giovedì 31 agosto 2017

La presenza dell'assurdo

Quando il mondo ci appare assurdo, ripetitivo, inutile e stupido, lo è perché adottiamo il punto di vista della logica, per cui tutto deve essere razionale, ordinato, utile e sensato.
Ma il mondo, con i suoi contrasti dualistici, con il suo apparire per sparire, con il suo vivere per morire, con il suo scontro insolubile tra bene e male, tra luce e tenebre, non è sensato. È insensato – perché non risponde alla nostra logica.
Le religioni cercano di dargli un senso, con il loro Creatore e le loro creature, con i loro paradisi e i loro inferni, con le loro ricompense e le loro punizioni.
Ma, nonostante questi ingenui tentativi, l’assurdo fuoriesce da ogni poro: le cose non sono il prodotto di una Mente perfetta, ci sono difetti di origine, ci sono situazioni paradossali (a che servono tutti questi pianeti e queste stelle invivibili?), c’è tanta ingiustizia, c’è tanto male ingiustificato, c’è tanta violenza, c’è tanta incertezza…
Tertulliano diceva: “Credo quia absurdum est”(credo perché è assurdo), riconoscendo non solo che i dogmi cristiani sono incredibili, ma anche che l’intero universo è un’assurdità.
Ma basta aver fede per far sparire l’assurdità? No.
L’assurdo permane sempre perché è la nostra mente che applica schemi logici insufficienti, gli unici che comunque siano a nostra disposizione.
Ma come fare a non pensare in modo logico? Anche le obiezioni che avanziamo sono fatte in nome della ragione, di cui mettono in evidenza i limiti. Abbiamo una mente insufficiente, come fosse un telescopio che più in là di tanto non può andare.
Ecco l’idea della meditazione, che non è né una fede inconsulta né una riflessione filosofica. Ma una forma di attenzione. E l’attenzione non segue nessun filo razionale, almeno finché non tentiamo di spiegarla.

Questo è anche l’unico modo per avvicinarci ad una trascendenza che non sia il solito deus ex machina. Una vera trascendenza, al di là della mente logico dualistica. 

L'età dell'incertezza

Sarebbe tutto diverso se qualcuno dimostrasse che morire è come cambiare un vestito o passare da uno stadio all’altro. Cambierebbe profondamente il nostro modo di vedere e di essere.
Ma questa certezza non c’è. Ci sono solo parole, idee, ipotesi, fedi…
Questo trovarci nell’incertezza ci dice molto del nostro stato costitutivo. Viviamo nella tenaglia dualistica di speranza e terrore. Ed è a questa che dobbiamo resistere.
Non cedere alla tentazione di cadere in uno stato o nell’altro. Ma accettare l’incertezza, senza fare scommesse, perché entrambe le scelte sono bacate e ci portano all’assurdo.

Dobbiamo correre sul filo del rasoio.

IL principio della meditazione

Non limitarti a guardare lo spettacolo che ti offre il mondo circostante e neppure l’io che guarda.
Riconosci colui o ciò che guarda sia l’esterno sia l’interno.
Il mondo è un’apparenza. Ma anche il tuo io lo è. Perché tutto è destinato a scomparire.
Ciò che è destinato a scomparire non può avere una stabile consistenza o comunque è uno stadio transitorio.
Il mondo attuale è assurdo proprio perché non ha permanenza. È come una visione o un sogno che passa.
C’è un’unica “cosa” che è stabile: lo sfondo o la base su cui si svolge lo spettacolo. È questa che devi cercare.

Ecco il principio della meditazione.

mercoledì 30 agosto 2017

L'uomo felice

“La salute mentale non è assenza di malessere” dice lo psicologo Mario De Maglie, “ma la sua presenza consapevole.” E ha ragione.
Dobbiamo essere consapevoli di due cose: che una certa dose di malessere, sofferenza o infelicità è sempre presente, e che è anche sempre presente una certa dose di benessere.
L’uomo non è solo un grumo di materia che reagisce agli eventi su cui non ha alcun potere, ma è anche colui che è consapevole di tutto ciò che prova. Sta a lui puntare l’attenzione su questo o su quello.
Possiamo scegliere che cosa accentuare.
Non cadiamo in potere di una mente – e quindi di una realtà - ignorante e agitata. Non guardiamo solo “fuori”. Possiamo scegliere ciò su cui fissarci.
La differenza tra un uomo infelice e un uomo felice è che il secondo sa come indirizzare la propria consapevolezza. L’altro subisce e basta.

Possiamo scegliere, possiamo addestrare la nostra mente.

martedì 29 agosto 2017

Rituali cattolici

Mentre in meditazione proponiamo esercizi mentali, introspezione, lucidità, chiarezza e trascendenza della sfera dei pensieri, che cosa ci propongono i rituali cattolici proprio in questi giorni?
Il rito dei battenti a Guardia Sanframondi nel beneventano, dove un migliaio di fanatici passa per il paese in processione con cappucci bianchi battendosi il petto con una spugna chiodata fino a farlo sanguinare. Sembra una scena del Grand Guignol o di un film di Mel Gibson, in cui i fedeli gridano: “Fratelli, forza e coraggio, in nome di Maria battetevi!”
Quando dico che il cristianesimo è l’ultimo atto del paganesimo…
Secondo questi cattolici, esiste un Dio che, per concedere i propri favori, vuole sangue e dolore. Certo, questa è un’idea che viene diritta dalla “passione di Gesù”, dove il Dio Padre apprezza ancora i sacrifici di sangue.
Un Dio talmente arcaico che risale proprio a quella religione dei sacrifici materiali che Gesù voleva superare. “Misericordia voglio, e non sacrifici!” (Mt 9, 13)

Poiché questi riti vengono filmati e diffusi in tutto il mondo, che cosa penseranno gli stranieri? Che l’Italia è ancora un paese di cavernicoli, che con una processione e molto sangue pretendono di risolvere i loro problemi.

Al fondo della mente

Quando diciamo che la natura fondamentale di tutto è un vuoto fecondo e autoluminoso, ecco che pensiamo al vuoto e cerchiamo di meditare su questa idea. Ma meditare sul vuoto non è il vuoto. Siamo ancora nel mondo della concettualizzazione.
Meditare con un’intenzione non raggiunge lo scopo; è ancora uno sforzo mentale. È lo stesso è smettere di parlare e di pensare.
Non devi concepirlo. Puoi al massimo familiarizzarti con esso.

Devi semplicemente rilassarti nel tuo stato naturale, nello stato naturale della mente, che è vuoto.

lunedì 28 agosto 2017

Le sofferenze della nascita

Come allievi di Freud pensiamo che il feto nella pancia della madre si trovi in una condizione di beatitudine, dato che ha tutti i suoi bisogni sono soddisfatti; e che una volta uscito desideri rientrare in quello stato di felicità. Ma nessuno di noi ne ha un ricordo diretto.
Dai maestri tibetani abbiamo altre descrizioni., del tutto opposte. La formazione del feto, da uno stato gelatinoso, è molto penosa. Il feto, chiuso nel buio dell’utero materno, stretto e maleodorante, soffre come se fosse rinchiuso in una prigione. Quando la madre beve qualcosa di caldo, lui si brucia; e quando beve qualcosa di freddo, lui si gela. Quando la madre si corica, viene schiacciato; quando la madre ha lo stomaco pieno, lui si sente intrappolato. Quando la madre ha fame, si sente cadere in un precipizio. Quando la madre cammina, si sente sbatacchiato.
Quando sta per nascere e viene spinto verso il collo della cervice, soffre come se fosse sbattuto. Quando attraversa le ossa pelviche, si sente stritolato. Ed entrambi, madre e figlio, rischiano la vita.
Poi la sofferenza del neonato continua. Quando viene posato su una superficie e lavato, si sente come in un mucchio di rovi. Quando viene abbracciato dalla madre, si sente come un passero stretto da uno sparviero. E non può che piangere.
Poi incominciano i problemi della fame, della sete e delle malattie. E questo è solo l’inizio, perché svilupparsi e crescere è una corsa ad ostacoli dove si può cadere ad ogni momento e farsi molto male.
Ma tant’è: questa è la vita che noi magnifichiamo.
Chi avrà ragione? Freud o i maestri orientali?

