Tutti noi ci identifichiamo con un
corpo e con una mente. “Queste due cose, messe insieme, sono io!” ci diciamo.
Ma il corpo è quello che sentiamo o che
vediamo – una sensazione ed una immagine che variano di continuo. Da vecchi,
siamo ben diversi da ciò che eravamo da bambini. Inoltre, ogni corpo in questo
mondo è fatto per lo più di vuoto; se togliessimo il vuoto da un corpo
resterebbe a stento un granello di polvere. Poco per attaccarvisi.
Quanto alla mente, è un flusso continuo
di pensieri, di sensazioni, di emozioni, ecc., che cambiano di momento in
momento. Fra i vari pensieri, c’è anche l’idea di essere un “io”, un io che
consideriamo la nostra vera identità e a cui siamo attaccatissimi.
Purtroppo, si tratta soltanto di un’idea,
che è quanto di più evanescente ci sia – un fenomeno elettro-chimico.
Insomma, la nostra preziosa identità è
ben poco consistente, è una realtà che non ha quasi sostanza. A che cosa aggrapparsi?
A un Dio, a un’anima? Ma anche qui si
tratta di idee e di ipotesi.
Eppure, in questa situazione di
incertezza, facciamo una scoperta. Nel momento in cui, per sapere chi siamo, ci
osserviamo e quindi di disidentifichiamo dal flusso mobile di sensazioni,
percezioni, emozioni, pensieri, ecc., che compongono il nostro “io”, abbiamo
come un attimo di risveglio.
Nel riconoscere che siamo poco più di
granelli di polvere, dotati di una coscienza temporanea, ci distacchiamo dal
flusso caotico di stati d’animo e dalla paura di dover perdere un giorno tutto
quanto, e ci troviamo in una posizione di una nuova consapevolezza.
Capiamo che è inutile aggrapparci a
presunte sostanze o a cose durevoli, facciamo cadere l’illusione di poterci
attaccare a qualcosa di solido.
Questo è un primo risveglio e un primo
sollievo dalle infelicità della vita. Che cosa abbiamo da perdere se non
impressioni, immagini ed idee?
Se l’idea di “io” si basava su
convinzioni sbagliate, abbandonando queste convinzioni, avremo una nuova
esperienza di noi stessi, più vicina alla realtà, meno soggetta alla paura.
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