Nella
nostra esistenza esiste una specie di Testimone simile ad uno specchio su cui
si riflettono le immagini della vita. Ma mentre queste immagini, questi
spezzoni di film variano di continuo, lo specchio rimane sempre se stesso, non
modificato. Il nostro problema è che noi tendiamo a identificarci più con i
film che con questa profonda identità,
con questo nucleo d’essere. E quindi ci sentiamo alienati e sempre alla ricerca
di un’identità e di una realtà che ci sfuggono di continuo.
Assumere la posizione del Testimone
significa guardare ogni cosa come una rappresentazione più o meno artificiale,
mantenendo quindi un certo distacco. Dovremmo dirci: “Questa immagine, questa
sequenza, questo schema di reazione, questo comportamento, questo pensiero,
questo sentimento, questo piacere, questo dolore…” è qualcosa di inventato, di
prodotto, poco reale, privo di identità. La prova è che cambia di continuo e
può sparire del tutto. Mentre ciò che è reale, la vera identità, è lo specchio
in sé, non ciò che vediamo riflesso sulla sua superficie.
In ogni momento della giornata potremmo
e dovremmo assumere tale posizione, prendendo le distanze da ciò che
sperimentiamo. Questo ci permetterebbe di compiere una distinzione fra ciò che
è reale e ciò che è rappresentazione, immaginazione, finzione o spettacolo.
La presenza del Testimone traspare ogni
tanto, e può essere dedotta, ma non può essere conosciuta – possiamo solo esserla. La conoscenza e la coscienza
infatti sono sempre dualistiche: ci dev’essere un soggetto da una parte e un
oggetto dall’altra, mentre il Testimone sta al di là di entrambi.
Quando dormiamo, la nostra coscienza non
è attiva. Ma qualcosa ci permette di risvegliarci e di riprendere la precedente
identità. C’è dunque qualcosa che controlla tutto e che conserva il ricordo.
Inoltre la coscienza è discontinua ed esistono intervalli, quasi inavvertibili,
tra un pensiero e l’altro, tra un sentimento e l’altro, tra una sensazione e l’altra,
ecc. Ma non per questo ci smarriamo: c’è qualcosa mantiene unita la trama. Se
potessimo introdurci in questi intervalli, scopriremmo la presenza del
Testimone.
Ma dobbiamo ripetere che più che
conoscere il Testimone, dobbiamo assumerlo, esserlo.
Perché è esattamente ciò che siamo a livello più profondo e trascende ogni
dualismo, tra quelli di essere-non essere e piacere-dolore.
Assumere la posizione del Testimone ci
permette di disidentificarci dalle false identità, dai falsi io, sempre
coinvolti in un mondo febbrile e sostanzialmente infelice, e puntare verso il
vero Sé.
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