Forse ciò che ricordiamo come stato di beatitudine non è la gestazione, ma lo stato in cui non eravamo ancora degli individui ed eravamo uniti al tutto. 

Nascere, venire al mondo, è l’inizio della sofferenza: questo è certo.

La presenza istantanea

Un attimo prima che l’attore entri in scena o che il cavaliere sia sbalzato dalla sella, proprio mentre cade, lì c’è il massimo di presenza istantanea. Quando non hai più tempo di pensare a nient’altro e la tua mente è concentrata e vuota di ogni pensiero estraneo.
È qualcosa che esiste fin dall’origine e che è inafferrabile dai concetti. Se la si cerca fuori, non la si trova. La si trova solo cercando dentro.
Non c’è un metodo particolare per cercarla. Perché è il vuoto di tutti i metodi e di tutti i pensieri.

È la propria natura originaria, vuota.  Per trovarla, è sufficiente non forzare la propria mente e lasciarla nella propria essenza, che è quiete e chiarezza profonda.

domenica 27 agosto 2017

Farsi da parte

Se, come pensa Nietzsche, la verità è solo ciò che è utile alla nostra esistenza, allora la logica rientra nell’economia.
In effetti noi non scopriamo la verità, ma ne costruiamo una che ci faccia comodo.

Se pretendiamo di osservare la luce con gli occhiali da sole, vedremo sempre nostre interpretazioni. Il problema è toglierci gli occhiali da sole, cioè farci il più possibile da parte, pensare senza pensare, far tacere il più possibile la mente interpretante e utilitaristica.
Ma è molto difficile, soprattutto per chi ha un ego debordante e accentratore.

La religione come follia

Ormai qualunque pazzo musulmano in Europa si sente autorizzato a prendere un coltello o una bomba e a colpire qualsiasi “infedele”, cioè ognuno di noi.
Già le religione è follia (in quanto pretende di sapere quale sia la volontà divina). Ma, se alla follia della religione ci aggiungiamo la pazzia individuale, creiamo una miscela esplosiva.

In  realtà ci vorrebbe una psicoterapia di massa. Ma non possono certo farla i pazzi “fedeli” di qualche religione, che pure pontificano tutti i giorni.

I violenti

“La violenza non è accettabile da nessuna parte” dichiara il Segretario di Stato Vaticano, Parolin, riferendosi ai recenti sgombri di emigrati finiti a manganellate.
Ma se un gruppo di persone, senza essere invitato, irrompe nella tua casa, questa non è violenza? La verità è che noi italiani in questo momento stiamo subendo un’aggressione violenta. E la politica vaticana sull’accoglienza ha contribuito a creare questo stato di cose.
Tutta la retorica cattolica sui nostri “fratelli” emarginati non nasconde che spesso i fratelli sono invadenti e violenti e che bisogna saper reagire.
Quando Gesù veniva assalito da una folla di persone che volevano miracoli, se ne allontanava e se ne andava in solitudine. Non gli accoglieva tutti nella sua casa.


sabato 26 agosto 2017

Il nostro karma

Molti pensano che il karma sia una delle solite fumisterie orientali, senza alcun fondamento, come uno dei dogmi delle varie religioni. Ma non si tratta di credere a scatola chiusa. Basta guardare.
Il karma è ben visibile nel Dna.
Che cos’è il Dna se non il nostro karma personale? Lì ci sono inscritte le nostre doti e le nostre malattie, quanto vivremo e quando moriremo.
Lì sono tracciate le grandi linee del nostro destino. Se abbiamo difetti genetici, quelli potranno un giorno maturare e provocare determinate malattie. Già adesso si può sapere quali sono i nostri punti deboli.
Da dove viene il nostro Dna? Da quello dei nostri genitori, i quali a loro volta l’hanno avuto dai loro genitori, i quali l’hanno ricevuto… e così via fino all’origine della nostra specie. Tutto già deciso, tutto previsto: un’eredità del passato.
Il Dna, presente in ogni cellula, è il programma che predetermina chi saremo e che cosa faremo.
Naturalmente non si tratta di un determinismo ferreo. Non tutte le nostre azioni sono previste. C’è un certo spazio di libertà, di scelta e di intervento. Ma, se non ne siamo consapevoli, se crediamo che tutto sia casuale o sia deciso da un Dio, il nostro destino si compirà inesorabilmente.
Per cambiare questo accumulo di karma, occorre tenere un comportamento saggio e illuminato. Non si tratta di meriti o di demeriti, si tratta di tracce karmiche lasciate dai nostri predecessori e poi dalle nostre stesse azioni. Si tratta in molti casi di andare controcorrente.
La chiave è esserne consapevoli - essere consapevoli che non siamo tabulae rasae, ma che ci portiamo dentro un patrimonio, benefico e malefico, su cui possiamo intervenire solo se non seguiamo come automi ciò che ci viene dal passato e dal di dentro.
La via della liberazione è una via di consapevolezza e di azioni coerenti, un metodo di distacco da abitudini e comportamenti precostituiti da millenni. Non è una via di obbedienza e di sottomissione, non è una via di fede e di tradizione. Tutto il contrario: è una via di scoperta e di innovazione, è un metodo per riplasmare il nostro cervello e il nostro Dna.

Che cos’è il Dna se non il nostro karma reificato?


Infantilismo teologico

La Chiesa valdese apre alle coppie gay. Ma per la Chiesa cattolica i tempi non sono maturi – commentano i giornali.
Quando mai lo saranno?
I frutti che non maturano a tempo debito o non sono mangiabili o marciscono sulla pianta.
Il bello è che i teologi cattolici si appellano alla legge della natura. Come se gli omosessuali non fossero creati dalla natura.
Siamo al solito infantilismo teologico dei cattolici. I quali credono che Dio sia una specie di parroco, che gioca alternativamente a fare il padre, la madre e il figlio, e che ce l’ha con gli omosessuali, con i divorziati e con chi non si sposa in chiesa.

Mai nessuna religione ha reso tanto piccolo e meschino l‘assoluto. 

venerdì 25 agosto 2017

La ribellione dei profughi

A Roma, governata dai Cinquestelle, c’è stata una ribellione di profughi che stavano per essere sgomberati. Questo è ciò che ci aspetta in futuro. Guerriglia urbana.
In un paese che non è capace di risolvere i problemi delle occupazioni abusive o dei Rom, volete che si sia capaci di risolvere il problema di un milione di profughi che abbiamo incamerato in questi anni?
Come si vede, l’accoglienza illimitata e caotica che vogliono il Papa e tanti cattolici si trasformerà in un disastro sociale.

Per anni avremo sul gobbo questa gente. Ma sapremo chi ringraziare.

Nel paese del Papa

In Islanda non nascono più bambini Down per il semplice motivo che si fanno analisi prenatali e, quando si scopre un’anomalia cromosomica, la maggior parte delle donne abortisce. Ma, in Italia, paese papalino, molti si sono risentiti.
Ma come? Andare contro la volontà divina? Praticare aborti? Giammai!

Noi vogliamo i bambini handicappati! Tutta grazia di Dio!

Una religione abusiva

Quell’enorme costruzione posticcia, falsa e abusiva che è stata innalzata sul messaggio di Gesù, tradendolo e distorcendolo.

Falsificate le frasi di Gesù sulla Chiesa, falsificate le genealogie, falsificate le apocalissi, falsificate le storie di Gesù bambino, falsificata la nascita miracolosa di Gesù… e poi, via via, falsificata la donazione di Costantino.

La scelta della morte

Ulisse, l’uomo che ha preferito essere mortale ad una noiosa ripetitiva immortalità fuori dal tempo, è il prototipo dell’uomo che ha scelto la mortalità.

Gli uomini credono di aspirare all’immortalità. Ma in realtà hanno già scelto la mortalità.

