Noi
diamo poca importanza alla gentilezza, che tutt’al più consideriamo una virtù
minore. Ma non è così. Nei rapporti umani è molto più importante la gentilezza
che certe virtù considerate maggiori.
La
gentilezza ci fa sentire in un mondo amico e rispettoso, e può facilitare ogni
tipo di relazione, soprattutto fra estranei. Il Buddhismo ne fa addirittura una
pratica spirituale: siate gentili non solo verso gli altri ma anche verso voi
stessi. Essere gentili significa essere sensibili, ma non invasivi. Capire i
bisogni degli altri, senza pretendere di giudicare o di prevaricare.
L’amore,
per esempio, che è un sentimento molto più forte, “violento”, ha spesso pretese
di controllo e limiti di attaccamento e di gelosia. La gentilezza, invece, non
vuole imporre nulla, non si attacca a nulla, non vuole salvare, ma, tutt’al
più, aiutare.
Il
contrario della gentilezza è la maleducazione, la villania, l’arroganza,
l’egocentrismo e l’indifferenza. L’egocentrico non si cura di essere gentile
perché in realtà è tutto occupato ad esprimere se stesso – non vede nient’altro
che se stesso, e non si cura d’altro e dell’altro.
Chi
è gentile, invece, è attento e sensibile. Osserva e tiene conto dei bisogni
dell’altro.
La
gentilezza è dunque una grande virtù spirituale – forse la più spirituale.
L’importante, però, è che non sia un atto soltanto formale (anche se la buona
educazione non è da disprezzare). Deve essere in realtà rivolta a far del bene
all’altro, senza pretese di ricompensa, senza intromettersi - rispettosamente.
Se
esaltassimo la gentilezza anziché l’amore, avremmo obiettivi meno pretenziosi e
più fattibili.
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