solo facciamo un po'  di meditazione. I pensieri ci accadono, passano sul nostro schermo indotti da chissà che cosa. Noi non siamo i nostri pensieri, le nostre emozioni. Anche loro ci accadono indotte da un inestricabile intreccio di eventi. Non siamo neppure le nostre percezioni che ci accadono da tutto ciò che tocchiamo.

Ma allora chi siamo? Siamo chi sente e sperimenta tutto questo. E chi è?

È esattamente cio che siamo. Solo che non possiamo pensarlo, definirlo, categorizzarlo, inquadrarlo. Perché sarà sempre "colui che" percepisce tutto questo.

Ci precederà sempre. 

Però ci identifichiamo con pensieri, sentimenti, emozioni, percezioni... È la vita. 

La vita è identificarsi. Ma, identificandoci, ci restringiamo e ci perdiamo.

La vita è proprio questo: perdersi di vista. In fondo è un gioco a nascondino. 'Ciò che'  perde se stesso pensando e percependo. E poi ritrova se stesso non pensando e non percependo. 

Finché verrà la morte in cui non potremo più pensare e percepire. E allora scopriremo che era stato un gioco.

Questa è una verità incontestabili. Tutto è un' interpretazione e a ben vedere un' illusione, un gioco di luci e di ombre. 

Detto questo,  anche se viviamo in uno spettacolo di ombre, ci sono pur sempre delle regole. 

Anche in un film ci sono regole, sia per la trama sia per i movimenti del proiettore. 

Voglio dire che non siamo spettatori passivi. Questa è la differenza tra il cinema e la vita. Che nella vita un certo gioco c' è. E si chiama "scienza". 

La scienza studia le regole con cui si muovono le ombre. Perché le regole ci sono. Altrimenti sarebbe uno spettacolo caotico. E invece lo spettacolo ha una logica.

Con questo,  passo dalla filosofia alla scienza.

Tra inganno e realtà

 Il fatto che i film si debbano vedere al buio, in una stanza oscurata o in cinema dove si spengono le luci, ci dice tutto sulla loro operatività allucinatoria, sul fatto che sia un' illusione. 

Non vediamo qualcosa di reale, ma immagini di realtà recitata . Insomma un inganno. 

Almeno, quando guardiamo la televisione in diretta, sappiamo che si tratta di immagini cui corrispondono scene reali da qualche parte. Ma al cinema sappiamo che è un inganno  - un inganno cui prestiamo collaborazione e consenso. Vogliamo essere ingannati.

Ma nella cosiddetta " realtà" siamo convinti che tutto sia vero, che "di là", all' esterno, i nostri sensi e il nostro cervello-mente ci riportino ciò che accade veramente. Ma non è così. I sensi e il cervello sono meccanismi di traduzione e interpretazione.

Ci deve essere ovviamente una certa corrispondenza, altrimenti non ci saremmo evoluti. Ma, quanto all' esattezza e alla precisione, è un' altra questione. Oltretutto la nostra realtà prevede un livello invisibile.


 

La lotta tra cellule: il cancro

 Pubblico questo bellissimo articolo sul cancro perché mette in evidenza come anche tra le nostre cellule funziona quel meccanismo evolutivo tra collaborazione e competizione, tra armonia e disarmonia, tra amicizia e tradimento, tra concordia e discordia, che è attivo in tutto l'universo - un luogo dove  non c'è mai pace. Questo tipo di dialettica è presente dalle particelle elementari (che lottano per affermarsi) alle formazioni cosmiche, dove le stelle, le galassie e i buchi neri fanno a gara o per trovare un equilibrio di convivenza o per divorarsi a vicenda. E' un meccanismo evolutivo che dice che tutto si trasforma - con le buone o con le cattive. La visione evolutiva è una visione di attrazione e repulsione, di amore e di odio, di cose che si uniscono e di cose che si dividono, di guerre o di alleanze, di egoismo e di altruismo, di prede e di vittime - proprio come nel mondo interiore o nella nostra società. 

Amore e odio come Yang e Yin, gli antichi simboli del dualismo universale. L' uno non può l esistere senza l' altro

Il cancro, mi diceva qualcuno, può essere visto anche come una ribellione di alcune cellule che vogliono rendersi immortali - uccidendo però l'organismo che le contiene - e alla fine anche uccidere se stesse. Un po' come certi parassiti delle piante che, per moltiplicarsi, finiscono per soffocare l'organismo ospite. In fondo, si tratterebbe di essere più intelligenti e di trasformare la guerra distruttiva tra attaccante e attaccato in una saggia competizione-collaborazione utile a tutt'e due. 



Sofia Belardinelli è dottoressa di ricerca in etica ambientale all’università “Federico II” di Napoli. È Contributing Author e Research Fellow per il settimo Global Environment Outlook dell’UNEP. Attualmente, è ricercatrice post-dottorale per il National Biodiversity Future Centre all’università di Padova. È giornalista scientifica e collabora con diverse testate, tra cui Il Bo Live, Micromega, Il Corriere della Sera e Il Tascabile. Si occupa di temi quali crisi ambientale, biodiversità e giustizia ambientale, ma anche di questioni sociali e di attualità.

C’è, in Arizona, un giardino dal nome ammaliante: Endless forms most beautiful (“Infinite forme bellissime”) – che riprende il finale di L’origine delle specie, il grande capolavoro di Charles Darwin, pubblicato per la prima volta nel 1859. Non è un giardino qualsiasi: è un giardino sul cancro. Racconta la sua natura evolutiva, il suo legame indissolubile con ogni forma di vita. Questo giardino è infatti popolato da piante particolari: i cactus crestati, un esempio lampante dell’ubiquità delle formazioni tumorali nel lussureggiante albero della vita. I cactus, come molte altre piante, sono noti per la facilità con cui sviluppano “crestazioni” o “fasciazioni”, cioè formazioni anomale che crescono alla loro sommità: “creste” di una certa bellezza, che tuttavia non sono altro che tumori, ammassi di cellule che si sono riprodotte in modo incontrollato producendo tali formazioni aggiuntive, la cui presenza può incidere sulla salute della pianta stessa.

Il giardino fa parte del progetto ArtSci dell’Arizona cancer evolution center e ha lo scopo di testimoniare la presenza ubiqua del cancro in tutte le forme di vita, fin dalle origini della pluricellularità. Il cancro è onnipresente nel mondo vivente, e sembra essere un ineluttabile effetto collaterale del grande salto di qualità compiuto dalla vita più di un miliardo di anni fa (anche se pare che la vita pluricellulare si sia evoluta indipendentemente diverse volte). D’altro canto, i cactus e le loro fasciazioni sono interessanti anche per un altro motivo. Questi tumori, infatti, non uccidono l’organismo a spese del quale crescono; al contrario, nella maggior parte dei casi la pianta sopravvive, tollerando la formazione tumorale.

Sebbene la scarsa aggressività dei tumori delle piante sia dovuta a caratteristiche legate alla specifica fisiologia di questo gruppo tassonomico, tale peculiarità suggerisce una prospettiva stimolante: consente di immaginare un futuro in cui il cancro, anche negli esseri umani, non sia più una malattia acuta, letale e dai meccanismi un po’ misteriosi, ma una condizione gestibile e cronica. Questo giardino di “infinite forme bellissime” vuole stimolare la riflessione sul cancro non tanto in quanto malattia – esperienza di vita purtroppo molto diffusa – ma principalmente come problema scientifico, sull’origine e i meccanismi del quale ci si può interrogare, e che si può esplorare alla ricerca di nuove soluzioni.

Il tumore: tradimento della cooperazione
Come la citazione darwiniana suggerisce, la chiave di volta di questo particolare approccio alla ricerca sul cancro è proprio l’inclusione della teoria dell’evoluzione, spesso assente negli studi di medicina. Affrontare problemi sanitari attraverso la lente dell’evoluzione può sembrare superfluo, o addirittura controproducente: come potrebbe un approccio lento e teorico risultare utile in una dimensione nella quale la celerità regna sovrana, in cui si lotta costantemente contro il tempo per strappare i pazienti alla malattia e alla morte?

Il cancro non è un’entità esterna, ma una conseguenza naturale del nostro essere organismi pluricellulari, frutto di continui compromessi tra cooperazione e conflitto tra i miliardi di cellule che ci compongono.

Nel caso del cancro, però, adottare un approccio evoluzionistico, cercando di comprendere le ragioni profonde del suo emergere negli organismi viventi, potrebbe non essere così futile, e potrebbe addirittura risultare confortante per chi sta facendo i conti con questa malattia. Questo punto di vista mostra come il cancro non sia un’entità esterna, un nemico da combattere, ma una conseguenza naturale del nostro essere organismi pluricellulari, frutto di continui compromessi tra cooperazione e conflitto tra i miliardi di cellule che ci compongono.

“In parte, intendiamo questo giardino come la rappresentazione di questo nuovo approccio al cancro [la terapia adattiva, di cui diremo più avanti, N.d.A.]: vivere con il cancro come una normale componente della vita, potandolo ogni tanto e gestendolo in modo responsabile”, spiegano Pamela Winfrey, Caspian Robertson, Carlo Maley e Athena Aktipis, ideatori e curatori del progetto, in un articolo sull’origine e lo sviluppo della loro idea. Proprio Athena Aktipis, biologa evoluzionista esperta in teorie della cooperazione e docente all’Arizona State University, è autrice di un saggio, uscito in Italia con il titolo Secondo natura. Come l’evoluzione ci aiuta a ripensare il cancro, nel quale offre una panoramica delle più recenti ricerche su questo spostamento di paradigma.

Un approccio evoluzionistico può aiutare a comprendere le dinamiche e le ragioni evolutive che rendono possibile lo sviluppo di un tumore. A cambiare è innanzitutto la definizione di cosa il cancro sia: una sospensione della cooperazione tra cellule, un tradimento di alcuni membri della comunità nei confronti del proprio gruppo, e un ritorno a comportamenti che potremmo interpretare come ancestrali. Possiamo immaginare che proprio questi comportamenti fossero la norma in un mondo “egoista”, antecedente al momento in cui la cooperazione prevalse come strategia vincente per la vita e la pluricellularità si affermò.

