lunedì 16 maggio 2016

Il fondamento dell'io

Dobbiamo saper riconoscere i nostri stati d’animo: per esempio, in questo momento sono arrabbiato, triste, depresso, pauroso, invidioso, geloso, possessivo… E dobbiamo anche saper riconoscere quali di stati d’animo sono prevalenti, tali da connotare il nostro io: io sono iracondo, invidioso, competitivo, ecc.
Ma questo non significa che noi siamo solo così, solo quelli. Possiamo essere in mille altri modi, che si alternano di continuo. Non dobbiamo quindi identificarci, identificare il nostro io, soltanto in base a questi stati d’animo.
Anziché dire: “Io sono così”, diciamo: “Io sento, in questo momento, di essere così… Ma io, il mio vero sé, la mia natura più profonda, è qualcosa d’altro.
“Io non sono la rabbia, ma talvolta sono rabbioso. Io non sono l’avidità, ma talvolta sono avido…”
Se guardiamo bene, ci sono momenti in cui non sono né rabbioso, né avido, né…
Identifichiamoci con quello. “Quello sei tu!” dicevano le Upanishad.
C’è insomma un sé più profondo che non è coinvolto negli stati d’animo transitori, abituali e superficiali. È come il fondo del mare che resta calmo e sereno anche quando sulla sua superficie c’è la tempesta. “Quello sei tu,” il tuo sé più autentico.

Identificarsi con tale sé più profondo è importante primo perché è un luogo di calma e di gioia, e secondo perché ci permette di assumere una posizione del Testimone che riesce a trascendere il dualismo mentale, costruendo a poco a poco un uomo nuovo e molto, molto più consapevole.

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