Di
arresto mentale si parla in tutte le tradizioni meditative, per esempio nelle
Upanishad, negli Yogasutra di Patanjali e nel buddhismo. Nella Chandogya
Upanishad si legge: "Quando si è profondamente addormentati in una calma
totale, senza sogni, allora questo è l'atman; è l'immortalità, la felicità, il
brahman".
Due sono gli elementi da sottolineare: la
calma e il sonno profondo. Si parla di sonno profondo per indicare il sonno
senza sogni, ossia il sonno in cui cessano tutti i pensieri. Per averne
un'idea, si pensi ad un pisolino diurno, quando ci si addormenta per un po' e
non si sogna. Il fatto di non sognare sottolinea che anche l'attività dell'inconscio
(che è comunque una parte della mente) deve cessare. Ovviamente, è necessaria
la calma.
La calma presuppone e rafforza l'assenza
o il rallentamento dell'attività mentale. Quando infatti siamo agitati, siamo
pieni di pensieri. Nel sonno senza sogni, come quello del pisolino, si
raggiunge una grande distensione e un arresto della mente; rimangono attive
solo quelle parti del cervello che controllano le funzioni corporee.
In meditazione si tende ad uno stato
analogo. Perché? Perché la mente umana, con la sua coscienza duale, pur essendo
di fondamentale importanza, non è la realtà ultima - è una realtà fortemente
limitata e condizionata. Inutile cercare la verità ultima con la mente, con la
solita mente che elabora pensieri, sensazioni, reazioni e impulsi. Bisogna
riuscire a entrare nella non-mente, ossia nel vuoto mentale. Lì è l'accesso.
Lì è anche la fine della folle
aggressività umana.
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