Il nostro problema è che confondiamo
esterno e interno, e che ci identifichiamo erroneamente. Per esempio, crediamo
che il mondo che esperiamo comunemente sia esterno, mentre è una proiezione
della nostra psiche. E crediamo che pensieri e sentimenti siano interni (perché
sono invisibili agli altri), mentre sono qualcosa di esterno al nostro essere,
una specie di rivestimento.
Con queste convinzioni, non vediamo come
pensieri e sentimenti siano condizionati dalla società, dall’ambiente e dalla
cultura generale e non capiamo quanto il mondo, con i suoi dolori e i suoi
piaceri, sia modellato dalle nostre proiezioni. Se quindi ci troviamo in un
mondo che ci fa soffrire, la colpa è spesso nostra. Siamo noi che lo abbiamo
costruito e proiettato, salvo poi sentirci prigionieri in esso. Siamo vittime
di noi stessi.
La soluzione è addestrarci a osservare
il tutto e a distinguere ciò che è reale da ciò che è una semplice
identificazione.
La mente è un strumento che ci avvolge
in un bozzolo di false idee e il mondo è il prodotto di queste convinzioni e identificazioni.
Cominciamo a dire: “Questo è un pensiero
che viene dall’esterno e che mi viene inoculato dall’esterno… Questo è un
sentimento che mi viene provocato da un meccanismo esterno… Io li osservo, ma
non li considero più “miei”… Piuttosto sono io che li associo ad un io (il mio)
che considero reale… Ma l’io a sua volta è un costrutto artificiale… Ciò che è
reale è la consapevolezza, il testimone, il puro essere – non i sentimenti, non
i pensieri, non il “mio” io.”
Addestriamoci a prendere le distanze da
ciò che crediamo reale, interno od esterno. Si tratta di luoghi comuni, di convinzioni
errate, di abbagli. E' il distacco che ci libera.
Io non sono né questo né quello: si
tratta di semplici idee. Io sono oltre, io sono il testimone di ogni cosa, e
non sono né dentro né fuori, né nato né morto.
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