venerdì 5 luglio 2019

Al di là dell'io


Émile Cioran, lo scrittore rumeno-francese, diceva: "Sono attratto dalla filosofia indù, il cui proposito essenziale è il superamento dell'io; eppure tutto quello che faccio e tutto quello che penso è solo io e disgrazie dell'io".

Questa frase centra l’aspirazione di religioni come l'induismo e il buddhismo, un’aspirazione che appartiene in realtà a tutte le spiritualità: uscire dal campo ristretto dell'io e riuscire a guardare se stessi, i fatti, i pensieri, i sentimenti e il mondo come semplici dati di fatto; non qualcosa che è "mio".
              In effetti, neppure il mio io è mio, dato che è costituito da un insieme di cause e di condizioni. Anche Gesù afferma che chi vuole seguirlo deve rinunciare a tutto, "anche a se stesso". Dunque, il punto è l'abbandono del nostro modo di essere uomini: l'accentramento egoico, il vivere rapportando tutto all'io e al suo interesse. Basterebbe seguire questa indicazione per costruire un mondo migliore.
              Mentre però in Occidente non esistono tecniche per addestrarsi a vivere senza io e per trascendere la visione egoica, in Oriente ci si affida a tecniche di meditazione che hanno proprio lo scopo di abituare l'individuo a sentirsi e ad agire in modo quasi impersonale, guardando, più che al proprio interesse, all'interesse generale.
              Certo, non è facile, perché la nostra è la civiltà dell'ego e nessuno ci prepara a vederci come esseri universali. Non solo tutti i nostri pensieri e i nostri interessi sono incentrati sull’io, ma anche tutte le nostre azioni. Con il magro risultato, però, che siamo dominati dalla paura – paura di perdere l’io e il mio.
              Noi siamo convinti che, senza questa preoccupazione, il nostro io si dissolverebbe. Non teniamo conto del fatto che le nostre migliori esperienze sono quelle in cui superiamo il senso dell’io e tutti i suoi melodrammi. Noi siamo così attaccati al nostro ego che ci rinchiudiamo in un mondo asfittico e infelice.
              In meditazione dobbiamo arrivare ad allentare la presa dell’io e a considerare tutte le nostre esperienze (pensieri, emozioni, impulsi…) come eventi mentali transitori che passano e vanno via. Li contempliamo lasciandoli andare via, senza pretendere di appropriarcene. È questo il sentiero della liberazione.
              Se un pensiero si affaccia, noi lo osserviamo con distacco, come se non ci appartenesse. In fondo, non sono io che penso, ma è quel pensiero che si produce da solo. Quando siamo concentrati su qualcosa, ci dimentichiamo di ogni altra cosa e soprattutto dell’ego. E ci sentiamo liberi e gioiosi.
              Impariamo a prendere le distanze dall’io e ne trarremo solo vantaggi.




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