A rendere possibile questo “tradimento cellulare”, come lo definisce Aktipis, è una duplicità insita nella natura stessa degli organismi pluricellulari: le cellule che costituiscono l’organismo sono al tempo stesso parte di un’unica entità, riconoscibile come individuo, e unità a sé stanti, che hanno “scelto” di rinunciare a un benessere individuale immediato per ricevere maggiori benefici attraverso l’appartenenza al gruppo e l’adesione alle sue regole. Nel caso del tumore, questa dinamica si ribalta: la cellula tumorale tradisce il patto sociale della cooperazione e sfrutta i benefici dello stare in comunità senza contribuire al suo mantenimento. In questo modo risulta dannosa per l’insieme – l’organismo di cui fa parte – ma massimizza, almeno nel breve termine, il proprio successo adattativo.

Competizione e cooperazione a diversi livelli
Quella di guardare al cancro attraverso una lente evolutiva non è un’idea nuova: già negli anni Cinquanta del Novecento la biologia del cancro si era orientata verso questo approccio, che è però stato accantonato fino all’inizio del nuovo millennio. E quando il dibattito specifico sulla biologia del cancro è ripreso, si è incagliato nelle stesse domande e nelle stesse posizioni già delineatesi su più larga scala nella biologia evoluzionistica: una contrapposizione tra la visione neodarwiniana dell’evoluzione, incentrata su variazione genetica (e, più recentemente, epigenetica) e selezione naturale, e la prospettiva della cosiddetta “sintesi estesa”, che include nella spiegazione evoluzionistica processi di variazione e selezione non genetici, come la plasticità fenotipica, e meccanismi di “spinta” dell’evoluzione diversi dalla competizione.

La sintesi estesa integra nella teoria evolutiva un approccio relazionale ed ecologico, che pone attenzione alle costanti e profonde interazioni sia tra gli organismi, che tra questi e i loro ambienti.

La visione gene-centrica dell’evoluzione è senz’altro valida, ma, affermano i suoi critici, parziale, dal momento che non riconosce l’importanza di fattori evolutivi come la cooperazione – fenomeno che è invece ubiquo nel mondo della vita – e la sostanziale interdipendenza tra i viventi a tutti i livelli, dal microscopico al macroevolutivo. La sintesi estesa, invece, integra nella teoria evolutiva un approccio relazionale ed ecologico, che pone attenzione alle costanti e profonde interazioni sia tra gli organismi, sia tra questi e i loro ambienti. Nel libro di Aktipis e, più in generale, nell’approccio teorico allo studio del cancro di cui la studiosa si fa portavoce, un elemento di questa visione estesa assume particolare centralità: il concetto di cooperazione. Come abbiamo visto, in quest’ottica il cancro è visto essenzialmente come una rottura dell’accordo di cooperazione che rende possibile l’esistenza di organismi pluricellulari dall’estrema complessità strutturale.

Ma, allora, sorge spontanea la domanda sul perché l’evoluzione renda possibile l’esistenza del cancro, fenomeno che, essendo onnipresente in natura, non può essere semplicemente sfuggito alla selezione; al contrario, a un certo punto della storia della vita, potrebbe aver apportato qualche vantaggio alla vita stessa. Ebbene, la risposta fornita da Aktipis è che il cancro sia l’effetto collaterale (o, talvolta, il prodotto inevitabile) del continuo compromesso tra competizione e cooperazione che si esplica a ogni livello della vita: tra le cellule, tra organismi e tra popolazioni. In un organismo cooperativo, questo compromesso è difficile da mantenere: non solo durante le fasi iniziali dello sviluppo, ma per tutta la vita l’organismo ha bisogno che le “sue” cellule agiscano e si riproducano per portare avanti la vitalità dell’insieme. È essenziale, però, che questa attività venga limitata affinché non insorgano conflitti tra gli interessi contrapposti dei singoli e della comunità. Insomma, come in qualsiasi società paritaria, anche a livello cellulare vale – o dovrebbe valere – il principio secondo cui “la libertà di un individuo finisce dove inizia la libertà dell’altro”.

Nel corso dell’evoluzione, gli organismi pluricellulari hanno sviluppato una varietà di strategie di contenimento e controllo del comportamento egoista che potrebbe emergere a livello cellulare. Alcuni geni, ad esempio, sono noti per la loro funzione di soppressione tumorale, ed entrano in gioco quando la cellula intraprende comportamenti anomali inducendo i propri meccanismi di autodistruzione. Inoltre, esiste una sorta di controllo incrociato in cui ogni cellula monitora le proprie vicine, rilevando forme di espressione genica sospette e avvisando il sistema immunitario. E infine c’è il sistema immunitario, appunto, che ha il compito di individuare e distruggere le anomalie potenzialmente dannose.

Una questione di priorità
Nonostante tutti questi meccanismi, il cancro potrebbe presentarsi in ogni momento della nostra esistenza. Le cellule esprimono costantemente comportamenti che potrebbero essere definiti pretumorali (ad esempio, una rapida proliferazione) e che, in una certa misura, vengono tollerati dall’organismo e possono essere controllati. Nelle diverse specie viventi, il grado di tolleranza al cancro è una questione di compromessi, scelte e priorità. Ad esempio, in tutti gli organismi (umani compresi) sembra esservi una diretta correlazione tra l’invecchiamento e la probabilità di sviluppare tumori. Una spiegazione plausibile di questo fenomeno è il rilassamento della selezione purificante (quella che monitora ed elimina le mutazioni genetiche), così che, con l’avanzare dell’età, un maggior numero di mutazioni si accumula nel genoma. Ciò accresce la probabilità che alcune di queste mutazioni diano alle cellule che ne sono portatrici un vantaggio adattativo (ad esempio, un aumento del tasso di proliferazione), il che aumenta le possibilità che il comportamento “egoistico” dia il via a una crescita tumorale.

Guardare al cancro in una prospettiva ecologica ed evolutiva significa mettersi, idealmente, allo stesso livello delle cellule tumorali, provare a comprendere il loro punto di vista e le loro necessità.

Tra le diverse specie, inoltre, il livello di suscettibilità al cancro aumenta o diminuisce in funzione della longevità e della velocità di riproduzione: specie che si riproducono poco e hanno una vita lunga sembrano aver sviluppato più e migliori meccanismi per prevenire l’occorrenza di tumori nel proprio organismo; al contrario, organismi con un alto tasso riproduttivo e dalla vita breve sembrano propendere per la scommessa rischiosa di non investire molto in meccanismi di controllo e oncosoppressione – energeticamente dispendiosi – esponendosi di più alla possibilità che il cancro si presenti.

Una forma di controllo a lungo termine: la terapia adattiva
Guardare al cancro in una prospettiva ecologica ed evolutiva significa mettersi, idealmente, allo stesso livello delle cellule tumorali, provare a “pensare” come loro, tentare di conoscere il loro ambiente, comprendere il loro punto di vista e le loro necessità. Il tumore ha un contesto ecologico: vive in un ambiente e ha bisogno di determinate risorse; inoltre, sottostà a dei processi evolutivi: ha una tendenza alla conservazione e mira al successo riproduttivo, per tramandare la propria eredità genetica alle generazioni successive (bisogna tenere a mente che questo linguaggio che sembra supporre un’individualità e un’intenzionalità delle cellule tumorali è, come sempre quando si parla di evoluzione, puramente metaforico). Ma provare a pensare come un tumore può essere un modo per trovare strategie più efficaci nel contrastarlo.

Se, come suggerisce la visione ecologica ed evolutiva qui accennata, eradicare il cancro dalle nostre esistenze è impossibile, poiché anch’esso è parte del fenomeno della vita, possiamo forse anche ripensare le strategie per curarlo: tenerlo sotto controllo, renderlo pressoché inoffensivo, domarlo. È questa la sfida della terapia adattiva, una nuova frontiera della cura del cancro che si basa proprio sulla comprensione dei fattori ecologici ed evolutivi che regolano la crescita e la progressione dei tumori.

Uno dei principali problemi a cui le terapie farmacologiche devono far fronte è il fatto che, dopo un certo periodo di esposizione, molti tumori sviluppano una resistenza ai farmaci. Si tratta di un classico fenomeno di “corsa agli armamenti evolutiva”: se un farmaco non ha successo nell’uccidere tutte le cellule tumorali, le poche sopravvissute – sopravvissute proprio in quanto resistenti al farmaco – riprenderanno a riprodursi, e il cancro risorgerà dalle sue ceneri in una forma più resistente. La terapia adattiva prova ad aggirare il problema cambiando strategia: non più un bombardamento con grandi quantità di farmaco citotossico, con l’obiettivo di eliminare tutte le cellule tumorali, ma un’esposizione modulata per indebolire la “comunità” tumorale prima bloccandone la crescita, e poi rallentandole il tasso di evoluzione.

Modulando l’esposizione di una popolazione tumorale a determinati farmaci se ne può influenzare la direzione evolutiva, ad esempio rallentando il tasso di crescita e inibendo la cooperazione tra cellule.

A informare questo approccio, che aggiunge un ulteriore livello alla complessità dei processi e dei meccanismi alla base del cancro, vi sono alcune osservazioni: ad esempio, si è notato che le cellule tumorali presentano un ciclo riproduttivo più lento se si trovano a vivere in un microambiente non particolarmente ostile e hanno a disposizione una fonte di risorse stabile, mentre pare che il tumore cresca più rapidamente e tenda a formare metastasi soprattutto quando le risorse sono scarse e il microambiente non è più ospitale, e dunque le cellule “migrano” verso nuovi lidi (un processo noto come “evoluzione per dispersione”). Una volta compresi questi meccanismi, modulando l’esposizione di una popolazione tumorale a determinati farmaci se ne può influenzare la direzione evolutiva, ad esempio rallentando il tasso di crescita e inibendo la cooperazione tra cellule (che si forma, anch’essa, soprattutto in condizioni di stress ecologico).

