Nessuno vuol rimanere a lungo nel vuoto,
nel nulla e nel riposo. Prima o poi nasce il desiderio di essere qualcosa e
quindi di divenire. Questa è la spinta alla vita. Ma, una volta provato il
divenire con i suoi interminabili conflitti, nasce il desiderio di ritornare
alla pace del vuoto. Questa è la spinta alla morte.
In altri termini, quando c’è la pace,
vogliamo la novità, il cambiamento e il divenire. Ma, quando c’è troppo
movimento, troppo cambiamento e troppo divenire, aneliamo al riposo e
all’immobilità.
Questo sembra essere il meccanismo della
vita e della morte. Andare e tornare. Andare e tornare… Ma tutto questo
andirivieni sembra alla lunga futile, un gioco ripetitivo, come un ping pong.
Quando ci rendiamo conto che le
possibilità sono sempre due e che in realtà non facciamo che andare avanti e
indietro da uno stato all’altro, incominciamo a percepire una certa noia e a intravedere
finalmente una terza possibilità: quella di porsi al di là del vivere per
morire e del morire per vivere. Fine dei giochi.
Gentile Lamparelli,
RispondiEliminala "fine dei giochi" è la pura consapevolezza, al di là di ogni dualismo, pur rimanendo ancorati al mondo fenomenico, all'interno del quale ci dibattiamo per migliorare la qualità del "sogno collettivo"? Sempre un grazie anticipato...
Certo dobbiamo raggiungere tale consapevolezza già in questa nostra esistenza. E dobbiamo fare del nostro meglio per migliorare l’attuale stato delle cose. Ma sappiamo anche che ora viviamo in uno stato di grandi illusioni, compresa quella che ci sia davvero una possibilità di miglioramento generale. Se una cosa migliora, state pur certi che ne peggiora un’altra. E così via. Guardate che cosa sta producendo il cosiddetto progresso tecnologico.
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