È evidente che tutti cercano di essere
felici. Ed è altrettanto evidente che la felicità trovata con tanta fatica
sparisca velocemente lasciandoci insoddisfatti, delusi e di nuovo alla sua affannosa
ricerca.
Dobbiamo darci per vinti e concludere
che la felicità sia sempre qualcosa di breve durata e che sia destinata a dar
vita al suo contrario?
Il problema è che cerchiamo la felicità
in cose, persone, attività e posti sbagliati.
Se per esempio cerco la pace in un
ambiente molto rumoroso, sarà difficile che la mia pace duri molto; prima o poi
ritornerà ciò che vi sta sotto: il fastidioso rumore. Analogamente se cerco la
felicità in pasti pantagruelici, in una vita complicata e piena di impegni,
nell’esaudimento di tutti i miei desideri, in molteplici relazioni sessuali, nell’uso
di droghe, nell’accumulo di denaro, nel potere, nella vittoria, nel predominio,
nella competizione, nell’eccitazione sensuale, ecc., la soddisfazione durerà
poco e sarà sempre minacciata dal suo contrario. In questo tipo di ricerca c’è
già una contraddizione, il seme della rovina successiva.
La verità è che dobbiamo far luce sul
rapporto che abbiamo con i desideri.
L’uomo è un essere desiderante, nel
senso che non può fare a meno di desiderare qualcosa. Ma bisogna distinguere
tra un desiderio e l’altro. Non tutti i desideri portano la pace, cioè la vera
felicità. Molti portano con sé i semi della successiva infelicità o
insoddisfazione.
Allora dobbiamo porci come sentinelle
alle porte dei desideri e chiederci a che cosa porterà a lungo andare il soddisfacimento di quel desiderio. Si tratta di avere
una consapevolezza lungimirante.
Tutti i desideri si presentano sotto buoni
auspici e gradevoli apparenze. Tutti ci sussurrano: “Esaudiscimi e sarai beato”.
Ma alcuni sono come cibi che, pur essendo buoni, sono deleteri per la salute.
Se sono goloso di dolci e me ne ingozzo, sul momento potrò certamente
godere, ma alla fine mi sentirò male.
È incredibile vedere come tutti gli
uomini mirino alla felicità, ma si comportino come bambini irragionevoli che
fanno esattamente il contrario di ciò che sarebbe necessario.
Bisogna in sostanza sviluppare una vigilanza
adeguata, non con intenti moralistici, ma con intenti eudemonici, in vista cioè
della felicità stessa.
Questa presa di coscienza in vista di
fini ultimi superiori si può ben definire saggezza.
Nessun commento:
Posta un commento