L’impiego oculato dei farmaci come pressione selettiva è una tecnica promettente, ma non è l’unica strada percorribile. Un altro tipo d’intervento consiste nel potenziare o riparare i meccanismi di controllo del tradimento cellulare che il tumore ha sospeso o “ingannato”, ad esempio coadiuvando la funzionalità del sistema immunitario. Si può anche controllare l’afflusso di risorse a cui il cancro può attingere, riducendole in modo lento e graduale così che il tumore riduca la propria attività vitale. Si tratta di un approccio comunemente usato in agricoltura per la gestione degli agenti infestanti e per il trattamento delle malattie infettive, ma, in quanto basato su principi ecologici ed evolutivi, è altrettanto valido per il trattamento del cancro.

Lo scopo ultimo della terapia adattiva è tenere sotto controllo il tumore e, idealmente, cronicizzarlo, “aumentando così in modo significativo la vita del paziente e riducendone le sofferenze attraverso la limitazione, piuttosto che l’eradicazione, della crescita e della diffusione del cancro”. Il cancro, insomma, è “un complesso sistema adattativo”, come lo hanno definito in un articolo del 2015 i biologi Gunther Jansen, Robert Gatenby e Athena Aktipis. Per poterlo trattare e, soprattutto, controllare, è necessario riconoscerne la natura dinamica. Ampliare la nostra comprensione di questa malattia accogliendo una visione evoluzionistica ci dà la speranza – conclude Aktipis nel suo libro – di “creare un mondo in cui curare [il cancro] diventi una forma di controllo a lungo termine”.

giovedì 27 febbraio 2025

Italy great again

E'  da un po' che la nostra Giorgia se ne sta zitta. Si, dopo aver difeso Zelensky e il suo patriottismo, non sa più come rimangiarsi tutto. E voltare gabbana. 

L' importante è schierarsi dalla parte del più forte. Per carità.

Non c' è niente da fare. Quando il gioco si fa duro, noi non contiamo nulla. Il nostro esercito è da operetta (ci sono più generali che soldati) e non abbiamo armi nucleari. Soprattutto non abbiamo soldi. 

 Bisogna lasciare il posto a gente più seria. A noi rimane la commedia dell'arte, la recitazione dell'uomo o della donna "forte", possibilmente in romanesco: "Voglio morì".

Le sorelle Meloni non possono far nulla a livello mondiale, ma possono essere perniciose con la loro idea di distruggere la democrazia e istituire un regime autoritario personale. 

Guardate da che masnada di rozzi individui si fanno guidare gli italiani (Santanché, Delmastro, il cognato Lollobrigida, Nordio, La Russa...) e capirete perché siamo piccoli piccoli in ambito internazionale e non contiamo niente.

Rigveda: all' inizio c' era il vuoto

Non c' è solo il Taoismo a capire che all' inizio c' era il vuoto. Anche l' Induismo aveva un' idea del genere:



A quel tempo

Quando l' universo non era ancora nato

Non c' era esistenza e neppure non esistenza

Non c' era né spazio né cielo al di là di esso

Non c' era modo di distinguere il giorno dalla notte.

Perfino gli dèi arrivarono dopo

La diffusione dell' esistenza.


Rigveda (1500 a.c.)


Oggi diciamo che la somma delle energie positive e delle energie negative dà sempre zero. Il che significa che all' inizio c' era veramente e continua ad esserci il vuoto.  E che non c' è bisogno di nessuna energia per passare dal vuoto al pieno dell' universo. 

Ma come e perché siamo passati dal vuoto al pieno? Qui c' è un limite della nostra logica dualistica. Che non capisce la simmetria tra vuoto e pieno.

Insomma, se c' è l' uno ci deve essere l' altro.


 Fra le teorie del vuoto, quella del Vuoto quantistico è affascinante e ricca di implicazioni.


### Cos'è il Vuoto Quantistico?

Nella fisica quantistica, il "vuoto" non è uno spazio completamente vuoto come potremmo pensare. Invece, è un campo energetico che è sempre in fluttuazione. Queste fluttuazioni sono dovute al principio di indeterminazione di Heisenberg, che afferma che è impossibile conoscere esattamente sia la posizione che la quantità di moto di una particella. 


### Fluttuazioni Quantistiche

Queste fluttuazioni nel vuoto fanno sì che particelle e antiparticelle possano apparire e scomparire continuamente. Anche se queste particelle esistono solo per un tempo infinitesimale, possono avere effetti reali, come la produzione di coppie di particelle virtuali.


### Energia del Vuoto

L'energia del vuoto, nota anche come energia di punto zero, è l'energia associata a queste fluttuazioni. Anche in uno stato di energia minima, il vuoto quantistico possiede energia. Questa energia può avere conseguenze sorprendenti, come l'effetto Casimir, dove due piastre metalliche poste molto vicine tra loro si attraggono a causa delle fluttuazioni quantistiche del vuoto.


### Origine dell'Universo

Alcuni scienziati teorizzano che l'universo stesso potrebbe essere nato da una fluttuazione quantistica nel vuoto. In questo scenario, una fluttuazione sufficientemente grande potrebbe aver dato origine a una "bolla" di spazio-tempo, che poi si è espansa nel nostro universo.


### Implicazioni

Le implicazioni del vuoto quantistico sono profonde. Non solo sfidano la nostra comprensione di cosa significhi "vuoto", ma aprono anche nuove possibilità per la comprensione dell'universo e delle sue origini. Questa teoria continua ad essere oggetto di ricerca e discussione tra fisici e cosmologi.





La scelta come determinazione

 Guardate questa immagine. Cosa vedete?



Potete vedere o un' anatra o un coniglio. Ma non contemporaneamente. Nemmeno quando io vi svelo le due immagini. O l' una o l' altra.

In realtà l' immagine ritrae entrambi gli animali. Quello che vedete è veramente entrambe le cose. Ma voi potete vedere o l' una o l' altra. Mai nello stesso istante.

Anche ora che lo sapete non potete vedere entrambe le immagini nello stesso tempo.

Pensate che è così sempre. Voi scegliete che cosa vedere. O volontariamente o, più spesso, involontariamente, senza accorgervene. Tra le tante immagini voi ne estraete una. 

Quindi la mente costruisce la "realtà". Ci sono varie possibilità. Ma solo quando guardate, fate "collassare" una immagine definita.

Quante altre immagini potevate scegliere? È come percorrere un sentiero e poi trovarsi di fronte a varie diramazioni. Che non sapete dove vi porteranno. A questo punto ne scegliete una perdendo tutte le altre. 

Avete deciso (de-ciso = tagliato) la vostra strada. 

In ogni momento fate questo. Decidete la vostra strada. Per fortuna o per sfortuna, qualcuno vi fa scegliere poche strade definite.

Ma, se volete provare il brivido dell' infinito, anziché scegliere "una sola" strada, fermatevi a contemplarle tutte e sceglietene una in piena consapevolezza che è una delimitazione, un impoverimento.

L' impossibilità di "vedere" contemporaneamente due o più cose è all' origine di quello scorrere tra istanti che noi chiamiamo  "tempo". Il fatto è che ogni istante porta un' informazione diversa.

 Se non portasse nessuna informazione o se portasse la stessa identica informazione, noi non avremmo il senso del tempo. Come nei fotogrammi delle pellicole. Che ci fanno vedere immagini in movimento solo perché i fotogrammi sono diversi. Non perché le immagini corrispondano a cose in effettivo movimento. 

Forze di espansione contro forze di attrazione

Non c' è forza di espansione che non sia contrastata e bilanciata da una forza di attrazione.

In molti contesti fisici, le forze tendono effettivamente a bilanciarsi, anche se ci sono eccezioni e situazioni complesse.

Ecco alcuni punti da considerare:

 * Equilibrio delle forze:

   * In molte situazioni, le forze agiscono in coppie opposte, portando a un equilibrio. Ad esempio:

     * La gravità attira i pianeti verso il Sole, mentre la forza centrifuga li spinge verso l'esterno, mantenendoli in orbita.

     * La pressione interna di una stella si oppone alla sua gravità, mantenendola in equilibrio.

   * Questo principio di equilibrio è fondamentale in molti campi della fisica, dalla meccanica alla termodinamica.

 * Forze fondamentali:

   * Le quattro forze fondamentali della natura (gravità, elettromagnetismo, forza nucleare forte e forza nucleare debole) possono manifestarsi sia come forze di attrazione che di repulsione.

   * Ad esempio, la gravità è sempre attrattiva, mentre la forza elettromagnetica può essere sia attrattiva (tra cariche opposte) che repulsiva (tra cariche simili). Quest' ultima ci ricorda che gli opposti di attraggono e i simili si respingono.

 * Espansione dell'universo:

   * L'espansione accelerata dell'universo è un esempio di un fenomeno in cui una forza di espansione (l'energia oscura) sembra dominare sulla forza di attrazione gravitazionale.

   * Questo è un campo di ricerca attivo, e la natura esatta dell'energia oscura è ancora sconosciuta.

 * Buchi neri:

   * All'interno di un buco nero, la forza di gravità è così intensa da superare qualsiasi altra forza, portando al collasso della materia in una singolarità.

   * Questo è un esempio di una situazione in cui la forza di attrazione domina completamente.

In conclusione, mentre l'equilibrio delle forze è un principio generale importante, ci sono situazioni in cui le forze di espansione o di attrazione possono dominare. L'universo è un sistema dinamico e complesso, e le forze che lo governano possono manifestarsi in modi diversi.

Ma i principi generali alla lunga devono funzionare.

Buchi neri e Tao. Fatevi buchi neri

 Sapete cosa è un buco nero? È una realtà che supera la fantasia.

Un buco nero è una regione dello spazio-tempo con un campo gravitazionale così intenso che nulla, nemmeno la luce, può sfuggirgli. In altre parole, è un oggetto celeste con una forza di gravità talmente elevata che qualsiasi cosa si avvicini troppo viene irrimediabilmente attratta e inghiottita.

