giovedì 8 gennaio 2015

La gentilezza

Noi diamo poca importanza alla gentilezza, che tutt’al più consideriamo una virtù minore. Ma non è così. Nei rapporti umani è molto più importante la gentilezza che certe virtù considerate maggiori.
La gentilezza ci fa sentire in un mondo amico e rispettoso, e può facilitare ogni tipo di relazione, soprattutto fra estranei. Il Buddhismo ne fa addirittura una pratica spirituale: siate gentili non solo verso gli altri ma anche verso voi stessi. Essere gentili significa essere sensibili, ma non invasivi. Capire i bisogni degli altri, senza pretendere di giudicare o di prevaricare.
L’amore, per esempio, che è un sentimento molto più forte, “violento”, ha spesso pretese di controllo e limiti di attaccamento e di gelosia. La gentilezza, invece, non vuole imporre nulla, non si attacca a nulla, non vuole salvare, ma, tutt’al più, aiutare.
Il contrario della gentilezza è la maleducazione, la villania, l’arroganza, l’egocentrismo e l’indifferenza. L’egocentrico non si cura di essere gentile perché in realtà è tutto occupato ad esprimere se stesso – non vede nient’altro che se stesso, e non si cura d’altro e dell’altro.
Chi è gentile, invece, è attento e sensibile. Osserva e tiene conto dei bisogni dell’altro.
La gentilezza è dunque una grande virtù spirituale – forse la più spirituale. L’importante, però, è che non sia un atto soltanto formale (anche se la buona educazione non è da disprezzare). Deve essere in realtà rivolta a far del bene all’altro, senza pretese di ricompensa, senza intromettersi - rispettosamente.

Se esaltassimo la gentilezza anziché l’amore, avremmo obiettivi meno pretenziosi e più fattibili.

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