La zona della trascendenza

Dio non è ciò che pensiamo, perché tutto ciò che pensiamo di Dio non è Dio. Non devi pensare a “Dio” per avvicinarti al divino.
Dopo aver pensato a Dio ed esserti perduto in tutte le contraddizioni del pensiero, metti da parte da parte il pensiero: quella è la zona della trascendenza.
Se la trascendenza fosse pensabile, che trascendenza sarebbe?
Dio non ha nessuna religione. Tutte le religioni pensano a Dio e, quindi, lo riducono ad un fantoccio umano.

Lo vediamo bene come il ritorno attuale delle religioni si riduce a ferocia insensata.

L'ira

L’ira toglie l’io a se stesso, intorbida lo sguardo e impedisce la godibilità della vita.
Nella contemplazione non può esserci ira. Lo sguardo contemplativo è uno sguardo partecipe ma spassionato.

E, tuttavia, in quanto toglie l’io a se stesso, talvolta è anch’essa trascendenza e porta un’energia potente.

giovedì 24 agosto 2017

In principio era il Verbo?

Creata la parola, fatto il danno. Ci siamo inventati la parola Dio e crediamo di sapere che cosa sia Dio, tanto che ogni religione ne dà una propria versione.
In realtà, la parola, se da una parte è una specie di boa o un dito che indica qualcosa, dall’altro non è affatto quella cosa. Se da una parte indica, dall’altra nasconde, e ci illude si sapere di che cosa parliamo. Anziché essere rinvio, diventa schermo.
Potrò mai incontrare qualcuno che dimentichi le parole e converarsare con lui? si domandava il saggio cinese Chuang-tzu. E il Tao Te Ching gli faceva eco: “Colui che sa non parla, colui che non sa parla”.
Ma sarebbe già un successo capire che le parole sono infide e possono inventarsi qualunque cosa, anche inesistente.
La parola ha un grande potere – anche di ingannare.
In principio era il Verbo o un grande Silenzio?

La parola non può che uscire dal silenzio, e tra una parola e l’altra c’è ancora silenzio. Noi, che abbiamo costruito la civiltà della chiacchiera, non l’abbiamo ancora capito.

Il ciclo del samsara

Nella vita di tutti i giorni, quasi nessuno esamina le motivazioni dei propri atti, soprattutto se si tratta di azioni che ritiene positive. In realtà si possono compiere azioni positive con motivazioni abiette, per esempio per mostrarsi importanti, per ostentare generosità, per farsi belli, per sentirsi buoni, per ragioni di prestigio sociale, per competitività, per desiderio di notorietà, per mettersi a posto la coscienza, per ambizione e così via.
Certo è difficile esaminare di continuo il flusso dei propri pensieri e delle proprie volizioni.
Ma se, come sostengono i sostenitori del karma, ogni nostro atto e soprattutto ogni nostra motivazione lascia una traccia in una specie di coscienza deposito, si capisce perché stiamo tutti errando da milioni o da miliardi di anni nel ciclo doloroso del samsara.
Nessuna infatti ha sempre una motivazione pura e totalmente disinteressata. Perfino i grandi illuminati sono finiti quaggiù a causa di errori o peccati compiuti nel passato.
Applicando con precisione la legge di causa e di effetto, c’è sempre qualcosa da scontare. È per questo che la vita, anche nel migliore dei casi, è dolorosa.

Resta comunque il fatto che, senza uno sviluppo della consapevolezza, non c’è modo di uscire dal samsara.

mercoledì 23 agosto 2017

La via della saggezza

Trasformare i piaceri istintivi (mangiare, fare sesso, ammirare un quadro o un paesaggio, ecc.) in godimenti più consapevoli e meditati.
Ecco uno degli scopi della meditazione e anche della vita.

Una via dolce alla sapienza.

Le radici profonde

Quando ci risvegliamo da un sogno notturno, dopo un po’ dimentichiamo tutto. Ci immergiamo subito in questa realtà cercando di spremerle tutto il possibile e il ricordo del sogno svanisce.
Ma resta il fatto che la realtà del sogno è stata prodotta da noi e resta dentro di noi, seppur sepolta ad un altro livello. I due piani sono sì distinti, ma contemporanei e concentrici. E si influenzano a vicenda. Non c’è un prima e un dopo, un qui e un là. Tutto è qui e ora… chissà quanti piani, chissà quanti dimensioni, chissà quante vite.
Tutto qui e ora, l’una cosa dentro l’altra. Una vita dentro l’altra.
Ma, per ricordare, dovremmo esercitare la memoria. E invece la nostra memoria è debole ed evanescente, e ci fa pensare che ci sia solo questa realtà. Ci dimentichiamo di tutto il resto. Ignoranza è dimenticanza.
Se avessimo una memoria divina, ci ricorderemmo di quante vite abbiamo già vissuto, di quante vite sono presenti in questa, e potremmo risalire a tempi in cui eravamo altre persone, maschi e femmine. Allora capiremmo chi siamo e perché siamo così.

Purtroppo ci rimane una piccola fetta di realtà, perché la nostra mente è limitata. Vediamo le foglie e i rami, ma non il tronco unico e le radici profonde.

martedì 22 agosto 2017

IL terremoto di Ischia

Dobbiamo ringraziare Dio per i bambini sopravvissuti o per i due morti, uccisi oltretutto dal crollo di chiese?

Ma quanti Iddii ci sono? E non vanno nemmeno d’accordo fra loro.
C'è molta confusione in terra... come in cielo.

La Chiesa anti-italiana

Salvini sostiene che un prete di Pistoia che ha portato un gruppo di emigranti a fare il bagno in piscina è “anti-italiano.”
Si accorge ora che la Chiesa cattolica è anti-italiana? Fa cioè gli interessi di se stessa e del proprio Stato, non dell’Italia?

E non per una questione di bagni in piscina. Ma per la sua politica di antagonismo e di sfruttamento dello Stato Italiano.

L'albero che esaudisce tutti i desideri

Ne parlano tante mitologie.
Ma, se anche ci fosse, saremmo più felici? Saremmo degli dei o dei disperati senza più rimedio?

In fondo, ciò che ci tiene in vita è proprio il desiderio. Tolto quello, non potremmo più sperare in nulla.
Auguriamoci che questo albero o qualche aggeggio equivalente non esista mai.

Il paradosso di Fermi

Gli scienziati che fanno tanti calcoli ci dicono che nell’Universo ci dovrebbe essere un alto numero di pianeti, come la Terra, con forme di vita simile alla nostra.
Ma Fermi si domandò: se ci sono così tante forme di vita, dove sono finite? Perché non comunichiamo con nessuna?
Al di là delle distanze spaventose tra un pianeta e l’altro, resta un punto centrale. Non è detto che sia possibile che la vita “intelligente” si evolva oltre un certo limite. Perché?
Lo vediamo nel nostro pianeta. Ci siamo evoluti tecnologicamente e scientificamente, ma siamo pieni di ingiustizie, di aggressività, di competitività, di violenze e di guerre. Perfino le religioni sono in concorrenza l’una con l’altra.
Chi scommetterebbe un centesimo sul nostro futuro? Probabilmente abbiamo già raggiunto il limite massimo di sviluppo. Nessuno infatti vede segni di evoluzione psichica. Rimaniamo al livello mentale delle scimmie.
Il problema è che i tempi dell’evoluzione sono lentissimi, mentre i tempi dell’autodistruzione (per esempio dell’ambiente) sono velocissimi. Non vedo tanti uomini capaci di controllare i propri istinti predatori e i propri interessi personali e di avere una visione di ampio respiro. Abbiamo ancora gente che uccide in nome di Dio. Abbiamo capi di Stato che minacciano l’uso di armi nucleari e si disinteressano del cambiamento climatico. Abbiamo un Onu incapace. Ragioniamo ancora in termini nazionalisti. Odiamo la globalizzazione. Ci barrichiamo dentro le nostre mura. Abbiamo gente che vuole arricchirsi a spese degli altri, che vuole ingrandirsi senza limiti, che vuole possedere e arraffare il più possibile, che vuole essere sempre più potente. Abbiamo miliardi di uomini che cercano protezione nei loro dei immaginari e non pensano di sviluppare le proprie potenzialità.
L’istinto aggressivo e competitivo sembra essere incontrollabile.
Quanto dureremo ancora?