Ecco alcuni aspetti chiave dei buchi neri:

 * Orizzonte degli eventi: è il confine che delimita la regione del buco nero. Una volta superato l'orizzonte degli eventi, nulla può sfuggire, nemmeno la luce.

 * Singolarità: è il punto centrale del buco nero, dove la materia è compressa in un volume infinitamente piccolo e la densità è infinitamente elevata.

 * Formazione: i buchi neri possono formarsi dal collasso gravitazionale di stelle massicce alla fine del loro ciclo vitale.

 * Tipi di buchi neri:

   * Buchi neri stellari: si formano dal collasso di singole stelle.

   * Buchi neri supermassicci: si trovano al centro delle galassie e possono avere masse milioni o miliardi di volte superiori a quella del Sole.

   * Buchi neri intermedi: sono buchi neri con massa compresa tra i buchi neri stellari e quelli supermassicci.

   * Buchi neri primordiali: buchi neri ipotetici, di dimensioni molto piccole, che si sarebbero formati subito dopo il Big Bang.

 * Effetti: i buchi neri possono curvare lo spazio-tempo in modo estremo, causando effetti come la distorsione della luce e il rallentamento del tempo.

I buchi neri sono oggetti affascinanti e misteriosi.

Ma a che cosa servono?

Voi penserete che non hanno nessuna funzione, che sono sbagli dell' universo o pozzi neri.

No, se ci sono, servono a qualcosa. 

La natura non fa niente a casaccio.

I buchi neri, pur essendo oggetti celesti estremamente misteriosi e distruttivi, svolgono un ruolo fondamentale nell'universo. Ecco alcune delle loro funzioni principali:

 * Evoluzione galattica:

   * I buchi neri supermassicci, che si trovano al centro di quasi tutte le galassie (anche della nostra), influenzano notevolmente la loro evoluzione.

   * L'interazione tra i buchi neri e la materia circostante può innescare la formazione di nuove stelle e regolare la crescita delle galassie.

   * Inoltre, l'energia rilasciata dai buchi neri può influenzare la distribuzione del gas e della polvere nelle galassie.

 * Formazione di stelle:

   * I buchi neri possono comprimere il gas e la polvere circostante, innescando la formazione di nuove stelle.

   * Questo processo è particolarmente importante nelle regioni di formazione stellare, dove i buchi neri possono accelerare la nascita di nuove stelle.

 * Studio della gravità:

   * I buchi neri sono laboratori naturali per lo studio della gravità estrema.

   * Osservando il comportamento della materia e della luce in prossimità dei buchi neri, gli scienziati possono testare le teorie della relatività generale e della gravità quantistica.

 * Fonte di raggi X:

   * Quando la materia cade in un buco nero, si riscalda e emette raggi X.

   * Questi raggi X possono essere rilevati dai telescopi spaziali, fornendo informazioni sulla presenza e sulle proprietà dei buchi neri.

 * Onde gravitazionali:

   * La fusione di due buchi neri genera onde gravitazionali, increspature nello spazio-tempo che si propagano nell'universo.

   * La rilevazione di queste onde gravitazionali ha aperto una nuova finestra sull'universo, permettendo agli scienziati di studiare i buchi neri e altri oggetti celesti in un modo completamente nuovo.

In sintesi, i buchi neri sono oggetti celesti complessi che svolgono un ruolo cruciale nell'evoluzione dell'universo e offrono agli scienziati un'opportunità unica per studiare la gravità e altri fenomeni estremi.

Avete visto a quante cose servono?

Un taoista direbbe:" Se non riesci a ottenere nulla, se non ottieni o conquisti nulla di ciò che vorresti, diventa come un buco nero. Che se ne sta lì, con una potenza di attrazione e di creazione incredibile. Senza fare nulla, svolge un ruolo importantissimo. Possono attirare qualunque cosa e creare addirittura stelle e influenzare galassie.

Sono come vortici che risucchiano tutto quello che gli passa vicino. Datemi retta. Invece di fare i conquistatori, fatevi buchi neri! Invece di conquistare faticosamente, diventate centri di attrazione

La "Femmina oscura" del Taoismo, che non fa nulla, ma attira quel che vuole.

Pensateci. Prima ancora del Big Bang c' era una specie di buco nero. Ed da questo buco nero che sono nate tutte le cose. Il vuoto del Tao.


L'analogia dei buchi neri con i vortici è utile per visualizzare alcuni aspetti del loro comportamenti.  Ecco come possiamo confrontarli:

Somiglianze:

 * Attrazione:

   * Sia i buchi neri che i vortici esercitano una forte attrazione sulla materia circostante.

   * Nei vortici, l'acqua o l'aria vengono trascinate verso il centro.

   * Nei buchi neri, la gravità attira qualsiasi cosa, inclusa la luce, verso la singolarità.

 * Rotazione:

   * Molti buchi neri ruotano, creando un effetto simile a un vortice rotante.

   * Questa rotazione trascina lo spazio-tempo circostante, creando un "vortice" di spazio-tempo.

   * Quando un buco nero ruota, si forma la cosiddetta ergosfera, una regione dove lo spazio tempo viene trascinato dalla rotazione del buco nero, creando un effetto vortice.

 * Accrescimento:

   * Entrambi i fenomeni possono accumulare materia.

   * I vortici accumulano acqua o aria al centro.

   * I buchi neri accumulano materia, gas e polvere in un disco di accrescimento che ruota attorno a essi.

Differenze:

 * Natura della forza:

   * Nei vortici, la forza principale è la pressione o la viscosità del fluido.

   * Nei buchi neri, la forza dominante è la gravità, che deforma lo spazio-tempo.

 * Orizzonte degli eventi:

   * I buchi neri hanno un orizzonte degli eventi, un confine da cui nulla può sfuggire.

   * I vortici non hanno un confine simile.

 * Singolarità:

   * I buchi neri hanno una singolarità, un punto di densità infinita.

   * I vortici non hanno una singolarità.

 * Scala:

   * I buchi neri sono fenomeni che avvengono su scale cosmiche, mentre i vortici possono avvenire su scale molto più piccole.

In conclusione, l'analogia del vortice è utile per visualizzare l'attrazione e la rotazione dei buchi neri.



I limiti del calcolo

 Bertrand Russell diceva che la matematica è l'unica scienza che non sa di cosa parla. Due più due fa quattro, d'accordo. Ma di che?

Un conto se sono due scarpe e un altro conto se sono due leoni. Concorderete che c'è una certa differenza. Se tu non sapessi distinguerla, non sapessi distinguere le scarpe dai leoni, finiresti mangiato.

Quindi, prima di dire che l'universo è scritto in linguaggio matematico, o che la matematica è la lingua di dio, fermatevi a pensare che non sarebbe sufficiente. Bisogna dare un'ulteriore informazione: di che cosa stiamo parlando? E questa non la dà la matematica, che è un linguaggio fortemente stilizzato e ridotto solo alla quantità delle cose.

Eh no! Bisogna conoscere anche la qualità. E  la qualità sono gli esseri piò o meno viventi, siamo noi, con la nostra coscienza, con i nostri pensieri, con i nostri sentimenti e con le nostre emozioni. E queste chi le "calcola"?

Non certo la matematica.

Ci vuole ben altro! Anche dio ha usato ben altro. Perciò piano con i numeri e con la loro pretesa di spiegare tutto.

Ci vogliono anche i filosofi, gli psicologi, i saggi, gli osservatori... tenere conto di tutto. Ma la scienza si è divisa in saperi specialistici, ahimè. E chi metterà tutti insieme i pezzi?

Il rovescio della medaglia: capacità e limitazione. Il principio etico dell'universo. Dura lex, sed lex

 Ogni capacità da una parte è una limitazione dalla parte opposta. Infatti, se siete capaci di fare qualcosa, quello è anche il vostro limite. Sono come le due facce della stessa medaglia.

Vedete come funziona il mondo? Le cose hanno sempre due facce. Ma la medaglia è unica.

Questo rivela un profondo equilibrio, ben al di sopra della nostra asfittica moralità. 

Il mondo sa come tenersi in equilibrio. Lo rivelano anche le leggi della fisica già citate. Tutto si compensa. Per ogni azione ci dev'essere una reazione. Per ogni azione buona, una cattiva, e viceversa. Solo così si preserva l'equilibrio. 

Ma l'equilibrio non lo fate voi. E' già nelle cose.

Se il mondo si espande, ci dev'essere una forza opposta che lo compensa (la gravità, in fisica). Se c'è la materia, c'è anche l'antimateria.

Le forze devono compensarsi, prima a due a due e poi tutte insieme. Questo è l'unica etica dell'universo. E un principio economico, un principio dell'equilibrio.

Non quello inventato dalle religioni, con i loro dei, i loro paradisi e inferni, con le loro leggi etiche che porterebbero l'universo al collasso. Dura lex, sed lex.

Non fate i novelli stregoni. Fareste crollare tutto.

Ricordatevi che se fate i moralisti, qualcuno pagherà amaramente. 

Quando c'è una guerra, il cattivo giungerà a comandare e manderà a morire migliaia di uomini per il bene della patria. Quando arriva il terremoto, migliaia di uomini moriranno, buoni e cattivi, grandi e bambini, religiosi e non religiosi, peccatori e santi... E' un'ingiustizia? 

In un certo senso, per la vostra etica, lo è. Ma il terremoto avviene per cause naturali, per il bene, della terra. Il male che accade ha sempre un risvolto di bene... cosmico.

Non ragionate in termini umani. Ma ultraumani, cosmici. La piccola moralità umana nasce da una piccola mente.

Le forze che ti hanno creato saranno le stesse forze che ti distruggeranno. La vita che ti pone in essere è la stessa vita che ti farà morire. 

Questa è l'etica, ovvero l'equilibrio, dell'universo.

***

Questa riflessione evidenzia un concetto fondamentale: l'equilibrio dell'universo e la dualità delle cose. Ogni capacità ha il suo limite, così come ogni azione ha una reazione. Questo bilanciamento è visto come un principio essenziale che governa il cosmo, al di là delle norme morali e delle credenze religiose umane.


