giovedì 18 luglio 2019

Il valore della contemplazione


Nel capitolo 10 del Vangelo di Luca, si narra che un giorno Gesù entrò nel villaggio di Betania, dove fu ospitato da due sorelle, Marta e Maria. Mentre Maria ascoltava Gesù seduta ai suoi piedi, Marta si dava un gran daffare con vari servizi e non stava ferma un attimo. Allora Gesù la rimproverò: "Marta, Marta, tu ti preoccupi e ti agiti per molte cose, ma una sola è la cosa di cui c'è bisogno. Maria si è scelta la parte migliore, che non le sarà tolta".
       Che cos'è questa "parte migliore"? Ovviamente è lo stato di ascolto, l'assorbimento non nelle faccende domestiche ma nella contemplazione. Lo stesso Gesù, pur preso tra mille impegni, ogni tanto si ritirava in un luogo solitario, lontano dalla gente e dai suoi stessi compagni, e là si metteva a contemplare in silenzio, senza l'uso di parole.
In genere il cristiano ricorre in questi momenti alla preghiera. Ma ricordiamo che la preghiera più elevata è quella contemplativa, dove si sta semplicemente alla presenza del Divino senza l'uso di parole e neppure di pensieri. In Oriente si parla di meditazione, di presenza mentale... più o meno con lo stesso significato.
Essere contemplativi significa proprio fare il vuoto mentale per essere completamente assorti nell'oggetto di contemplazione. Tutte le nostre parole, tutti i nostri pensieri, infatti, sono condizionati, limitati e incapaci di rivolgersi alla Trascendenza; sono inoltre legati ai nostri desideri, a ciò che vogliamo chiedere, ai nostri interessi individuali. Mentre il modo migliore, "la parte migliore", per avvicinarsi alla Trascendenza è fare piazza pulita delle attività mentali e del senso dell'ego, che ne sta alla base. Stare in silenzio, di parole, di pensieri, di intenzioni e di secondi fini.
Nel vuoto mentale, non importa la religione dalla quale provenite.



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