Senza una presa di coscienza globale, senza un salto evolutivo, per noi non c’è futuro. E probabilmente la storia si ripete in tutti gli altri pianeti vivibili. Ci vuole troppo tempo per passare dall’essere un animale all’essere un animale evoluto che abbandona i propri peggiori istinti e acquisisce una nuova coscienza.

lunedì 21 agosto 2017

La complementarità degli opposti

Nella nostra immensa ignoranza, non ci accorgiamo che bene e male si alternano di continuo - non perché siano antagonisti, ma perché l’uno porta all’altro.
Prendiamo il caso di Papa Bergoglio che invita ogni giorno all’accoglienza. Se l’Italia lo ascoltasse e accogliesse tutti gli emigranti, collasserebbe sotto il loro peso. Una volta si diceva che la via dell’inferno è lastricata di buone intenzioni.
Questo significa che quando si esagera e ci si illude di poter applicare formule “benefiche” senza la luce della misura e dell’intelligenza, quel bene si trasforma automaticamente e irrimediabilmente nel male.
Ma questo il Papa non lo sa. Lui è come un disco rotto che ripete sempre le stesse parole. Lui deve essere buono sempre e ad ogni costo.

Non sa che bene e male sono complementari e che se si alimenta troppo l’uno si alimenta anche l’altro.

La chiarezza di mente

Per avere un’idea e un’esperienza di che cosa significhi tenere la mente a riposo, sfruttiamo i primi momenti in cui si svegliamo la mattina. Siamo svegli, ma la mente non è ancora in funzione: non sta pensando, non sta ricordando, non sta facendo progetti per la giornata, non fantastica, non si preoccupa. È pura consapevolezza.
Stabilizziamoci qui, senza cadere nella trappola dei pensieri.
Di notte, la mente ha in parte lavorato, producendo sogni, ma è riuscita anche ad avere un sonno non-Rem, un sonno senza sogni, un sonno veramente riposante. Si è immersa nella coscienza substrato (alaya), che è un vuoto luminoso in cui gli oggetti, il mondo, gli altri, l’ego e l’elaborazione concettuale sono scomparsi; e con essi è scomparsa la tensione esistenziale.
In parte questo accade anche quando si fa un breve pisolino durante la giornata. Quando ci si sveglia si è riposati e con la mente fresca: infatti la mente non ha lavorato ed è rimasta ferma.
Come si vede, la natura è in grado di ispirarci e di aiutarci quando siamo alla ricerca non di stati paranormali, ma di stati di chiarezza e di luminosità.
Sperimentiamo in questo senso e cerchiamo di prolungare o di “produrre” questi stati anche durante la meditazione.

Il verbo “produrre” non è esatto, perché non si tratta di sforzarsi, pensando o non pensando, ma di essere in una condizione di limpidezza priva dell’abituale sofferenza, il che è uno degli obiettivi della meditazione.

domenica 20 agosto 2017

La preziosa vita umana

Ma chi è che muore veramente? Chi è che nasce? Qual è il soggetto?
Non certo l’io individuale, che si trova sospinto in queste situazioni, ma un insieme di cause e condizioni che prima fanno nascere un individuo e poi lo fanno morire.
Non sono certo io che nasco. E, a meno che non mi suicidi, non sono io che muoio. No, è l’universo che mi fa nascere e mi fa morire. Io non decido: non c’è il mio io che decide. Il mio io è il prodotto, anche perché, per formarlo, ci vogliono mesi o anni.
Prima che il bambino riconosca di essere un io, passa un bel po’ di tempo. In tutto quel tempo, sono altre forze che lo fanno crescere.
Potremmo dire che c’è un Dio che decide tutte queste azioni. Ma, perché attribuire ad un essere ignoto, la responsabilità di azioni che possono andar molto male, che creano comunque sofferenza?
Lo stesso succede con le azioni più importanti della vita. Sono io che mi addormento, io che sogno, io che mi innamoro, io che mi ammalo, io che invecchio? Se per esempio mi innamoro, sono io che mi innamoro o è il fatto che trovo qualcuno che assomiglia a mio padre o a mia madre? Insomma, io non decido nulla.
Sono ben poche le azioni e le scelte attribuibili all’io, al mio io. L’io non è mio, l’io mi viene appioppato.
Il mio io si forma solo quando faccio queste considerazioni, solo quando divento consapevole. Prima è un ente condizionato, come quello di un insetto o di un animale.
Dunque, la possibilità di creare un io dipende dalla mia consapevolezza.

La “preziosa vita umana” è un’occasione. Ma, per coglierla e farla fiorire, dobbiamo sviluppare l’intera nostra consapevolezza. Dopo la nascita naturale, dobbiamo ancora nascere.

sabato 19 agosto 2017

La rivoluzione della meditazione

Chi si dedica alla meditazione lo fa perché non vuole essere in balia della propria mente. Vuole riprendersi in mano le redini del proprio sviluppo, non vuole rimanere l’eterno figlio sottomesso di un Dio Padre.
Questo è un punto di vista rivoluzionario, una decisione che cambia il rapporto con sé e con il divino.

La decisione di meditare è già meditare.

Il cristianesimo come ultimo atto del paganesimo

Basta entrare in una chiesa con i suoi vari dei (Padre, Figlio, Spirito Santo, Madonna) e con i suoi vari santi e protettori per accorgersi che siamo ancora all’interno del paganesimo.
Ora l’essenza profonda del paganesimo era l’antropomorfizzazione del divino: gli dei non erano che proiezioni delle capacità e dei difetti umani.
Gesù è l’ultimo di questi dei pagani. È l’uomo-dio, ossia il divino concepito sotto forma umana.

I Vangeli, libri di mitizzazione e di propaganda, ci raccontano non l’incarnazione del divino nell’umano, ma la proiezione dell’umano nel divino, ossia l’incapacità dell’uomo di concepire il divino se non in termini antropomorfi.

Il bisogno di protezione

Il bisogno di protezione, fulcro della devozione religiosa, si accompagna al bisogno di autorità. E il bisogno di autorità svela un bisogno di sottomissione che impedisce all’individuo di realizzare le proprie potenzialità.

Contemplazione estetica

Posso contemplare un bel paesaggio o una bella donna senza per questo volerla possedere. In tal caso, ho un’esperienza estetica di contemplazione, ossia un arresto ammirato della mente di fronte al prodigio della bellezza.
Se però attivo anche il desiderio di possesso, se entro nel campo del “mio” e dell’ io”, introduco un elemento estraneo – la brama - che fa decadere la “mia” esperienza. Non sono più in grado di contemplare senza interessi secondari.

Questo vale per tutte le esperienze di meditazione e di contemplazione, che dovrebbero invece lasciar fuori proprio l’io con le sue voglie di appropriazione.

venerdì 18 agosto 2017

I megafoni del terrorismo

I più grandi alleati dei terroristi sono certamente i mass media europei che, quando c’è un attentato, immediatamente sospendono i programmi previsti e diramano la notizia ai quattro venti. In studio compaiono “esperti” che non sanno nulla ma parlano per ore, tediando i telespettatori, cui farebbe molto meglio un programma distensivo. È così che si diffonde la paura a tutti e si fa il gioco dei terroristi.
Sarebbe ora che i mass media si dessero un codice di autoregolazione in casi del genere. I terroristi contano proprio sull’effetto moltiplicatore di radio e televisioni.
In questo modo, bastano due scalzacani qualsiasi che rubano un’automobile e la scagliano sulla folla per avere una risonanza mondiale. Troppo facile, troppo semplice.

La miglior reazione non è parlarne per ore, ma continuare la regolare trasmissione dei programmi.

