Una delle nostre fedi ed una delle
nostre esperienze più radicate – ciò che dà forma al mondo – è il dualismo.
Siamo fermamente convinti che essere e non essere, destra e sinistra, alto e
basso, bene e male, pace e guerra, ecc., siano nettamente separati e
indipendenti l’uno dall’altro.
Perciò, quando pensiamo che un giorno
moriremo, vediamo la morte come il contrario della vita. Prima c’è la vita, poi
la vita scompare e compare la morte.
Ma vita e morte, come tutti gli
opposti, non sono affatto contrapposti. Sono complementari e l’uno non potrebbe
esistere senza l’altro.
Il che significa che nella vita è
presente la morte e nella morte è presente la vita. Nessuno dei due ha mai il
sopravvento.
Guardiamo i sessi: sono opposti? Ma l’uno
non potrebbe sopravvivere senza l’altro, tant’è vero che all’inizio, prima
della differenziazione cellulare, il modello sessuale è unico; e in effetti
anche i maschi hanno i seni.
Qui abbiamo perfino una dimostrazione
logica della complementarità degli opposti. Ma, nonostante questo, continueremo
a pensare a maschile e femminile, vita e morte o a bene e male, come
contrapposti ed escludentisi a vicenda.
Il problema è che, come nei koan, è
necessario avere un’esperienza dell’unità degli opposti. Ecco uno degli scopi
della meditazione.
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