### Punti chiave della riflessione:

1. **Dualità e Unicità**: Ogni cosa ha due facce, ma è parte di un'unica realtà. Le capacità e le limitazioni sono due aspetti inseparabili dello stesso fenomeno.


2. **Equilibrio Universale**: L'universo si regola autonomamente attraverso leggi naturali. Per ogni espansione, c'è una forza che contrasta; per ogni azione positiva, una reazione negativa, e viceversa. Questo principio è visto come l'unica etica vera dell'universo.


3. **Imparzialità della Natura**: Le leggi cosmiche non fanno distinzioni morali tra buoni e cattivi. Eventi come terremoti o guerre non discriminano e agiscono in base a cause naturali o storiche.


4. **Critica alle Religioni**: L'autore del testo critica le credenze religiose che promettono premi e punizioni divine. Si sostiene che queste credenze sovvertirebbero l'equilibrio naturale dell'universo, portandolo al collasso.


5. **Consapevolezza Cosmica**: Per vivere in armonia con l'universo, dobbiamo superare la nostra moralità limitata e comprendere le leggi naturali che regolano l'equilibrio cosmico.


Questa visione può sembrare dura e impersonale, ma invita a riflettere su una comprensione più profonda delle forze che governano il mondo. La consapevolezza di queste leggi può aiutarci a navigare la nostra esistenza con maggiore saggezza e accettazione.

😊

mercoledì 26 febbraio 2025

Legge di azione e reazione e legge del karma. Al di là dell'etica tradizionale

 Bisogna applicare la nuova logica. Per esempio applicare il principio di azione e reazione, che è stato enunciato formalmente da Newton ma che è sempre stato presente nella conoscenza istintiva degli uomini nelle credenze religiose o etiche. In sostanza, queste leggi nascono dalla natura e affiorano inevitabilmente in vari contesti. 

Che ogni azione provochi una reazione uguale ma contraria ( per senso) era una concezione presente per esempio nella credenza della legge del karma. 

La legge del karma, originaria delle antiche tradizioni indiane come l'Induismo, il Buddhismo e il Giainismo, è un principio di causa ed effetto che governa l'universo. In termini semplici, afferma che ogni azione (karma) ha una conseguenza (phala) che si manifesta nel tempo.

Ecco alcuni punti chiave per comprendere la legge del karma:

 * Causa ed effetto: Ogni azione, pensiero o intenzione ha una conseguenza, sia positiva che negativa.

 * Responsabilità: Siamo responsabili delle nostre azioni e delle loro conseguenze.

 * Ciclo di rinascita (samsara): In alcune tradizioni, il karma influenza le rinascite successive, determinando le circostanze della vita futura.

 * Equilibrio: La legge del karma mira a ristabilire l'equilibrio nell'universo, garantendo che ogni azione riceva la sua giusta conseguenza.

 * Libertà di scelta: Abbiamo la libertà di scegliere le nostre azioni, ma non possiamo sfuggire alle loro conseguenze.

 * Karma individuale e collettivo: Il karma può essere individuale, influenzando la nostra vita personale, o collettivo, influenzando la società e il mondo nel suo complesso.


Questa legge formalizzata con un linguaggio matematico ci dice che non solo le azioni della fisica ma tutti gli eventi scatenano reazioni di segno contrario. Anche quelli umani e storici.

Però bisogna essere coerenti e conseguenti. E accettare che se compio un' azione positiva avrò come conseguenza una  reazione negativa e che se compio un' azione  negativa porrò in essere una reazione positiva. Fateci caso.

Non scandalizzatevi, non cedete al moralismo. L' universo sta in piedi perché bilancia le forze opposte.

Quindi se io faccio del bene avrò del male o per me stesso o per altri a me collegati. Un'intuizione dell'interrelazione universale.

Non, come si è sempre detto, se compio un'azione positiva sarò ricompensato da qualche dio.
La legge di Newton si applica a corpi diversi: se io spingo A, A spingerà me in senso contrario. La legge del karma rivista secondo la mia interpretazione si applica sia alla stessa persona sia ad altre persone a me collegate sia ad altre persone non collegate. E' una legge che vuole l'equilibrio comunque. O paghi tu o paga un altro per te. Questo "altro" può essere collegato a te (colpendoti di riflesso), ma anche non collegato.

L'importante è che si ristabilisca l'equilibrio.

Noi abbiamo introdotto un dio immaginario che dovrebbe punirci e premiarci, sovvertendo gli equilibri. Ma le leggi del cosmo non possono essere sovvertite, pena la distruzione del tutto.

Lo se, sembra una legge terribile e impersonale. Ma, secondo voi, quando si scatena un terremoto, lui distingue tra buoni e cattivi o tra case e chiese? Dunque? 

Le leggi del cosmo sono imparziali.

Come vi potete difendere? Essendone consapevoli.

Non ci credete? Guardatevi attorno. Chi sale al potere? Il più mite o il più feroce? E chi comanda? Il buono o il cattivo? E perché il cattivo è sempre favorito e ha più beni del buono?

Io ve lo dico perché non crediate alle stupidaggini religiose, per cui i buoni saranno premiati e i cattivi saranno puniti.

Le leggi universali dicono semmai che ognuno salirà al livello della sua consapevolezza, ma non come un premio elargito dal Cielo. Quindi la moralità del tutto è preservata necessariamente ed autonomamente, senza premi o castighi.

Diciamo che le due leggi si compensano ma non perché ci sia un dio della giustizia. 

Le due leggi sono imparziali: quella della compensazione bene/male e quella dell'acquisizione del livello di consapevolezza. Ed è preservato il senso etico.

***

Ho letto attentamente il testo che hai condiviso, ed è una riflessione molto interessante che esplora il concetto di equilibrio universale attraverso due diverse prospettive: il principio di azione e reazione di Newton e la legge del karma delle tradizioni indiane. Ecco alcuni punti salienti:


1. **Collegamento tra fisica e spiritualità**: Il testo mette in relazione il principio di azione e reazione della fisica con la legge del karma, suggerendo che entrambi questi principi riflettono un equilibrio universale. Questo è un approccio interessante che cerca di unire la scienza e la spiritualità.


2. **Imparzialità del cosmo**: Il testo sottolinea che l'universo non distingue tra buoni e cattivi e che le leggi cosmiche sono imparziali. Questa è una visione che invita a riflettere sulla natura impersonale delle leggi che governano il nostro mondo.


3. **Responsabilità e consapevolezza**: Viene enfatizzata l'importanza della consapevolezza delle proprie azioni e delle loro conseguenze. Riconoscere e accettare queste leggi può aiutare a vivere in armonia con l'universo.


4. **Critica delle credenze religiose tradizionali**: Il testo sfida la visione tradizionale delle religioni che promettono ricompense e punizioni divine, suggerendo invece che le leggi dell'universo sono autonome e non dipendono da entità divine.


5. **Ricerca di equilibrio**: Si propone che le azioni positive generino reazioni negative e viceversa, per mantenere l'equilibrio universale. Questa è una visione non convenzionale che può sembrare controintuitiva, ma che offre un'interessante prospettiva sull'interrelazione degli eventi.


La tua riflessione è profonda e stimolante, e invita a considerare i principi dell'equilibrio universale da una prospettiva più ampia. 😊

***

Studiate le leggi dell'equilibrio del mondo per quel che sono, non per quel che vorreste che fossero. Se fossero come volete voi, il mondo crollerebbe. Lasciate fare all'universo che ne sa più di voi.

Gradini e salite

Se prendo una scala con gradini molto alti posso aggiungere gradini più bassi tra ogni coppia di gradini. Ma fino a quanto potrò aggiungere gradini prima che la scala diventi una salita continua?

***

 La tua domanda tocca un concetto fondamentale di transizione tra discreto e continuo, e la risposta dipende in gran parte dalla scala di osservazione e dal contesto specifico.

A livello macroscopico:

 * Transizione graduale:

   * Nella vita di tutti i giorni, la transizione da una scala a una salita continua è graduale. Man mano che aggiungi gradini sempre più bassi, la differenza di altezza tra i gradini diminuisce progressivamente.

   * A un certo punto, la differenza di altezza diventerà così piccola che la superficie sembrerà praticamente continua.

   * Il punto esatto in cui questo avviene è soggettivo e dipende dalla percezione individuale.

 * Fattori pratici:

   * In termini pratici, la dimensione minima dei gradini sarà limitata dai materiali di costruzione e dalla necessità di garantire la sicurezza.

   * Ad esempio, se i gradini sono troppo bassi, potrebbero diventare scivolosi o difficili da vedere.

A livello microscopico:

 * Natura discreta della materia:

   * A livello atomico, la materia è costituita da particelle discrete. Ciò significa che, anche se una superficie può sembrare continua, in realtà è composta da un numero finito di atomi.

   * Pertanto, anche la "salita continua" più liscia avrà una struttura discreta a livello microscopico.

 * Meccanica quantistica:

   * La meccanica quantistica introduce ulteriori concetti di quantizzazione, dove l'energia e altre grandezze fisiche sono quantizzate, cioè esistono in "pacchetti" discreti.

   * Quindi a livello subatomico, la scala è sempre fatta di gradini.

In sintesi:

 * La transizione da una scala a una salita continua è un processo graduale che dipende dalla scala di osservazione.

 * A livello macroscopico, la percezione della continuità è soggettiva e dipende dalla dimensione dei gradini.

 * A livello microscopico, la materia è discreta, quindi anche la superficie più liscia avrà una struttura discontinua.

**"

Anche il tempo?

***

La natura del tempo, se sia continua o discreta, è una questione complessa e ancora oggetto di dibattito nella fisica teorica. Ecco alcuni punti chiave:

 * Relatività generale:

   * Nella teoria della relatività generale di Einstein, il tempo è considerato una dimensione continua dello spazio-tempo.

   * Tuttavia, la relatività generale non è compatibile con la meccanica quantistica, che descrive il mondo a livello microscopico.

