lunedì 2 settembre 2019

Il vuoto mentale


Di arresto mentale si parla in tutte le tradizioni meditative, per esempio nelle Upanishad, negli Yogasutra di Patanjali e nel buddhismo. Nella Chandogya Upanishad si legge: "Quando si è profondamente addormentati in una calma totale, senza sogni, allora questo è l'atman; è l'immortalità, la felicità, il brahman".
       Due sono gli elementi da sottolineare: la calma e il sonno profondo. Si parla di sonno profondo per indicare il sonno senza sogni, ossia il sonno in cui cessano tutti i pensieri. Per averne un'idea, si pensi ad un pisolino diurno, quando ci si addormenta per un po' e non si sogna. Il fatto di non sognare sottolinea che anche l'attività dell'inconscio (che è comunque una parte della mente) deve cessare. Ovviamente, è necessaria la calma.
       La calma presuppone e rafforza l'assenza o il rallentamento dell'attività mentale. Quando infatti siamo agitati, siamo pieni di pensieri. Nel sonno senza sogni, come quello del pisolino, si raggiunge una grande distensione e un arresto della mente; rimangono attive solo quelle parti del cervello che controllano le funzioni corporee.
       In meditazione si tende ad uno stato analogo. Perché? Perché la mente umana, con la sua coscienza duale, pur essendo di fondamentale importanza, non è la realtà ultima - è una realtà fortemente limitata e condizionata. Inutile cercare la verità ultima con la mente, con la solita mente che elabora pensieri, sensazioni, reazioni e impulsi. Bisogna riuscire a entrare nella non-mente, ossia nel vuoto mentale. Lì è l'accesso.
       Lì è anche la fine della folle aggressività umana.



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