Se lo scopo dei terroristi è terrorizzare il maggior numero possibile di persone, ci riescono benissimo… grazie alla collaborazione dei nostri vanesi giornalistiche vogliono dar sfoggio delle loro capacità di non dir nulla per ore.

Il sesto senso

In Oriente si ritiene che, oltre ai cinque sensi, ne esista un sesto: la mente.
In effetti, la mente può produrre le stesse reazioni degli altri cinque sensi. Per esempio, quando in sogno, mi appaiono esseri o situazioni pericolose, provo paura e mi sveglio magari con il cuore che batte all’impazzata. Ma, più in generale, anche da sveglio, se mi immagino determinate situazioni, provo delle precise reazioni.
Il fatto è che gli “oggetti della mente”, come i pensieri e le immagini, per quanto non tangibili, provocano effetti concreti, concretissimi.
La mente, con i suoi “oggetti” sottili, ha la capacità di spezzarci il cuore o di darci sollievo. Dipende da noi.
Purtroppo, vediamo troppe persone che se ne vanno in giro guidate dai propri pensieri e dalle proprie fantasie. Non hanno il minimo controllo sulla propria mente. È la mente che conduce loro.
Fra due persone che hanno la stessa vita e le stesse esperienze, una sarà felice e l’altra disperata. La differenza sta tutta in ciò che hanno in mente.
Ecco perché, in meditazione, si raccomanda di controllare la mente. Il problema non è tanto quello di impedire i pensieri negativi, quanto quello di riuscire a staccarci da loro, mettendoci per così dire nella posizione dell’osservatore.

La mia mente pensa questo, ma la mia consapevolezza ne rimane immune. Guarda e lascia passare, senza farsene influenzare.

giovedì 17 agosto 2017

La volontà superiore

È noto che i figli di personaggi ricchi e potenti non combinano quasi nulla nella vita: sono protetti e facilitati in tutto, non devono fare grandi fatiche… perché darsi da fare? Restano per così dire in uno stato di minorità, non devono utilizzare tutte le loro facoltà.
Lo stesso succede, a livello religioso, agli uomini che si sentono protetti da una divinità. Si aspettano tutto dall’alto e non mobilitano tutte le loro risorse.
A questo punto dell’evoluzione umana, la fede in un Dio che vede e provvede è deleteria. Perché non c’è nessuno che ci protegge, non c’è nessuna provvidenza divina. Se una meteora si dirigesse sulla Terra, così come è già successo in passato, e provocasse una distruzione apocalittica, nessun Dio interverrebbe a deviarla. E non basterebbe pregare. Tutt’al più servirebbero i nostri missili e la nostra tecnologia.
Dovremmo prepararci già da adesso, non solo all’eventuale meteora, ma ai cambiamenti climatici, alla sovrappopolazione e alla distruzione delle risorse naturali. Però gli uomini non lo fanno. Credono nella protezione divina, credono che un Dio interverrebbe a salvarli all’ultimo momento.
Sono pochi gli uomini che hanno una coscienza globale; i più ragionano nei termini della loro breve vita, della loro nazione, del loro interesse immediato.
E la fede in Dio peggiora tutto: li rende inerti. Certi gruppi religiosi non vogliono neppure utilizzare le pratiche mediche più comuni, come la trasfusione. Si affidano alla preghiera e fanno morire i loro figli.
Gli uomini hanno in sé potenzialità enormi, ma non si sentono stimolati a svilupparle, perché credono in una volontà superiore che li salverà.

Ma l’unica volontà che possa agire in questo mondo è proprio quella umana. Quando se ne accorgeranno, sarà troppo tardi.

Il mondo è la reificazione di una consapevolezza che ora è anche dentro l’uomo. Quindi non serve a niente cercarla o invocarla fuori. Va cercata e attivata dentro.

mercoledì 16 agosto 2017

La mente immacolata

La cosa più difficile, in meditazione, è lasciare che la consapevolezza rimanga nel suo stato naturale. Non bisogna cioè cercare né particolari pensieri, né particolari stati d’animo.
Dobbiamo lasciarla così, non contaminata, non condizionata dalle nostre paure e dalle nostre speranze.
La consapevolezza deve rimanere come lo spazio aperto su cui passano - come nuvole o ombre - idee, immagini, ricordi, visioni, sensazioni e tutto il materiale che di solito affolla la nostra mente.
Lasciamo che queste percezioni passino e se ne vadano. In fondo si tratta di apparenze, di fantasmi con poca consistenza
Non agitiamoci, non fissiamoci, non afferriamoci. Se cerchiamo solo esperienze piacevoli, alla fine emergeranno anche quelle spiacevoli: non si sfugge a questa regola dialettica.
L’immaginazione è molto potente: ha creato l’intero mondo allucinatorio che vediamo.
Gli uomini sono malati – malati di mente. Sono schizofrenici che soffrono per le loro stesse visioni.

Riconosciamo il mondo per quello che è: una proiezione della nostra mente.

Per grazia ricevuta

A Madeira, in Portogallo, durante una festa religiosa in onore della Madonna, un albero è caduto sulla folla dei fedeli, ne ha uccisi 13 e ne ha feriti altri 50.
Bisogna stare attenti quando si evoca l’intervento di figure religiose, perché si sa che le divinità sono bizzose e imprevedibili.
E, talvolta, dalla grazia si può passare alla disgrazia.
Meglio lasciar perdere.

Gli uomini sono giocattoli in mano agli dei.

martedì 15 agosto 2017

La fine della sofferenza

È chiaro che all’inizio, in meditazione, siamo guidati dalle sensazioni piacevoli (leggerezza, sollievo, chiarezza, distensione, quiete, gioia, ecc.). Ma la meta non è questa.
La meta è un superamento di tutte le reazioni egoiche, piacevoli e spiacevoli. Infatti, il problema delle sensazioni piacevoli è che inducono all’attaccamento e quindi non ci permettono di andare oltre. Si tratta comunque di fenomeni transitori, sottoposti alla logica dialettica.
Ogni volta che ci afferriamo a simili esperienze, in realtà consolidiamo l’io con il suo dualismo (bene-male, piacevole-spiacevole, gioia-dolore, ecc.).
Non dobbiamo afferrarci alle sensazioni, ma lasciarle andare. Osservarle come se non ci appartenessero. Come dice il Buddha, “per colui che si aggrappa, il movimento esiste; ma per colui che non si aggrappa, non c’è movimento. Dove non c’è movimento, c’è quiete. Dove c’è quiete, non c’è brama. Dove non c’è brama, non ci sono né l’andare né il venire, non ci sono né il nascere né il morire. Dove non ci sono né il nascere né il morire, non ci sono né questo mondo né un aldilà, e nemmeno un mondo intermedio. Questa è in verità la fine della sofferenza.” [Udana, 8, 4]


lunedì 14 agosto 2017

Abili mezzi

Non tutte le motivazioni e i sentieri sono uguali. Ognuno ha i suoi. Non esiste un veicolo unico, adatto a tutti.
Dobbiamo quindi domandarci e verificare che cosa stiamo cercando e come lo cerchiamo. In che modo combattiamo per uscire dal nostro abituale stato di tensione e di sofferenza?
C’è chi cercherà la quiete, chi il silenzio, chi la concentrazione, chi la luminosità, chi la chiarezza, chi un maestro, un personaggio religioso o una figura divina (un Dio, un Salvatore, un Messia, ecc.), chi un suono o un mantra (in principio era il Verbo), chi la via della gioia, chi la distensione del respiro, chi l’autonomia, chi il piacere fisiologico, chi il riposo e il rilassamento, chi la distensione psicosomatica, chi una guida, chi la liberazione dal condizionamento, chi stati soprannaturali, chi il paradiso, chi l’amore, chi la compassione…
Ognuno di noi ha una motivazione (o un insieme di motivazioni) che lo porta a scegliere un determinato sentiero.
Siatene consapevoli. Ma poi non rimanete attaccati a questa motivazione. Lo scopo è non rimanere afferrati, agganciati.
Ognuno deve sfruttare il proprio carattere e le proprie vie d’accesso. E procedere oltre.


