Anche se non è possibile eliminare del
tutto la sofferenza, esiste un segreto per ridurla al minimo: diminuire gli
attaccamenti, ossia le cose, le persone, le idee e le ambizioni cui siamo più legati.
Ridurre gli attaccamenti è la via della
liberazione. Se diminuiscono gli attaccamenti, diminuiscono certamente i motivi
di sofferenza.
La gente soffre perché è troppo
attaccata ed ha troppi attaccamenti. Ridurre gli attaccamenti significa ridurre
i lacci che ci imprigionano. Gli attaccamenti infatti sono come catene che ci
limitano i movimenti fino al punto di imprigionarci in uno spazio molto stretto.
Più ne abbiamo, più lo spazio si restringe. Sappiamo tutti che, se vogliamo
saltare in alto, ci dobbiamo liberare di tutti i pesi. E, di più pesi ci
liberiamo, più potremo saltare in alto.
L’ultimo degli attaccamenti è quello
all’io, ciò che ci fa dire: questo sono “io”, questo è “mio”. Dobbiamo
costruirci una “filosofia” che ci ricorda da vicino quella dello stoicismo.
Dobbiamo continuamente tener presente che il nostro soggiorno è breve e che le
cose saranno “nostre” per poco.
Le cose sono nostre solo per poco
tempo; e le persone non sono mai state nostre.
Alla fine ciò che è “nostro” non sarà
più nostro. Perderemo tutto, anche noi stessi. Dunque, è meglio prendere subito
le distanze da tante cose inutili. Se non vorremo liberarci dalle cose, le cose
ci verranno comunque strappate.
In effetti, quando sappiamo che ci
rimane poco tempo da vivere (e a tutti rimane poco tempo da vivere), decidiamo
a chi lasciare le cose che ci sembrano più preziose.
Dopo la nostra morte, le cose cui
eravamo più attaccati andranno ad altri, che magari le disprezzeranno. Se io
possiedo una casa, questa casa andrà agli eredi, che forse la venderanno,
perché a loro non piace. Questa consapevolezza non ci deve abbandonare mai.
Niente è veramente nostro. Anche il corpo, anche la vita, sono in prestito. E dovranno
essere prima o poi lasciati. Lasciare, almeno a livello psicologico, è la via
della liberazione. Non si tratta di abbandonare tutto, così come facevano i
santi di una volta. Ma di aver sempre presente che, se qualcosa ci sopravvivrà,
non saranno né le proprietà né i legami affettivi, ma ciò che avremo saputo
conoscere e apprendere in questa vita.
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