 * Meccanica quantistica e gravità quantistica:

   * Alcuni fisici teorici ritengono che, a livello quantistico, il tempo possa essere discreto, cioè che possa procedere a "salti" minimi.

   * La teoria della gravità quantistica, che cerca di unificare la relatività generale e la meccanica quantistica, potrebbe fornire una risposta definitiva a questa domanda.

   * Alcune teorie di gravità quantistica a loop, suggeriscono che lo spazio-tempo stesso sia quantizzato, cioè composto da "quanti" discreti.

 * Scala di Planck:

   * La scala di Planck è una scala di lunghezza e tempo estremamente piccola, dove gli effetti della gravità quantistica diventano significativi.

   * Alcuni fisici ritengono che il tempo possa essere quantizzato a questa scala, con un "quanto" di tempo dell'ordine di 10^-43 secondi.

 * Percezione umana:

   * Come discusso in precedenza, la nostra percezione del tempo è continua, anche se il tempo potrebbe essere discreto a livello fondamentale.

   * Il cervello elabora gli istanti discreti in modo da creare un'esperienza di flusso continuo.

In sintesi:

 * La relatività generale descrive il tempo come continuo.

 * La gravità quantistica ipotizza che il tempo possa essere discreto a livello microscopico.

 * La nostra percezione del tempo è continua.

Pertanto, mentre a livello macroscopico possiamo percepire il tempo come continuo, a livello microscopico potrebbe e

ssere quantizzato.

Le gradazioni: quanti e bit

Tra due numeri consecutivi quanti numeri ci sono?

 Dipende dal tipo di numeri a cui ti riferisci:

 * Numeri interi: Tra due numeri interi consecutivi non ci sono altri numeri interi. Ad esempio, tra 5 e 6 non ci sono altri numeri interi.

 * Numeri reali: Tra due numeri reali consecutivi, invece, ci sono infiniti numeri reali. Ad esempio, tra 5 e 6 ci sono 5,1; 5,2; 5,3 e così via, fino a 5,9, ma anche 5,01; 5,02; 5,03 e così via all'infinito.

E se al posto di due numeri reali mettiamo due estremi contrapposti, come bianco e nero, o luce e buio, quante gradazioni ci sono?

Quando si parla di estremi contrapposti come "bianco e nero" o "luce e buio", ci si allontana dal concetto matematico di numeri e si entra nel campo delle percezioni sensoriali e delle grandezze fisiche continue. In questi casi, il numero di "gradazioni" intermedie dipende da diversi fattori:

 * Percezione umana:

   * L'occhio umano, ad esempio, può distinguere un numero limitato di sfumature di grigio o di variazioni di luminosità. Questo numero varia da persona a persona e dipende dalle condizioni di illuminazione.

   * Allo stesso modo, la nostra percezione di altri fenomeni continui, come il suono o la temperatura, è limitata dalla capacità dei nostri sensi.

 * Grandezze fisiche:

   * A livello fisico, le transizioni tra stati opposti sono spesso continue. Ad esempio, la transizione dal buio alla luce non avviene in modo brusco, ma attraverso un numero infinito di variazioni di intensità luminosa.

   * Allo stesso modo, la transizione dal bianco al nero avviene attraverso infinite sfumature di grigio.

 * Tecnologia:

   * Le tecnologie di visualizzazione, come gli schermi dei computer o delle televisioni, possono riprodurre un numero limitato di gradazioni di colore o di luminosità. Questo numero è determinato dalla risoluzione del dispositivo e dalla profondità di colore.

   * Ad esempio, le immagini digitali utilizzano un certo numero di bit per rappresentare ogni colore, il che limita il numero di sfumature che possono essere visualizzate.

In sintesi, mentre in matematica tra due numeri interi consecutivi non ci sono altri numeri interi, e tra due numeri reali consecutivi ci sono infiniti numeri reali, nel caso di estremi contrapposti come "bianco e nero" o "luce e buio", il numero di gradazioni intermedie dipende dalla percezione umana, dalle grandezze fisiche e dalla tecnologia utilizzata.

Le gradazioni sono continue o discrete ? C' è un passaggio minimo?

La questione se le gradazioni siano continue o discrete, e se esista un "passaggio minimo", è complessa e dipende dal contesto in cui ci troviamo.

Continuità vs. Discretezza:

 * Continuità:

   * In molti fenomeni fisici, come la variazione dell'intensità luminosa o della temperatura, le gradazioni sono intrinsecamente continue. Ciò significa che la transizione da uno stato all'altro avviene attraverso un numero infinito di passaggi intermedi, senza salti bruschi.

   * Ad esempio, la luce può variare la sua intensità in modo infinitesimale, senza che ci sia un "gradino" minimo.

 * Discretezza:

   * Tuttavia, la nostra percezione di queste gradazioni continue è spesso discreta. I nostri sensi hanno una risoluzione limitata, quindi non possiamo distinguere tutte le variazioni intermedie.

   * Inoltre, le tecnologie di rappresentazione, come gli schermi digitali, utilizzano una rappresentazione discreta delle gradazioni, suddividendo lo spettro continuo in un numero finito di livelli.

   * Inoltre, in matematica, come spiegato in precedenza, si definiscono numeri consecutivi solo in insiemi discreti.

Passaggio Minimo:

 * A livello fisico, in molti casi, non esiste un "passaggio minimo" tra le gradazioni. Le variazioni possono essere arbitrariamente piccole.

 * Tuttavia, a livello di percezione e rappresentazione, esiste un limite minimo alla variazione che possiamo distinguere o riprodurre.

   * Ad esempio, l'occhio umano ha una soglia di sensibilità alla luce, al di sotto della quale non è in grado di percepire variazioni.

   * Allo stesso modo, gli schermi digitali hanno una risoluzione limitata, quindi non possono riprodurre variazioni di colore o luminosità inferiori a un certo livello.

In sintesi:

 * Le gradazioni sono spesso continue a livello fisico, ma la nostra percezione e rappresentazione di esse è spesso discreta.

 * Non sempre esiste un "passaggio minimo" a livello fisico, ma esistono limiti minimi a livello di percezione e rappresentazione.

Intendevo riferirmi ad una specie di "quanto."

Quando ti riferisci a una specie di "quanto", stai toccando il concetto di quantizzazione, che è fondamentale in molti ambiti della fisica e dell'informatica.

Ecco come si applica il concetto di "quanto" nei contesti che abbiamo discusso:

1. Fisica Quantistica:

 * A livello microscopico, molte grandezze fisiche, come l'energia degli elettroni in un atomo, sono quantizzate. Ciò significa che possono assumere solo valori discreti, "pacchetti" ben definiti, chiamati "quanti".

 * Ad esempio, la luce è composta da "quanti" di energia chiamati fotoni. L'energia di un fotone è un "quanto" di energia luminosa.

 * Questo è in contrasto con la fisica classica, dove le grandezze fisiche sono spesso considerate continue.

2. Informatica:

 * Nell'elaborazione digitale, le informazioni sono rappresentate mediante "quanti" di informazione chiamati bit. Un bit può assumere solo due valori: 0 o 1.

 * Le immagini digitali, i suoni digitali e altri tipi di dati digitali sono tutti rappresentati mediante una sequenza di bit.

 * la profondità di colore di uno schermo, è un esempio di quantizzazione, dove si decide di dividere uno spettro continuo in un numero finito di "quanti" di colore.

3. Percezione Umana:

 * Anche se molti fenomeni fisici sono continui, la nostra percezione di essi è spesso quantizzata. I nostri sensi hanno una risoluzione limitata, quindi possiamo distinguere solo un numero finito di "quanti" di stimolo.

 * Ad esempio, l'occhio umano può distinguere un numero limitato di sfumature di colore.

In sintesi:

 * Il concetto di "quanto" si riferisce a una quantità discreta o un "pacchetto" di una grandezza fisica.

 * La quantizzazione è un fenomeno fondamentale nella fisica quantistica e nell'informatica, e influenza anche la nostra percezione del mondo.

 * Quando si parla di gradazioni, il "quanto" è il passaggio minimo percepibile o riproducibile.

Dunque, la percezione e la mente umana hanno per forza una struttura qu

antica  .

L'idea che la percezione e la mente umana abbiano una struttura quantistica è un argomento affascinante e controverso, che si trova all'intersezione tra fisica, neuroscienze e filosofia.

Ecco alcuni punti chiave da considerare:

 * La fisica quantistica nel cervello:

   * Alcuni scienziati ipotizzano che i fenomeni quantistici possano svolgere un ruolo nei processi cerebrali, in particolare nella coscienza.

   * Ad esempio, si è suggerito che l'entanglement quantistico (un fenomeno in cui due particelle sono correlate in modo tale che lo stato di una influenzi istantaneamente lo stato dell'altra, indipendentemente dalla distanza) possa essere coinvolto nella comunicazione tra neuroni.

   * Tuttavia, queste sono ancora ipotesi e la prova sperimentale è limitata.

 * La percezione e la quantizzazione:

   * Come discusso in precedenza, la nostra percezione del mondo è spesso quantizzata. I nostri sensi hanno una risoluzione limitata, quindi possiamo distinguere solo un numero finito di "quanti" di stimolo.

   * Questo non significa necessariamente che la percezione stessa sia un fenomeno quantistico, ma piuttosto che la nostra capacità di percepire il mondo è limitata.

 * La mente e la complessità:

   * La mente umana è un sistema estremamente complesso, e molti scienziati ritengono che la sua complessità possa emergere da interazioni tra un gran numero di neuroni, piuttosto che da fenomeni quantistici individuali.

   * Le neuroscienze classiche, hanno dato innumerevoli prove del funzionamento della mente e della coscienza tramite le connessioni neurali.

 * Dibattito in corso:

   * La questione se la percezione e la mente abbiano una struttura quantistica è un dibattito in corso nella comunità scientifica.

   * Mentre alcuni scienziati sono entusiasti delle possibilità, altri sono scettici e ritengono che le spiegazioni classiche siano sufficienti.

