Un
giorno fu chiesto al Buddha: "Venerabile Gotama, esiste un'anima?"
Il Buddha rimase in silenzio.
"Allora, venerabile Gotama, non
esiste un'anima?"
Il Buddha rimase in silenzio.
Essendo convinto che non esistesse un Sé
eterno, il Buddha non rispose la prima volta; e questo ci pare logico. Ma
perché non rispose la seconda volta?
Il fatto è che le due domande erano
concepite da qualcuno che, come tutti noi, ragionava in maniera condizionata, e
pretendeva che le cose fossero in un modo o al contrario. Si chiama mente
dualistica - una ragione che opera contrapponendo nettamente i concetti: bianco
o nero, alto o basso, bene o male, essere, non-essere, vita e morte, sì o no,
ecc. Ma la realtà ultima, quella cui accennava la domanda, non è qualcosa di
cui possa darsi il contrario.
Questo significa che la nostra mente non
è in grado di concepire niente che non sia limitato dalle categorie
antinomiche. Parlare di un'esistenza o non-esistenza di un'anima o di Dio
significa porre la domanda in modo sbagliato. Quando parliamo di questi
problemi, dovremmo dismettere la solita mente razionale, che divide tutto in
due parti distinte e contrapposte.
Ogni volta che facciamo un'affermazione
in un senso, ecco che si affaccia il senso opposto. Non siamo capaci di vedere
le due cose insieme. Ecco perché smettere di parlare sarebbe la soluzione migliore.
Questo tipo di silenzio sarebbe comunque più vicino alla realtà di quanto non
siano le risposte antinomiche.
Ma allora dobbiamo smettere di porci il
problema? No, dobbiamo smettere di darci le solite risposte. E lasciare uno
spazio in cui si possa introdurre un po' di luce.
I teologi non lo hanno mai capito e sono
migliaia di anni che arzigogolano sugli attributi di Dio - la rana in fondo al
pozzo che vorrebbe discutere del mare. Quando san Tommaso ebbe un’illuminazione
verso la fine della sua vita, disse: “Tutto ciò che ho pensato non è che
paglia!”
Nicolò
Cusano, nel quindicesimo secolo, sosteneva che nell'Assoluto si verifica la coincidentia
oppositorum, la coincidenza degli opposti. Di questa realtà non si può dire
né che è né che non è. Dunque, meglio il nobile silenzio.
Tra essere e non essere non esiste una
netta contrapposizione, e l'una cosa può esistere insieme con l'altra. Si
chiama complementarità. Riuscire a vederlo significa acquisire una visione trascendente.
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