Barche religiose

Quando ci si aggrappa a oroscopi e cartomanti – dichiara Papa Bergoglio – si va a fondo.
E qui possiamo essere d’accordo.
Ma poi il Papa aggiunge che bisogna aggrapparsi alla “barca della Chiesa rifuggendo la tentazione di salire su battelli ammalianti ma insicuri delle ideologie, delle mode e degli slogan… Su questa barca siamo al sicuro, nonostante le nostre miserie e debolezze.”
Sembra uno slogan pubblicitario, uno spot televisivo che potrebbe adattarsi a qualunque prodotto commerciale. Scegliete la nostra barca, perché è più sicura delle altre, perché è “una garanzia contro il naufragio.”
Anche il Buddha paragona la propria dottrina ad una barca che serve ad attraversare un fiume. Ma poi ammonisce, una volta attraversato il fiume, a lasciarla perdere e a procedere da soli. Come dire, alla fine, tutte le dottrine, tutte le fedi e tutte le Chiese vanno abbandonate se non si vuol rimanere aggrappati a qualcosa di contingente e di limitato, ad una barca cui si rischia di affezionarsi troppo, castrandoci così con le nostre stesse mani, impedendoci di procedere oltre.
Non esistono barche in cui ci si possa addormentare sicuri e tranquilli. Anche sulla barche, sempre in balia dei flutti, bisogna essere vigili - e pronti a lasciarle.

Altro stile, altra profondità.

domenica 13 agosto 2017

L'inumanità

A proposito della nostra attuale politica di respingimento degli immigrati, qualcuno sui giornali parla di “inumanità” degli europei. Ma quale sarebbe l’alternativa?
Se in una barca che contiene 10 persone ne vogliamo far salire 100, la barca va a fondo. Questo è sicuro.
Non è questione di inumanità. È una questione di ragionevolezza.
L’irragionevolezza sta a monte. In chi vorrebbe usare una fragile scialuppa per salvare tutti i passeggeri di un transatlantico.
Perché gli africani, invece di fuggire in massa, non se ne stanno nei loro paesi a combattere e a lottare contro i vari dittatori sanguinari che hanno eletto o che si sono autoproclamati tali? Non è vero che l’Africa sia povera. È piena di ricchezze, che però vanno in tasca a pochi violenti.
Noi possiamo aiutare gli africani. Ma sono prima di tutto loro che devono aiutare se stessi.
Insegniamo agli africani a salvarsi da soli.

Non c’è mai nessuno che ci salva se non lo facciamo prima noi stessi. In qualunque campo. Anche a livello religioso. 

Le pratiche preliminari

Se hai la fortuna di essere arrivato all’età della ragione senza grandi danni, e con le tue risorse intatte, non c’è di fronte a te una secca alternativa: o diventi un illuminato o sei un fallito. Ci sono gradazioni e vie di mezzo. Lo shamata (meditazione di quiete) e tutte le tecniche di rilassamento, di acquietamento, di padroneggiamento e di liberazione sono barlumi o piccoli facsimili della grande illuminazione.
Questo ci permette di ottenere comunque dei risultati, di capire dove siamo, che cosa cerchiamo e di assaggiare anticipi.
L’importante è la quiete, il rilassamento fisico e mentale, la non concettualità, la calma, la consapevolezza,  nonché la deposizione della tensione dell’io-sono, della compulsività e dell’ossessività… Tutti questi sono successi che ci avvicinano alla meta.
Diciamo che lo stato di shamatha è temporaneo e poco stabile, è una pratica preliminare.

E le pratiche preliminari in meditazione sono come le pratiche preliminari nel sesso.

La disillusione

L’essere umano nasce fiducioso nella vita: è piuttosto ottimista, è proteso verso il futuro, non vede grandi ostacoli, è convinto che le cose gli andranno più o meno bene. Crede che la vita, come una madre o un padre, non possa ingannarlo.
Ma non è così. Anche la natura che ama può diventare ostile e distruggere in un attimo la sua casa. Anche un padre o una madre possono fargli del male. Anche chi ama può tradirlo.
Sorgono allora disinganno e diffidenza, e subentrano disperazione, insicurezza, instabilità e una grande tensione. Non si fida più. Non c’è nessun Dio che lo aiuti; erano favole. Deve solo contare su di sé e sulle tue forze - se ce le ha, se le ha coltivate.
Scopre che la vita è ingiusta e che il mondo è violento e corrotto. Non solo la società degli uomini. Ma anche la natura in sé. C’è qualcosa di sbagliato a livello cosmico. Una specie di peccato originale o di vizio di fondo che può in ogni istante travolgerlo.
Non è colpa nostra, in quanto noi siamo solo specchi della natura. Se credete in Dio, è proprio colpa sua.
Ma forse è meglio non credere in Dio e pensare che tutto nasce e si evolve spontaneamente… tra mille difficoltà, tentativi e fallimenti.


sabato 12 agosto 2017

Rimettersi in armonia

Vivi con la natura, accordati con la natura. Anche nelle città più inquinate e affollate esiste un giardinetto o un parco  in cui puoi assistere al cambiamento delle stagioni. Anche su un balcone o un davanzale puoi mettere una pianta che reagisca al mutare del tempo.
Approfitta dei cambiamenti atmosferici per rimetterti in sintonia con il procedere delle stagioni e del tempo. Il tuo corpo e la tua mente non sono indifferenti al clima, ma sono immersi in un gigantesco moto atmosferico che è a sua volta influenzato dalle stelle, dai pianeti e dall’intero universo.
Accordati con la natura, approfitta dei momenti di passaggio. O perché si passa da una stagione all’altra o perché si passa da un tempo e da un clima all’altro. Se per esempio oggi è una bella giornata dopo giorni di caldo, di freddo, di nebbia o di pioggia, se il cielo è sereno, l’aria pulita e tutto si sgombra e si apre; se il vento spazza le nuvole, la foschia, il freddo, il caldo o l’umidità; e se tu alzandoti e aprendo le imposte, vieni colpito dal sole e dal secco, ebbene approfittane per reagire a tua volta al piacevole cambiamento.
Renditi conto di come il tuo stesso spirito fosse stato influenzato dal brutto tempo e ora partecipa gioiosamente al bello. Segui il movimento generale di sollievo, di liberazione e di gioia, e a tua volta avverti l’improvvisa liberazione del tuo spirito.
Approfitta dell’occasione! Non farti subito riprendere dalle ansie, dalle preoccupazioni, dalle paure, dalle scadenze, dagli obblighi sociali. Si tratta di un aiuto che ti viene dal cielo, di un piacere che ti mette in armonia con il mondo. Medita!

Durerà poco, come tutto nella vita. Ma, intanto, c’è.

venerdì 11 agosto 2017

Padroni della mente

Quando non si sa quale via scegliere per cogliere qualche brandello di pace spirituale, si scelga la via della mente. Il sentiero è la mente stessa. Si osservi cioè come funziona la mente e si noti quanta parte della nostra attività mentale sia automatica e inconscia. Noi non pensiamo ciò che vogliamo, ma ciò che vogliono certe strutture consolidate della mente e quindi gli altri e gli avvenimenti. In sostanza siamo degli schiavi, degli automi.
Non siamo padroni dei nostri stati d’animo. I quali non solo sono indotti dall’esterno, ma sono anche instabili.
Per recuperare un po’ di padronanza e di stabilità, in un momento di quiete ritiriamo il più possibile la mente dagli stimoli esterni. Se possibile, isoliamoci. Il mondo è esattamente ciò che proietta e reifica la nostra coscienza. Se siamo agitati, confusi o tesi, è la nostra mente che ha creato questo stato d’animo – in conseguenza o in concomitanza di certe condizioni esterne.
Ma noi dobbiamo essere in grado di cambiare – stavolta con un’operazione interiore – lo stato d’animo che ci fa sentire male. Fissiamo allora lo spazio tra gli oggetti, non gli oggetti. E poiché questo spazio non è visibile se non come sfondo o luminosità diffusa, osserviamo non qualcosa di concreto o di delimitato, ma la spaziosità.
È facile capire che ogni cosa è una differenziazione e delimitazione di questa spaziosità. È l’infinito che si fa finito.
Noi recuperiamo l’intero, la totalità, lo sfondo, il sostrato; non ci soffermiamo su nulla. Il pensiero è libero e non ci dà fastidio. Ciò che noi cogliamo è il “sapore unico” di ogni cosa, e quindi un nostro senso di benessere.
Se fossimo soli e in un ambiente naturale che ci piace, questo senso di benessere potrebbe durare a lungo. Non è un senso di gioia che venga dalle cose, ma dall’interno, da noi stessi; ed è quindi in nostro potere prolungarlo e ripeterlo.

