Noi andiamo alla ricerca della nostra
identità più profonda, sapendo bene che non ci è chiaro chi siamo veramente.
Chi sono io? Uno, nessuno, centomila… So dove sono nato, chi sono i miei
genitori o fratelli, che cosa ho studiato, che cosa c’è scritto sulla mia carta
d’identità, qual è il mio corpo… ma tutto questo non mi definisce con
sicurezza, non mi dice che cosa farò, quali comportamenti avrò e quale sarà il
mio destino. Chi sono veramente non lo so. Sono sconosciuto a me stesso.
Mi sono identificato con un certo io,
dotato di un certo corpo e di una certa mente. Quello sono io, d’accordo. Ma
spesso mi sento estraneo a me stesso.
Il corpo può piacermi o non piacermi. Ma
è così anche per la mia psicologia, per i miei sentimenti e per i miei
pensieri. Alcuni non mi piacciono, li sento estranei o addirittura nemici. Dove
sta allora la mia autentica identità? C’è in me una gran confusione, un
dissidio continuo e non so chi sono. Non sono in pace. Cerco qualcosa che mi
sfugge.
Proviamo allora a compiere il cammino
inverso alla nostra identificazione con una certa persona che definiamo “io”. Forse
ciò con cui mi sono identificato non è vero o non del tutto vero. Sono
cosciente infatti di tutte queste caratteristiche, positive o negative che
siano, e quindi ci deve essere un centro più profondo, un Testimone, che,
essendo consapevole di tutto ciò, è una mia identità ancora più profonda e per ora
inafferrabile.
Incominciamo a trovare che cosa non sono. Non sono il mio corpo, perché,
se cambiasse un pezzo alla volta (e in effetti cambia un po’ per volta, giorno
dopo giorno), io continuerei a riconoscermi. Ma non sono neppure i miei
sentimenti e i miei pensieri, che sono i più diversi, i più inconsistenti e i
più variabili.
Che cosa c’è allora in tutti questi
processi che si mantenga immutabile e uguale a se stesso? È la consapevolezza che
io ho di ciò che sono e non sono. Gli oggetti variano, ma la consapevolezza
rimane lì come un perno fisso.
E tuttavia non posso definire questo
perno fisso. So che c’è, ma non so chi è.
In questo campo ciò che conta non sono i
pensieri, ma l’esperienza. Posso avere esperienza di questa mia consapevolezza,
che permane anche quando dormo o tra un pensiero e l’altro. E l’esperienza è l’unica
cosa che conti, l’unica prova della sua esistenza.
Devo
dunque addestrarmi a dis-identificarmi dagli elementi mutevoli (corpo e mente) e
a identificarmi con il Testimone ultimo. Devo chiedermi ad ogni momento: “Chi
sono io?”, scartare tutto ciò con cui mi identifico di solito e trovare l’esperienza
non di essere questo o quello, ma di essere. Io sono l’ “io sono”, anzi il “sono”,
l’essere stesso.
Questa è la mia identità ultima di cui
possa fare esperienza. E se ne faccio esperienza, lo sono.
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