martedì 3 settembre 2019

Meditazioni superiori


Anche se ci mancano le parole, tutto sommato riusciamo a comprendere la complementarità di sentimenti come amore e odio. Nell'amore, infatti, sperimentiamo qualche volta improvvise eruzioni di odio e nell'odio improvvise comparse di amore o, se non altro, di interesse. Capiamo come sotto l'uno ci sia immediatamente l'altro. E questo vale per tutti i sentimenti contrapposti e anche per i concetti etici come bene e male. Quante volte da un male nasce un bene e da un bene un male?
       Ma per il rapporto essere/non-essere a che cosa possiamo fare riferimento? Ebbene, pensiamo alla musica o al parlare. Nel primo caso sperimentiamo concretamente il rapporto complementare e dialettico tra suono e silenzio, tra vuoto e pieno, tra pausa e note e così via. E anche nel parlare è lo stesso: le pause e i silenzi sono sì vuoti, ma vuoti pieni di significato, vuoti che consentono un significato.
       È molto bello pensare che il rapporto essere/non-essere possa essere espresso con sensazioni e concetti di tipo musicale. Potremmo perfino dire che la complementarità essere/non-essere è una forma di musica o si svolge in modo analogo alla musica: un'armonia complessa di vuoti e di pieni, di vita e di morte.
       Eccoci di fronte ad un'altra scoperta: la vita/morte come esperienza e concetto unico, la dimostrazione che fra i due non vi è separazione e che c'è una realtà superiore che supera i nostri limitati concetti dualistici.
       Noi per esempio pensiamo che vita e morte siano contrapposti: dove c'è l'una non può esserci l'altra. Ma capiamo anche che non può esserci vita senza morte e morte senza vita. Dunque, le due si spalleggiano a vicenda: sembrano combattersi ed escludersi a vicenda, ma in realtà si sostengono a vicenda. Pensiamo allora al loro insieme: la vita/morte. Non ha più senso quindi domandarsi che cosa ci sia prima o dopo la morte - c'è ancora il tutto della vita/morte.
       Esercitarsi a sentire e a pensare in questo modo: ecco una forma di meditazione cui non siamo abituati. Quando ci si affida al respiro per l'inizio della meditazione, sperimentiamo concretamente il rapporto pieno/vuoto o tutto/niente, perché anche il respiro è come una musica, e addestriamoci ad andare al di là della mente dualistica, a comprendere l'insieme.

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