lunedì 30 maggio 2016

Pace e desiderio

Tutti vorremmo sapere chi siamo, tutti cerchiamo il nostro sé. Ma ciò che cogliamo è solo qualche aspetto della nostra personalità, qualche sfoglia della cipolla che rappresenta il nostro io. Non riusciamo però a coglierne il nucleo. “Chi sono io in essenza?”
Non sappiamo rispondere a questa domanda anche perché tutto muta di continuo. Ma non è un male, tutt’altro.
Quando ci poniamo la domanda e non troviamo la risposta, scopriamo in realtà la natura vuota e consapevole del nostro sé.
Non trovando nulla di solido e di immutabile (una specie di anima), arriviamo comunque a conoscere qualcosa, anche se non è quel che ci aspettavamo. Se non altro, troviamo uno stato di pace. In quel vuoto, infatti, in quella consapevolezza, la nostra ansia si placa.
In un famoso dialogo tra Bodhidharma e Huike, il suo futuro successore, questi domanda al maestro:
“La mia mente è angosciata. Ti prego di darle pace”.
“Portami la tua mente e io le darò pace.”
“L’ho cercata. Ma non l’ho trovata.”
“Allora, è già in pace.”

Che cosa significa essere in pace? Lo sappiamo da brevi esperienze. Trovarsi in un momento senza domande, senza ansie,senza paure, senza ricordi, senza pensieri, senza progetti futili, senza aspettative e, soprattutto, senza desideri.
Il desiderio è il tormento - e la gloria - dell’uomo, un essere che non smette mai di aspirare a qualcosa, se non altro alla conoscenza.
Siamo continuamente immersi in stati mentali che agitano le acque della nostra mente.

Ma, se per un volta smettiamo di pensare e di desiderare e ce ne stiamo fermi nell’attimo presente, se siamo soltanto consapevoli e se lasciamo andare tutto, proprio tutto… che ci rimane da ottenere?

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