In
meditazione, il rispetto delle norme etiche non ha uno scopo morale. Ha lo
scopo di non agitare e non inquinare la mente con desideri inutili o sbagliati.
Anche l’etica, insomma, viene messa al servizio del risveglio.
Se,
a questo scopo, fosse necessario infrangere qualche norma etica convenzionale,
allora una simile violazione non sarebbe più qualcosa di immorale.
In
realtà, nessuna virtù morale porta di per sé al risveglio. È questo che differenzia la meditazione dalle
religioni.
Le
religioni vi dicono che, se vi comportate bene, se siete obbedienti all’Autorità,
verrete premiati. La meditazione vi dice che non basta: dovete essere
consapevoli, dovete capire. Quando capirete, potrete sapere autonomamente che
cosa sia giusto e che cosa no.
Oltretutto,
quando parliamo di norme morali, ci riferiamo di solito a certi sempliciotti decaloghi
più o meno universali: non uccidere, non rubare, non mentire, non drogarsi, non
fornicare, ecc. Ma in questi elenchi di leggi mancano sempre le cose più
importanti: non competere, non desiderare il potere, non voler primeggiare, non
voler essere famosi, non invidiare, non voler arricchirsi, non disprezzare gli
altri, non essere egocentrici, ecc.
Queste
caratteristiche del carattere e del comportamento possono essere ben più
devastanti, ben più corrosive del far sesso, del dire qualche bugia. Come
succede a certi moralisti che, all’apparenza sono virtuosi, perché non
infrangono le leggi comuni e fanno beneficenza, ma, nel profondo, sono rosi da
ambizioni e avidità.
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