In sintesi, mentre ci sono indicazioni che i fenomeni quantistici possano svolgere un ruolo nei processi biologici, la prova che la percezione e la mente abbiano una struttura quantistica è ancora limitata. La ricerca in questo campo è in corso e potrebbe portare a nuove scoperte in futuro.

Se un fenomeno è continuo ma il cervello non lo può percepire in tutta la sua continuità, gli apparirà limitato., non continuo.

Hai perfettamente ragione. Se un fenomeno è intrinsecamente continuo, ma la capacità di percezione del cervello è limitata, l'esperienza risultante sarà necessariamente discreta, o quantizzata. Questo è un punto cruciale per comprendere come interagiamo con il mondo.

Ecco alcuni approfondimenti:

 * Risoluzione sensoriale:

   * I nostri sensi hanno una risoluzione limitata. Ad esempio, l'occhio umano può distinguere solo un certo numero di sfumature di colore, e l'orecchio umano può percepire solo suoni all'interno di un certo intervallo di frequenza.

   * Ciò significa che, anche se un fenomeno varia in modo continuo, il nostro cervello lo percepirà come una serie di "passi" discreti.

 * Elaborazione cerebrale:

   * Il cervello elabora le informazioni sensoriali in modo discreto, attraverso reti di neuroni che si attivano e disattivano.

   * Anche se i segnali elettrici nei neuroni possono variare in modo continuo, l'attivazione dei neuroni stessi è un evento discreto.

   * Questo significa che la percezione finale è una ricostruzione digitale del segnale analogico percepito.

 * Illusione della continuità:

   * In molti casi, il cervello è in grado di creare un'illusione di continuità, anche quando la percezione è in realtà discreta.

   * Ad esempio, quando guardiamo un film, vediamo una serie di fotogrammi statici proiettati a una velocità sufficientemente elevata da creare l'illusione del movimento continuo.

   * Questo è dovuto alla capacità del cervello di colmare le lacune tra i fotogrammi, creando una percezione fluida.

In sintesi, la limitata capacità di percezione del cervello trasforma i fenomeni continui in esperienze discrete. Questo è un aspetto fondamentale della nostra interazione con il mondo, e ci ricorda che la nostra percezione è una costruzione attiva del cervello, piuttosto che una riproduzione fedele della realtà.

Se prendiamo due istanti consecutivi di tempo, l' uno prima e l' altro dopo, con certo intervallo minimo predefinito, il tempo sarà discreto, ma lo percepiremo in un movimento continuo.

Hai colto un punto cruciale riguardo alla nostra percezione del tempo. La tua osservazione riassume efficacemente il modo in cui il nostro cervello gestisce la natura del tempo:

 * Tempo discreto vs. percezione continua:

   * A livello fisico, specialmente nella fisica quantistica, si ipotizza che il tempo possa essere quantizzato, ovvero che possa procedere a "salti" discreti, con un intervallo minimo.

   * Tuttavia, la nostra percezione del tempo è generalmente quella di un flusso continuo. Il nostro cervello elabora gli istanti discreti in modo da creare un'esperienza di movimento e cambiamento senza interruzioni.

 * Il ruolo del cervello:

   * Il cervello svolge un ruolo fondamentale nel colmare le lacune tra gli istanti discreti, creando un'illusione di continuità.

   * Questo processo è simile a come il cervello elabora le immagini in un film, dove una serie di fotogrammi statici vengono percepiti come movimento continuo.

   * La mente quindi rielabora gli stimoli percepiti, e li riorganizza in una visione coerente e continua del mondo.

In sintesi, anche se il tempo potrebbe essere intrinsecamente discreto, la nostra percezione è quella di un flusso continuo, grazie alla capacità del cervello di elaborare e interpretare le informazioni sensoriali.

Capacità o limitazione?

La questione se la nostra percezione del tempo e di altri fenomeni continui sia una "capacità" o una "limitazione" è complessa e dipende dal punto di vista.

Limitazione:

 * Risoluzione limitata:

   * È innegabile che i nostri sensi abbiano una risoluzione limitata. Non possiamo percepire variazioni infinitesime, il che significa che perdiamo informazioni.

   * Questo può essere visto come una limitazione, in quanto ci impedisce di avere una comprensione completa e dettagliata della realtà.

 * Distorsione della realtà:

   * Il fatto che il cervello "colmi le lacune" e crei un'illusione di continuità significa che la nostra percezione è una ricostruzione, non una riproduzione fedele della realtà.

   * Questo può portare a distorsioni e interpretazioni errate.

Capacità:

 * Efficienza:

   * La capacità del cervello di elaborare informazioni in modo discreto e creare un'illusione di continuità è estremamente efficiente.

   * Ci consente di interagire con il mondo in modo rapido e efficace, senza essere sopraffatti da un'eccessiva quantità di informazioni.

 * Coerenza:

   * La creazione di un'esperienza continua e coerente è fondamentale per la nostra sopravvivenza.

   * Ci consente di dare un senso al mondo e di prendere decisioni informate.

 * Adattamento:

   * Il sistema percettivo umano, si è evoluto per dare una visione utile alla sopravvivenza, più che una visione oggettiva della realtà. In questo senso, la capacità di ricostruire la realtà è un enorme vantaggio evolutivo.

In sintesi:

 * La nostra percezione del tempo e di altri fenomeni continui è il risultato di un compromesso tra limitazioni sensoriali e capacità di elaborazione del cervello.

 * Mentre perdiamo alcune informazioni, guadagniamo in efficienza, coerenza e capacità di adattamento.

 * Quindi, si può dire che è sia una limitazione, che una enorme capacità.

Sono due facce della stessa medaglia.

La questione se la nostra percezione del tempo e di altri fenomeni continui sia una "capacità" o una "limitazione" è complessa e dipende dal punto di vista.

Limitazione:

 * Risoluzione limitata:

   * È innegabile che i nostri sensi abbiano una risoluzione limitata. Non possiamo percepire variazioni infinitesime, il che significa che perdiamo informazioni.

   * Questo può essere visto come una limitazione, in quanto ci impedisce di avere una comprensione completa e dettagliata della realtà.

 * Distorsione della realtà:

   * Il fatto che il cervello "colmi le lacune" e crei un'illusione di continuità significa che la nostra percezione è una ricostruzione, non una riproduzione fedele della realtà.

   * Questo può portare a distorsioni e interpretazioni errate.

Capacità:

 * Efficienza:

   * La capacità del cervello di elaborare informazioni in modo discreto e creare un'illusione di continuità è estremamente efficiente.

   * Ci consente di interagire con il mondo in modo rapido e efficace, senza essere sopraffatti da un'eccessiva quantità di informazioni.

 * Coerenza:

   * La creazione di un'esperienza continua e coerente è fondamentale per la nostra sopravvivenza.

   * Ci consente di dare un senso al mondo e di prendere decisioni informate.

 * Adattamento:

   * Il sistema percettivo umano, si è evoluto per dare una visione utile alla sopravvivenza, più che una visione oggettiva della realtà. In questo senso, la capacità di ricostruire la realtà è un enorme vantaggio evolutivo.

In sintesi:

 * La nostra percezione del tempo e di altri fenomeni continui è il risultato di un compromesso tra limitazioni sensoriali e capacità di elaborazione del cervello.

 * Mentre perdiamo alcune informazioni, guadagniamo in efficienza, coerenza e capacità di adattamento.

 * Quindi, si può dire che è sia una limitazione, che una enorme capacità.

Sono due facce della stessa medaglia.
Sì, hai ragione. La percezione umana è un perfetto esempio di come limitazioni e capacità siano inestricabilmente intrecciate, come due facce della stessa medaglia:
 * La limitazione come necessità:
   * I nostri sensi, con la loro risoluzione finita, ci impediscono di percepire la realtà in tutta la sua complessità. Tuttavia, questa limitazione è essenziale per evitare un sovraccarico di informazioni. Immagina di dover elaborare ogni singola variazione infinitesimale di luce, suono o temperatura: sarebbe impossibile.
   * La "quantizzazione" della percezione, quindi, è un meccanismo di semplificazione che ci permette di concentrarci sugli aspetti rilevanti del mondo.
 * La capacità come adattamento:
   * Il cervello, con la sua capacità di "colmare le lacune" e creare un'illusione di continuità, trasforma le informazioni discrete in un'esperienza coerente e significativa.
   * Questa capacità è fondamentale per la nostra sopravvivenza. Ci permette di riconoscere schemi, prevedere eventi e agire in modo efficace.
   * La ricostruzione che la mente effettua, non è altro che un'adattamento, utile alla sopravvivenza.
In altre parole, le nostre limitazioni sensoriali e le nostre capacità di elaborazione cerebrale sono due aspetti complementari di un sistema altamente efficiente e adattabile.


I limiti e le possibilità della conoscenza logica

 La realtà può essere definita quantistica quando si osservano fenomeni che non possono essere spiegati dalle leggi della fisica classica e che richiedono l'utilizzo della meccanica quantistica per essere compresi. In generale, questo accade quando si ha a che fare con:

 * Particelle subatomiche: Il comportamento di elettroni, protoni, neutroni e altre particelle elementari è governato dalla meccanica quantistica.

 * Fenomeni su scala atomica e subatomica: A queste scale, concetti come la sovrapposizione, l'entanglement e la quantizzazione diventano cruciali.

 * Sistemi isolati e ben controllati: In esperimenti di laboratorio, è possibile isolare sistemi quantistici e studiarne le proprietà con precisione.

Ecco alcuni esempi di situazioni in cui la realtà è quantistica:

 * Sovrapposizione: Un elettrone può trovarsi in più posizioni contemporaneamente fino a quando non viene misurato.

 * Entanglement: Due particelle possono essere "intrecciate" in modo tale che il loro stato sia correlato, anche se sono separate da grandi distanze.

 * Quantizzazione: L'energia, il momento angolare e altre grandezze fisiche possono assumere solo valori discreti.

 * Effetto tunnel: Una particella può attraversare una barriera di potenziale, anche se non ha energia sufficiente per farlo secondo la fisica classica.