Ecco un esempio di come possa agire la meditazione, non per invocare divinità della mente, ma per ridiventare padroni di noi stessi e dei nostri stati d’animo.

Trafficanti di carne umana

Finalmente qualche cattolico sta tornando alla ragionevolezza e si ricorda che è cittadino italiano. Il presidente della Cei, Bassetti, dichiara: “Proprio per difendere l’interesse dei più deboli, non possiamo correre il rischio di fornire il pretesto, anche se falso, di collaborare con i trafficanti di carne umana”.
Finora la Chiesa ha fatto proprio questo: ha collaborato con i trafficanti di carne umana.

Adesso speriamo che si fermino tutti quei preti e quei fanatici che hanno fatto a gara per riversare in Italia masse indiscriminate di emigranti, a rischio di travolgere il paese.

giovedì 10 agosto 2017

Altruismo ed egoismo

Altruismo ed egoismo sono istinti profondi e in apparenza contraddittori che configurano gli esseri viventi. Trattandosi di necessità profonde, nessuno dei due può prevalere sull’altro.
Per la sopravvivenza su questa Terra, sono necessari sia l’altruismo che l’egoismo. Con solo metà di questi istinti (l’altruismo) non potremmo rimanere vivi.

Ecco perché il messaggio religioso del solo altruismo è puro idealismo, distruttivo come il suo opposto. L' estremismo non solo è inefficace, ma è anche stupido. 

La coscienza autoluminosa

Gli uomini sono superficiali. Spaziano in alto, in basso, in lungo e in largo. Ma mai all’interno.
Avere una sensibilità meditativa è tutta un’altra cosa. È essere attenti e sensibili, è prestare attenzione a cose che agli altri sfuggono, è osservare per esempio in una pianta o in una pietra un pezzo di universo.
Gli uomini riconoscono solo lo spazio esterno. Ma non riconoscono lo spazio della mente, quello del sogno, quello del sonno senza sogni, quello dello svenimento o quello dopo la morte.
Credono che sia il sole a illuminare il loro spazio. Ma si sbagliano.

È la luce della coscienza che illumina il sole che illumina lo spazio.

mercoledì 9 agosto 2017

Amore e comprensione

Ci sono molti modi di amare, e alcuni sono più distruttivi dell’odio. Senza comprensione, senza intelligenza, l’amore può essere negativo.
Ma ci sono anche molti modi di comprendere. E nessuno è migliore della contemplazione, ossia dell’osservare attenti e concentrati, senza pregiudizi e senza preconcetti.

Ma, se si pretende di amare a partire solo dagli istinti e di comprendere a partire da dottrine e fedi, non si ama e non si comprende veramente.

La fede distruttiva

Noi non ci rendiamo mai conto di come una fede religiosa, pur armata di buone intenzioni, possa essere distruttiva. Ce ne accorgiamo nel caso dei fondamentalisti musulmani, che istituiscono regimi spaventosi e sanguinari, e alimentano il terrorismo. Ma anche la fede cattolica può esserlo.
Prendiamo il caso dei Neocatecumenali, una setta fondata da Kiko Arguello, cui aderiscono noti personaggi. Lasciando perdere il problema del finanziamento di questo movimento, quanto mai coercitivo, i neocatecumenali si distinguono per avere famiglie con molti figli: si può arrivare anche a quindici o più. Il ministro Delrio, per esempio, ne ha nove.
Per questa gente, non esiste il sesso come piacere, ma solo per fare figli. Quindi non usano nessun metodo di controllo delle nascite, nemmeno quelli naturali consigliati dalla Chiesa. Ogni botta, un figlio.
Ora, se tutti adottassero questa linea, il mondo sarebbe già finito, schiacciato da una popolazione smisurata. Ma loro devono seguire, da estremisti, il detto biblico del “crescete e moltiplicatevi”! Senza fine, senza limiti, senza intelligenza.
Non meraviglia quindi che un ministro come Delrio sia favorevole all’accoglienza totale e senza riserve degli immigrati, così come vorrebbe anche il Papa. Lui vorrebbe che le nostre navi facessero da taxi.
È inutile ricordare che una politica del genere distruggerebbe l’Italia in pochi mesi e che finiremmo tutti in miseria, in conflitti etnici e sociali continui. Ed è inutile ricordare che famiglie del genere sono più simili a caserme, senza veri rapporti affettivi. Ai fideisti questo non importa.
Loro hanno un’idea e non ascoltano ragioni. Per loro conta solo il numero: il numero è potenza.
Sono gli estremisti di una fede, per fortuna minoritaria, pronta a distruggere il mondo… in nome di un Dio – il loro!

La cosa più preoccupante che individui del genere finiscano addirittura a fare i ministri. Certo Delrio sembra essere adatto a sviluppare le infrastrutture e chissà che altro.

martedì 8 agosto 2017

Contare sulla mente

Se la mente-coscienza fosse un prodotto dell’evoluzione della materia, come credono gli scienziati e gli uomini comuni, alla morte del corpo morirebbe anche la mente. Ma, se tutto ciò che vediamo, sperimentiamo e pensiamo è un prodotto della mente che indaga e che si indaga (autocoscienza), allora alla morte la mente potrebbe proseguire nella sua ricerca fino a ritrovare una forma fisica e quindi ad assumere le apparenze di un corpo.
Dove finirebbe in questo frattempo? Potrebbe assumere una forma più “sottile” o potrebbe rientrare in ciò che in Oriente si chiama “coscienza deposito”.
In effetti, non esiste nessuna scoperta, nessuna misurazione, nessuna percezione e neppure nessun passato che non sia rilevato a livello mentale. Senza la mente, non ci sarebbe nessuna realtà perché non ci sarebbe nessuna conoscenza.
In tal senso il buddhismo (Dhammapada) afferma che “tutti i fenomeni sono prodotti dalla mente, nascono dalla mente e sono costituiti dalla mente”.
La mente è la conditio sine qua non del’esistenza della realtà. In tal senso è la mente creatrice o rivelatrice.
In meditazione, la prima cosa, dopo gli esercizi più elementari di immedesimazione e acquietamento, è la comprensione profonda di questa verità. Perché solo partendo da essa possiamo cambiare ogni cosa e noi stessi.

