La cessazione della sofferenza non
porta di per sé alla felicità. Può portare ad uno stato di calma e di quiete
che, talvolta, è preferibile ad ogni altro stato.
La felicità, infatti, non è garanzia
di non-sofferenza. Se per esempio mi innamoro, sono certamente felice. Ma
quanti amori finiscono in cocenti sofferenze?
Mentre la felicità, insomma, può
portare all’infelicità, la quiete non ha quasi contrari. È vero che esistono l’inquietudine, l’ansia
e l’angoscia, ma si tratta di stati che non sono una conseguenza della quiete.
Sono piuttosto irruzioni di altri stati, dato che tutto il sistema è instabile.
Il fatto è che la quiete si situa al
centro o nel mezzo di un asse che è molto lungo. E mentre nel mezzo l’oscillazione
è minima, alle estremità può essere enorme.
Noi però non ci accontentiamo della
quiete e vogliamo emozioni forti.
Saremo però così forti da
sopportarle?
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