È
possibile liberarci del nostro egoismo profondamente radicato? È possibile
essere davvero buoni?
Esaminiamo
per esempio le motivazioni di chi fa la carità a un poveretto. Perché lo fa?
Per pietà, per toglierselo di torno, perché si sente ricattato, perché si sente
in dovere di farlo, per evitare di sentirsi in colpa se non lo fa, per sentirsi
buono, per accumulare meriti, per avere un contraccambio, magari nell’aldilà?
Dunque,
non lo fa per bontà, ma per sentirsi lui stesso bene.
Anche
il missionario che si sacrifica, perché lo fa? Per avere un’immagine nobile di
se stesso, per sentirsi superiore, eroico, santo? E il padre o la madre perché
si curano dei figli? Forse non lo fanno per la loro personale soddisfazione?
Non
troviamo mai una motivazione veramente buona, altruistica. Se ci si pensa bene,
non ci sono motivazioni non egoistiche.
Già,
l’idea di “fare il bene” è qualcosa di egocentrico: io faccio il bene e, dunque, io
sono buono.
In
realtà, per essere buoni, non dovremmo avere né motivazioni né secondi fini né
intenzioni. Ogni bontà è sospetta.
Ma
chi è in grado di scavare così a fondo?
C’è
un’unica possibilità: essere in armonia interiore, essere calmi, essere
soddisfatti mentalmente. Tutti gli altri cercano qualcosa che non è la bontà.
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