venerdì 6 maggio 2016

La bontà sospetta

È possibile liberarci del nostro egoismo profondamente radicato? È possibile essere davvero buoni?
Esaminiamo per esempio le motivazioni di chi fa la carità a un poveretto. Perché lo fa? Per pietà, per toglierselo di torno, perché si sente ricattato, perché si sente in dovere di farlo, per evitare di sentirsi in colpa se non lo fa, per sentirsi buono, per accumulare meriti, per avere un contraccambio, magari nell’aldilà?
Dunque, non lo fa per bontà, ma per sentirsi lui stesso bene.
Anche il missionario che si sacrifica, perché lo fa? Per avere un’immagine nobile di se stesso, per sentirsi superiore, eroico, santo? E il padre o la madre perché si curano dei figli? Forse non lo fanno per la loro personale soddisfazione?
Non troviamo mai una motivazione veramente buona, altruistica. Se ci si pensa bene, non ci sono motivazioni non egoistiche.
Già, l’idea di “fare il bene” è qualcosa di egocentrico: io faccio il bene e, dunque, io sono buono.
In realtà, per essere buoni, non dovremmo avere né motivazioni né secondi fini né intenzioni. Ogni bontà è sospetta.
Ma chi è in grado di scavare così a fondo?
C’è un’unica possibilità: essere in armonia interiore, essere calmi, essere soddisfatti mentalmente. Tutti gli altri cercano qualcosa che non è la bontà.


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