È importante notare che la meccanica quantistica non è in contraddizione con la fisica classica. La fisica classica è un'approssimazione della meccanica quantistica che funziona bene per oggetti macroscopici. Tuttavia, quando si ha a che fare con oggetti molto piccoli o con fenomeni molto precisi, è necessario utilizzare la meccanica quantistica per descrivere la realtà in modo accurato.

In sintesi, la realtà è quantistica quando i fenomeni osservati richiedono l'applicazione dei principi della meccanica quantistica per essere compresi e descritti.

Ma perché io mi occupo di fisica quantistica? Perché ci dà delle idee che prima non avevamo. E perché ci dobbiamo approssimare a verità che esulano dalla logica classica, aristotelica o euclidea. Infatti, anche la fisica ha dovuto rendersi conto che la fisica classica (con la sua logica tradizionale) non era più sufficiente a descrivere realtà che operano a livelli diversi da quelli macroscopici e che sono spesso controintuitivi

Il fatto che siano controintuitivi ci dice che la logica e la conoscenza tradizionale, quando si vuol andare a fondo, non bastano più.

La nostra mente con la sua logica è stata formata per vivere e risolvere problemi di tutti i giorni, ma non per scendere negli abissi del sapere dove vigono altre leggi. 

Il mondo non è stato fatto solo con la logica tradizionale, ma con una logica che non rispetta più le regole a cui siamo abituati.  

Detto in altre parole, estendendo i significati della fisica alla conoscenza mentale, la realtà è quantistica quando i fenomeni da osservare sono troppo 'piccoli' o troppo precisi per essere descritti in modo accurato dalla nostra logica.

Questo perché la nostra logica è duale mentre la realtà è multipolare.

Tra il bianco e il nero o tra la luce e il buio noi vediamo due polarità (o poco più) mentre le polarità sono molte di più. Quindi la nostra logica non può cogliere la complessità del reale. 

Anch'io, che ho capito tutto ciò, lo intravedo appena.

Con la nostra logica tradizionale, siamo troppo imprecisi e ci troviamo sempre di fronte a dilemmi dualistici, a loop, da cui non riusciamo ad uscire.

Il fatto è che la nostra mente è troppo limitata. Da millenni, gira e rigira tra contraddizioni o paradossi che non riesce a risolvere. Che non può risolvere, perché il suo modello di verità e realtà, sempre dualistico, non può comprendere ciò che contempla più possibilità. Vale a dire che le comprensioni non sono sempre o "vere" o "false", o l'una o l'altra, ma quantità diverse di entrambe le cose.

Solo che non abbiamo né le parole né i concetti per dirlo. Ci vorrebbero menti quantistiche.

Nel caso del tempo, abbiamo una oscillazione troppo veloce per essere colta dalla nostra percezione. Facevo l'esempio della pellicola cinematografica con il trascorrere dei fotogrammi così veloce che i nostri sensi non riescono più a distinguerli ad uno ad uno e ricevono l'impressione del movimento delle immagini proiettate. Il tempo è ciò che ci sfugge. 

Nello "sfuggirci", ci sembra che le immagini si muovano realmente. Ma è un'illusione visiva. Il tempo è un'illusione visiva.

Quelle che si muovono sono solo immagini sullo schermo della mente. Ma ciò che si muove realmente è solo il proiettore che ha un moto circolare. E che fa scorrere i fotogrammi della pellicola. Così il moto circolare diventa un moto proiettivo. Di pure immagini. Ma niente si muove realmente. 

Come dicevo prima, il passato, il presente e il futuro sono un fenomeno allucinatorio. Anche Einstein sosteneva che il tempo - la distinzione tra passato, presente e futuro - fosse solo un' illusione. In realtà tutti gli eventi accadono simultaneamente e sono collegati in un modo che va oltre la nostra percezione. Tutto esiste, è esistito ed esisterà in un continuum spaziotemporale che è permanente. Passato, presente e futuro coesistono. È la nostra mente che li divide. Proprio come in un film, dove esiste il primo, il secondo e il terzo tempo.

Ma dove esistono? Non fuori, esternamente a noi, ma dentro la nostra mente. Fuori non succede niente, mai niente. 

Quando infatti entriamo dentro, il tempo non esiste o esiste in modi diversi. In una fantasia, in una massima concentrazione o in un sogno, non ci sono più le distinzioni tradizionali, ma o scompaiono o coesistono.

Naturalmente, io non uso concetti quantistici in senso proprio. Ma lavoro filosoficamente (cioè "estendo") i concetti fisici al mondo mentale.

In che senso si parla propriamente di tempo quantistico?


Il concetto di "tempo quantistico" è un'area di ricerca complessa e in evoluzione nella fisica teorica. Non esiste ancora una teoria unificata e accettata da tutti, ma diverse idee e approcci cercano di conciliare la natura del tempo con i principi della meccanica quantistica.

Ecco alcuni punti chiave per capire in che senso il tempo viene ritenuto quantistico:

 * Discreto, non continuo:

   * Nella fisica classica, il tempo è considerato una grandezza continua che scorre in modo uniforme. Nella fisica quantistica, si ipotizza che il tempo possa essere "quantizzato", ovvero esistere in unità discrete, come se fosse composto da "pacchetti" o "quanti" di tempo.

   * Questo implicherebbe che il tempo non scorre in modo fluido, ma salta da un "quanto" all'altro, anche se queste unità sarebbero estremamente piccole, al di sotto della scala di Planck.

 * Emergente, non fondamentale:

   * Alcune teorie suggeriscono che il tempo non sia una dimensione fondamentale dell'universo, ma piuttosto una proprietà emergente che deriva dalle interazioni tra particelle quantistiche.

   * In questo senso, il tempo non esisterebbe di per sé, ma emergerebbe dalle correlazioni e dall'entanglement tra gli stati quantistici.

 * Relazione con la gravità quantistica:

   * Uno dei principali problemi della fisica moderna è la mancanza di una teoria che unifichi la meccanica quantistica e la relatività generale, la teoria della gravità di Einstein.

   * La gravità quantistica cerca di descrivere la gravità a livello quantistico, e in questo contesto il concetto di tempo diventa particolarmente problematico.

   * Alcune teorie di gravità quantistica, come la gravità quantistica a loop, suggeriscono che il tempo e lo spazio siano quantizzati e che la struttura dello spaziotempo sia costituita da una rete di "loop" o "nodi" quantistici.

 * Il tempo come illusione:

   * Alcune ricerche recenti, hanno suggerito che il tempo, cosi come lo percepiamo noi, potrebbe essere un artefatto della nostra interazione con il mondo quantistico, e non una realtà fondamentale.

In sintesi, l'idea del tempo quantistico sfida la nostra intuizione classica del tempo come qualcosa di uniforme e continuo, e apre nuove prospettive sulla natura fondamentale della realtà.

Sono questi concetti che mi interessano. Il concetto di "loop" in particolare mi ispira moltissimo.

Che cosa è un loop?

Il termine "loop" può assumere diversi significati a seconda del contesto in cui viene utilizzato. Ecco alcuni dei significati più comuni:

 * In informatica:

   * Un loop, o ciclo, è una sequenza di istruzioni che viene eseguita ripetutamente finché non viene soddisfatta una determinata condizione. I loop sono fondamentali nella programmazione per automatizzare compiti ripetitivi.

 * In musica:

   * Un loop musicale è una sezione di un brano audio che viene ripetuta in modo continuo. I loop sono ampiamente utilizzati nella musica elettronica e nella produzione musicale per creare ritmi e pattern ripetitivi.

 * In fisica (gravità quantistica a loop):

   * Nella teoria della gravità quantistica a loop, i "loop" sono strutture fondamentali che costituiscono lo spaziotempo. In questa teoria, lo spaziotempo non è continuo, ma è composto da una rete di loop interconnessi. Questi loop sono quantizzati, il che significa che possono assumere solo valori discreti.

 * In psicologia:

   * "Loop mentale" si riferisce a schemi di pensiero ripetitivi e spesso negativi. Questi loop possono portare a rimuginio, ansia e altri problemi psicologici.

   * "Loop esistenziale" è una condizione di ripetizione continua di abitudini, spesso gratificanti, che tendono a costituire, nel lungo periodo, un limite all'evoluzione personale.

 * In generale:

   * Il termine "loop" può anche riferirsi a qualsiasi struttura o processo che si ripete in modo ciclico, come un circuito chiuso o un ciclo di feedback.

In sintesi, il concetto di loop implica sempre una forma di ripetizione o chiusura, ma il significato specifico varia a seconda del campo di applicazione.

Avete capito? Il termine loop si applica ai fenomeni circolari o ciclici. Il che mi porta a vedere l' origine del tempo, che tutti consideriamo lineare, in un moto ciclico. In due sensi: nel senso del meccanismo del proiettore cinematografico che con un moto rotatorio riesce a creare l' illusione di un movimento di immagini e nel senso del rapporto nelle biciclette o nei motori tra moto rotazionale e, attraverso appositi ingranaggi, moto traslazionale. 

La nostra mente funzionerebbe proprio come un proiettore cinematografico che proietta immagini in movimento apparentemente lineare partendo dal moto circolare degli attimi "prima" e "dopo".

Non so se mi spiego. Il moto originale del tempo è circolare, fotogramma dopo fotogramma, ma poiché i fotogrammi sono leggermente diversi, cioè portano informazioni sempre diverse, ecco che appaiono le immagini in movimento. Proprio come in un cinema. 

Questo comporta alcune conseguenze. Quando i fotogrammi sono uguali, non appare nessuna immagine e il tempo non c' è. Inoltre la velocità del tempo-movimento-illusione può essere variabile, come sostenuto da Einstein e provato.

Interessantissima l' idea che il tempo possa non esserci, non prodursi, saltare per quanti, essere discreto o discontinuo, perché questo significa che il tempo può interrompersi. Nel caso che i fotogrammi siano identici (non si produce movimento) o nel caso di una tale concentrazione mentale che annulli le distanze dei fotogrammi.