Dobbiamo cambiare la mente. È la mente che ha reificato le cose.

lunedì 7 agosto 2017

L'inutile buonismo

In tutte le religioni, anche le più violente, sembra che l’ideale sia quello dell’uomo buono, che si sacrifica per gli altri. Il santo cristiano e l’illuminato buddhista dovrebbero amare il mondo e aiutare tutti, magari a prezzo della propria vita. Ma tutta questa stucchevole bontà, che spesso è solo dimostrativa e di facciata, non solo non risolve alcun problema, ma nasconde sotto una facciata dolciastra una verità sgradevole.
Ciò che conta nella vita non sono la bontà, l’amore, la compassione, ma la forza. Sono gli uomini forti e intelligenti quelli che fanno la storia e risolvono i problemi. Madre Teresa di Calcutta, una monaca idealizzata dalla jet society, avrà “curato” qualche centinaio di bambini, ma un buon sistema sanitario o un inventore di vaccini ne cura milioni.
Spesso il buono si isola nel proprio privato non volendo vedere i problemi giganteschi cui si trova di fronte l’umanità. Don Lorenzo Milani avrà istruito una manciata di bambini, ma un buon sistema scolastico ne istruirà milioni.
Anche adesso il buonismo impazza nelle cronache. Gli umanitari si gettano ciecamente a salvare clandestini in mare, senza curarsi se questo creerà problemi giganteschi di sfruttamento e di accoglienza. Molto meglio una politica restrittiva che non illuda gli emigranti e non li porti a riversarsi sulle nostre coste sperando in una vita migliore. La loro vita sarà comunque schifosa.
La bontà è spesso stupida e va a braccetto con lo sfruttamento. I missionari religiosi che vanno in Africa o in Asia raccontano a se stessi di farlo per bontà. Ma loro stessi vogliono convertire i popoli alla loro religione e dunque contribuiscono allo sfruttamento coloniale di quei paesi.
La vita va avanti non con la bontà e nemmeno con la cattiveria, ma con la forza. Non serve a niente buttarsi a salvare dall’annegamento qualcuno se non si sa nuotare: moriranno sia il salvato sia il salvatore. Non serve a niente portare credenze illusorie in popoli che ne hanno altre; si creeranno confusione, speculazione e affarismo dei furbi colonizzatori.
Nell’evoluzione, che è una lotta durissima, non vincono i più buoni, anzi, spesso i più cattivi. Gli uomini sono giunti a dominare il pianeta terra non perché fossero i più generosi, ma perché erano i più spietati. E tuttora dominano i paesi che sono più attrezzati e bellicosi e gli individui che sfruttano meglio gli altri.
Non bisogna essere per partito preso né buoni né cattivi, ma intelligenti, preparati e lungimiranti. Dobbiamo fortificare noi stessi e non perdere di vista il rapporto fra interesse individuale e interesse generale.

Il buonismo è spesso un mezzo per tacitare la nostra coscienza. Ma è stupido.

domenica 6 agosto 2017

La consapevolezza della morte

Che la meditazione assomigli un po’ alla morte è ovvio, dato che si tratta di sospendere le comuni attività mentali. E in tal senso assomiglia anche al sonno senza sogni.
Ci si può addestrare a morire dato che non si tratta di un evento contingente, ma di un evento ineluttabile. Siamo noi che consideriamo la morte con terrore cercando si cancellarla dall’orizzonte dei nostri pensieri. Una strategia fallimentare che ci lascia scoperti e indifesi al momento decisivo. Molto meglio addestrarsi a morire, non con pensieri cupi o con rabbia, ma in piena consapevolezza.
Una prima preparazione consiste nel considerare che tutto è transitorio e impermanente. Tutti possiamo morire in ogni momento: non c’è regola, nessuno ci assicura che vivremo a lungo.
La morte può essere un evento pieno di sofferenza, ma esserci preparati ci aiuterà a renderla più serena. Oltretutto, rimanendo consapevoli, avremo una più chiara visione delle priorità della vita e lasceremo perdere tante sciocchezze, tante perdite di tempo. E il tempo che ci rimane ci sembrerà più prezioso.
Meditando e considerando la morte, ci abitueremo ad alzare la testa da ciò che facciamo e a guardare lontano. Dal piccolo spazio della nostra vita all’immenso spazio della consapevolezza, là dove si stempera ogni angoscia.
Trattenendo il respiro, rimanendo immobili e svuotando la mente, ci addestreremo proprio al morire.

Questo ci spiega l’Oriente. Ma anche in Occidente, Platone ci dice che la filosofia raggiunge il suo scopo quando ci porta a morire con serenità. E, dopo di lui, tanti altri filosofi: Seneca (prima e dopo la morte c’è solo una pace profonda), Epicuro (se c’è la morte non c’è l’io, se c’è l’io non c’è la morte), Montaigne (il saper morire ci libera da ogni sudditanza e costrizione), Pascal (noi ignoriamo di più proprio la morte), Spinoza, ecc., hanno considerato la meditazione sulla morte un fattore di libertà, di autonomia e di saggezza.

sabato 5 agosto 2017

Il dharmadhatu

Il dharmadhatu è la realtà originale, quella immensa distesa di vuoto da cui nascono l’essere e il non essere, la vita e la morte. Essendo anteriore ad ogni dualismo, non può ospitare la coscienza.
Ora, ci sono momenti in cui entriamo in contatto con questa realtà priva di dualismo e di coscienza: quando si scivola nel sonno profondo senza sogni, quando si sviene, quando si perdono i sensi nel processo del morire e nella meditazione profonda. In tutti questi stati, il pensiero si ferma.
Si noti che nella meditazione, è proprio la quiete che ci porta nel dharmadhatu. Infatti, la quiete e la calma hanno la capacità di rallentare i nostri pensieri e la nostra instancabile attività immaginativa e speculativa. Ecco perché la ricerca della quiete e della distensione non è una semplice pratica di serenità, ma un vero e proprio processo spirituale che ci porta vicino all’origine del tutto.

È la nostra coscienza divisiva che deve placarsi.

La via dei pigri

È troppo comodo pensare che basti credere in qualche Dio per aver assicurata una protezione terrena  e un’immortalità ultraterrena – in sostanza senza fare nulla, senza compiere il minimo sforzo. Questa è appunto la via dei pigri, di quelli che si aspettano tutto dall’alto – un atteggiamento che viene incoraggiato da chi vuole tenere gli uomini sotto il tallone dei loro poteri – religiosi e politici.
L’ignoranza è tua e nessun Dio può togliertela. Un semplice credere in qualcosa o in qualcuno non ti garantisce il risultato.
Se hai la peste – così come successe in passato -, non ti serve a niente pregare. È servito invece indagare, studiare, sperimentare e scoprire; solo così si risolvono i problemi, e quel grande mistero che è la nostra presenza qui.


venerdì 4 agosto 2017

La fine della Terra

La Terra è ormai ridotta ad uno di quei frutti attaccati da parassiti, che se la mangiano tutta. Il simbolo della Giornata della Terra è proprio quello di una mela morsicata. In effetti, già ora ne mangiamo più di quanto siamo in grado di ricostituire.
In teoria l’uomo è fatto per la Terra e la Terra è fatta per l’uomo. I due dovrebbero vivere in equilibrio. Ma qui bisogna fare i conti con la natura umana, con la sua brama di possedere e di accaparrare. Al di là degli squilibri da individuo a individuo e da un popolo all’altro, è evidente che l’uomo non sa autoregolarsi ed è dominato da desideri insaziabili.
C’è quindi da chiedersi se lo sviluppo umano, sia in termini di popolazione sia in termini di sviluppo economico, sia conciliabile con il pianeta su cui viviamo. Stiamo distruggendo risorse che non sono recuperabili, ci stiamo moltiplicando oltre misura.
Già adesso dovremmo fermare la sovrappopolazione e la distruzione dell’ambiente. Siamo infatti di fronte ad una depredazione irreversibile.
Qualunque essere intelligente lo capirebbe e si fermerebbe. Ma non l’uomo, non la vita, che si basa proprio sul desiderio di espansione.
Non c’è fine ai desideri dell’uomo, un essere che non si accontenta mai. C’è dunque uno squilibrio costitutivo che si esprime, per esempio, nelle religioni che invitano a riprodursi e che lottano contro il controllo delle nascite.
C’è una spinta nel processo evolutivo universale che ci porterà ad esiti infausti, in pratica all’autodistruzione.
Forse la vita stessa è un cancro, qualcosa che porta in sé la spinta all’autoannientamento. È per questo che non troviamo altri essere “intelligenti” nell’universo. Probabilmente anche noi abbiamo raggiunto un punto di non ritorno. Siamo pronti a distruggerci o con guerre nucleari o con l’esaurimento delle risorse a nostra disposizione o con cambiamenti climatici rovinosi da noi stessi prodotti.
Ci vorrebbe un’umanità capace di autocontrollarsi e di autolimitarsi, un’umanità capace di autoconsapevolezza. Ma, a parte qualche raro individuo, le masse e i capi politici, religiosi ed economici sono famelici, e non hanno il minimo autocontrollo.